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Cu2O

soggetto di Ernesto Gastaldi

Il tramonto sul lago di Ginevra è struggente. L’acqua è immota e rossa come sangue. La piccola barca a remi è ferma a mezzo chilometro dai moli della cittadina di Ivoire. Una lieve foschia aleggia a strati sul lago deserto.

Sulla barca, un uomo e una donna. Visti da lontano, due figurine da presepe colpite dall’ultimo raggio di sole che si spegne dietro ai monti. L’aria diventa subito fredda e bruna.

WALTER BRANDT, sulla trentina, bello, con le mani sui remi, ride sardonico. I suoi occhi blu sono bellissimi ma cattivi. Si sporge verso la donna, OLGA, una bionda di vent’anni, che lo fissa sul punto di piangere:

- E perché dovrebbe essere proprio mio? -

- Perché sono venuta solo con te…! - risponde Olga mentre una lacrima le sfugge giù per la guancia. Walter scuote la testa e dà un colpo di remo: dicono tutte così. Scopano come forsennate e poi cercano il fesso di turno che ci metta sopra il cappello.

Hai sbagliato indirizzo, tesoro. E poi c’è l’aborto? E’ legale, no? Nessuno vuole un bastardo.

Olga si alza di scatto e la barca dondola pericolosamente.

- Sei tu il bastardo!- e lo colpisce con uno schiaffo. Walter si infuria e la colpisce con una ginocchiata al ventre. Olga urla, reggendosi il ventre, piegata in due per il dolore. Un filo di sangue le cola lungo una gamba. Walter ride: ecco risolto il problema, se era incinta, adesso non lo è più.

Con un urlo di rabbia Olga si getta contro Walter che cerca di scansarla. La barca si rovescia e i due cadono in acqua.

Walter si dibatte e strilla che non sa nuotare. Olga riaffiora accanto alla barca rovesciata ansimando. Walter scalcia nell’acqua e si avvicina alla barca, tende una mano per aggrapparsi ma Olga con una spintarella gliel’allontana.

Walter beve, va sotto, riaffiora, disperato e guarda Olga che nuota a due metri da lui, che nuovamente riesce quasi ad afferrare la barca ma ancora Olga, sadicamente, gliela allontana con una lieve spinta della mano.

Walter beve, starnazza affannosamente, chiede pietà, ma Olga gli allontana di nuovo la barca.

Stavolta Walter non riaffiora. In un ultimo gorgo di bolle, Olga vede il volto dell’uomo con la bocca disperatamente aperta e gli occhi sgranati, svanire verso il fondo. L’acqua del lago è scura, la sera sta calando.

TITOLI DI TESTA

Olga, pallida, i capelli rossi sciolti sul cuscino come un’aureola, è ancora sotto l’effetto dell’anestesia.

Nella penombra della stanza, un’ombra si muove verso di lei.

E’ Serge, un ragazzo biondo, sui vent’anni, che si china a spiare il viso della donna.

Olga socchiude gli occhi, quasi avvertisse la presenza di quella faccia a pochi centimetri dalla sua, ma poi li richiude.

Il ragazzo le soffia in un orecchio poche parole, dense di un odio maligno:

- Troia, non la farai franca…. Tu hai ammazzato mio fratello e te la farò pagare… mi senti? Non la farai franca, hai affogato mio fratello e io t’ammazzerò… mi senti vero, maledetta troia? Io lo so che non è stato un incidente… Walter ti voleva scaricare e tu l’hai ucciso…

Olga ha un tremito, geme, forse qualcosa capisce.

La mano energica di un chirurgo afferra il ragazzo per una spalla e lo strattona all’indietro:

- Lei che fa qui? Non si può stare… se ne vada!

Serge, fratello minore di Walter, obbedisce senza protestare. Si volta e se ne va, incrociando il commissario Bouchet, uomo segaligno sulla sessantina, che si ferma sulla soglia della stanza. Chiede al chirurgo:

- La ragazza sa che Walter Brandt è morto? Sì, insomma, che non è stato trovato il corpo?-

- Sì, lo sa. Ha chiesto di lui prima dell’intervento e glielo abbiamo detto. Lo sa.- 

- E come l’ha presa?- Il chirurgo si strine nelle spalle:

-  Ha pianto. Credo commissario che dovrà aspettare qualche giorno per avere da lei un racconto sensato di quanto è accaduto.-

Il Commissario annuisce e si avvia. Vede sulla soglia della stanza due giovani donne poco più che ventenni, ansiose. Sono Meme Perrier e Ramona Coppa. Ramona guarda il chirugo speranzosa e chiede:

- Come sta? -

-  Deve solo riposare. Tornate domani.- interviene il commissario:

-  Sono il commissario Bouchet. Siete amiche della Olivieri?-

Risponde Meme, accorata:

- Più che amiche, commissario. Sorelle.-

Il commissario sorride e si rivolge di nuovo al chirurgo:

- I parenti sono stati avvisati? - Il chirurgo annuisce:

- Vive con una vecchia zia bigotta che dopo questo scandalo non vede l’ora che se ne vada. Pare abbia dei cugini a Firenze, in Italia. -

TRE MESI DOPO.

Firenze. E’ un altro tramonto, estivo, festoso.

Olga sta facendo la doccia e parla a voce alta con qualcuno per superare lo scroscio dell’acqua. E’ eccitata perché dice di essere entrata in un giro di soldi, molti soldi, e perché crede d’aver trovato finalmente l’uomo giusto.

- E’ bello, bello, bello. Ha gli occhi blu come… come… Oh mi stai ascoltando?-

Nella semioscurità si intravede essere uno studio di pittore con un quadro sul cavalletto e tele bianche appoggiate in disparte. In controluce alla porta vetrata del bagno, una mano guantata di nero stacca da una panoplia appesa al muro una piccola ascia.

Olga gode del getto d’acqua sul suo bel corpo nudo.

Qualcuno, da fuori, infilato una chiave nella toppa e sta facendo scorrere indietro il lungo chiavistello, mandata dopo mandata, senza rumore.

La mano guantata di nero leva alta l’ascia e, come visto da chi la impugna, si avvicina al bagno.

Olga diminuisce il getto dell’acqua e ripete la domanda.

L’ombra dell’aggressore per attimo nel controluce del bagno, annerendo l’immagine.

Lento, il chiavistello della porta di ingresso, continua la sua corsa verso l’apertura.

Olga è immobile sotto la doccia che le lascia cadere sul corpo appena un filo d’acqua.

Dietro il vetro appannato si staglia un’ombra umana e lentamente il vetro scorre, aprendosi.

Olga resta sotto il colare dell’acqua immobile, come presaga che qualcosa di ineluttabile sta per accadere.

Il chiavistello della porta si arresta per un momento, poi compie all’indietro l’ultimo scatto e la porta si socchiude. Una mano d’uomo afferra il bordo dello stipite e apre un poco il battente.

Il vetro della doccia scorre, aprendosi completamente sugli occhi sgranati di Olga che fissa la lama della scure che si solleva sopra la sua testa. La donna fissa il movimento della lama, tremando per l’emozione. Ma non sembra terrorizzata. Solo angosciata. Come se quella lama fosse impugnata da un dio giustiziere.

- Quando l’hai saputo...- balbetta Olga in un sussurro, spostando lo sguardo disperato sul volto dell’aggressore..

- Dal primo giorno.- risponde una voce bassa, arrochita dall’odio.

La scure cala verso Olga che alza le mani. Ad un dito le brilla un anello: una larga lamina doro con su scritta una formula chimica misteriosa: "Cu2O". La lama cala con violenza sulle sue mani, squarciandogliele. Olga urla.

Nello spiraglio dell’uscio socchiuso, il volto di un uomo: è FRANCO BERTA, sui 50, con indosso un trench e un cappello sul capo che gli ombreggia il viso, segnato da un pizzetto grigio. Quello che colpisce sono i suoi occhi: chiari come i ghiacci degli iceberg.

Ancora un urlo lacerante di donna e poi dei tonfi sordi e il cadere di un corpo.

Berta si sporge di più: l’ambiente è quasi buio, illuminato di taglio solo dalla luce che proviene dal bagno spalancato. Un clangore metallico gli fa volgere di scatto la testa:

la piccola scure rimbalza sul pavimento in pietra dello studio: la lama è sporca di sangue.

Berta vede un’ombra. Qualcuno trascina qualcosa. L’ombra torna a spostarsi. Berta fa un mezzo passo avanti per vedere meglio: sul pavimento, accanto alla scure, c’è adesso un corpo di donna.

Zoom violento su quel corpo: è privo di testa e dal collo un lago di sangue si sta allargando sul pavimento. Berta fa mezzo passo indietro e urta l’uscio che fa in piccolo cigolìo. La mano dell’assassino riprende l’ascia insanguinata da terra e Berta si tira indietro, senza rumore, nel buio.

DUE MESI DOPO

MEME e RAMONA, due belle ragazze svizzere di Ivoire, grandi amiche, sono a Firenze alla ricerca della loro comune amica Olga Fortis che sembra sparita nel nulla. Da alcune settimane non risponde al cellulare, perennemente staccato. L’ultima cartolina, ricevuta due mesi prima, una bella veduta del Davide di Michelangelo con gli occhi dipinti di blu col pennarello e una didascalia vergata sotto: è come questo, con gli occhi blu!

Ramona era restìa a venire Firenze ma Meme l’ha convinta. Ramona alla fine ha ceduto alle insistenze dell’amica, non tanto per cercare Olga che immagina in luna d miele con qualcuno, ma per non restare sola a Ivoire perché ancora scossa per la morte del suo uomo, Walter Bassani, affogato nel lago di Ginevra, qualche mese prima.

Ramona e Meme hanno affittato un appartamentino mobiliato, in centro e si dividono i compiti: visitare la galleria dove Olga esponeva le sue tele, cercare il fidanzato con gli occhi blu che aveva scritto di avere, ecc.

Meme comincia dall’appartamento in cui abitava Olga e di cui ha l’indirizzo: un loft, ora abitato da un altro pittore, Peppo Carlino, che dice di non avere mai conosciuto la precedente inquilina, però di sapere dal padrone di casa che sparì senza pagare l’affitto e lasciando là dei vestiti e anche un quadro non finito che ha conservato.

Il pittore mostra il quadro a Meme: rappresenta i cadaveri di un uomo e di un feto orrendamente gonfi d’acqua e mangiati dai pesci. Il cadavere del feto reca scritto sul petto "Cu2O".

Meme fa un passo indietro, orripilata. Il pittore ricopre la tela con uno straccio: doveva essere un po’ strana la sua amica, vero? Come si chiamava?

- Olga. -

Peppo scuote la testa. Secondo lui chi che ha dipinto quella roba era fatto fino ai capelli.

Meme nega: Olga non era una drogata. Lo sguardo del pittore si posa sull’anello che lei porta al dito e di scatto le afferra la mano.

- "Cu2O", come sul quadro. Che cazzo vuol dire?-

Meme si libera con rabbia: niente vuol dire. Un gioco infantile fra compagne di scuola.

Ramona inizia la sua ricerca dalla galleria d’arte che vendeva i quadri di Olga. Qualcuno la spia ma lei non sembra accorgersene.

Ramona parla con Carla, la gallerista, che si ricorda benissimo di Olga: aveva cominciato a vendere discretamente, poi all’improvviso non s’era più fatta vedere.

- Ho ancora un assegno di 700 mila lire per l’ultimo quadro venduto.-

Carla dice di aver pensato che Olga fosse tornata in Svizzera ma lei non ha mai avuto il suo indirizzo. La gallerista ha qualche tendenza lesbica e fa una moina a Ramona

- Che belle mani, anche tu dipingi?-

Ramona scuote la testa

- Negata completamente!-

Carla si attarda con le mani di Ramona fra le sue. Una voce d’uomo interrompe il disagio di Ramona:

- E allora, andiamo?-

LUCIO CAMILLERI, atletico, un bel sorriso, sulla trentina finge di conoscere Ramona e la prende sottobraccio. Ramona sta al gioco, si scusa con Carla dicendole che è venuta apposta in Italia per cercare Olga che non ha più dato notizie di sé. Forse tornerà per sapere qualcosa di più sulla sua amica. Carla annuisce sorridendo. Usciti i due, sbuca da dietro un grande quadro posto su un cavalletto, Berta, che guarda Carla con aria interrogativa. La donna si stringe nelle spalle:

Prima o poi glielo devo dire però…-

Berta le si avvicina, la fissa con quei suoi occhi ghiacciati e poi le fa segno di no con un dito.

Fuori, Ramona e Lucio stanno ridendo. Lucio si scusa per l’intromissione, conosce Carla e sa che attacca bottoni alle belle ragazze. Del resto lo fa anche lui. Ridono di nuovo.

Ha sentito che cerca una ragazza, è per caso una collega? Ramona non capisce e Lucio spiega di essere un detective privato specializzato in corna e persone scomparse.

Ramona diventa seria: no, lei è venuta con un’amica a cercare Olga Fortis che sembra davvero scomparsa ma che probabilmente sarà scappata alle Hawaii con qualche latin lover.

- Uno come me, allora. Sono certamente un "latin" e a volte anche un "lover".-

E tu cosa cercavi? -

Niente. Non bisogna mica andare fino alle Hawaii per... eh?- Lucio sorride.

Ramona ricambia il sorriso. Si avvicina di più a Lucio e lo guarda negli occhi. Lucio equivoca e si muove per baciarla ma Ramona lo ferma interponendo due dita fra le loro bocche:

I tuoi occhi hanno a volte dei riflessi blu, lo sai? -

Diventano blu quando mi piace una ragazza… -

Stavolta Ramona non impedisce che le labbra di Lucio sfiorino le sue.

- Porcello cerca ghianda! - urla un cascherino pigiando sui pedali del suo triciclo. Finiscono a letto insieme, nella soffitta di Lucio, con panorama sulla città. Fanno all’amore ma sul più bello suona il cellulare che Ramona ha in borsetta. La donna si stacca dall’amante che mugugna e prende il telefono: è Meme, eccitata, le dice che ha appena parlato al telefono con l’uomo che stava con Olga quando è sparita, Si chiama Angelo Pisca e le ha dato appuntamento in un bar del centro di lì a un’ora. Pare che sappia qualcosa.

Ramona si riveste in fretta: deve andare. Lucio ci resta un po’ male.

Meme sta aspettando seduta ad un tavolo del bar in cui Angelo le ha dato appuntamento. L’uomo è in ritardo e Meme è nervosa. Arriva trafelata Ramona.

- Allora? E venuto?- Chiede. Meme scuote la testa:

- Ancora no. E’ già in ritardo di venti minuti. Strano, sembrava ansioso di dirmi qualcosa.-

- Sai dove abita?- chiede Ramona. Meme le mostra un bigliettino su cui sta scritto un indirizzo. Ramona gli dà un’occhiata:

- Andiamo noi da lui.- decide.

Le due donne vanno a casa di Angelo e qualcuno spia le loro mosse dallo specchietto retrovisore di un’auto. All’indirizzo corrisponde un palazzotto senza portineria. Il portoncino è aperto. Sul citofono c’è il nome di Pisca e suonano. Nessuno risponde. Allora le due donne entrano e salgono le scale leggendo le targhe sulle porte.

Meme suona il campanello della porta su cui c’è scritto "Pisca" ma non succede nulla. Ramona s’avvede che l’uscio è solo accostato e lo apre:

C’è nessuno?- Non ha risposta. Le due donne entrano guardinghe.

Meme urla: nello studio, in un lago di sangue, c’è un uomo con la testa semistaccata dal busto. Quell’orrenda testa semimozza ha gli occhi sgranati nella morte: sono occhi di un profondo blu.

Ramona resta paralizzata a guardare quegli occhi.

Meme continua ad urlare e si abbranca all’amica Ramona che la stringe a sé. Accorre una vicina di casa che urla a sua volta. Ramona trascina Meme fuori dall’appartamento.

La polizia fa le foto al cadavere di Angelo. L’uomo prima di morire ha cercato di scrivere una parola ma gli sono mancate le forze: con un dito intriso nel suo stesso sangue ha vergato una "C" e l’inizio di una vocale, forse una "a" ma non è potuto andare oltre.

Chino sul cadavere a studiare quella lettera c’è Lucio, che capiamo adesso essere uno della Polizia e non un detective privato come ha detto a Ramona.

- Ca... Carla? - dice fra sé. Poi si alza e dice ad un agente - Cercare Carla Gravini, la gallerista. Voglio parlarle subito.-

Anche Meme e Ramona vengono sentite in Questura e Lucio assiste, non visto, al loro interrogatorio attraverso un monito. Un appuntato posa accanto a Lucio un vassoio con un caffè e sbircia nel monitor:

- Certo che gli è poco fico questo sistema per fare il guardone… chissà dove si comprano queste telecamerine che così la piazzo nella camera da letto della mia ragazza? -

- E’ contro la legge, bischero. Zucchero? -

Messo e girato, Gesù, come se lei fosse un napoletano, commissario…-

Le due donne raccontano quello che sanno ad un ufficiale di polizia ma non sembra di molta utilità per l’assassinio di Angelo.

Ramona vuole tornare a Ginevra. Quell’uomo ucciso, tutto quel sangue... l’hanno scossa e potrebbero venire coinvolte in chissà quale storia!

Ma Meme non vuole tornare. Proprio quel delitto la spinge a restare. Se Ramona vuole scappare, padronissima, lei rimane.

- Io ho un debito con quel disgraziato che hanno ucciso, se ci andavo stanotte magari non sarebbe morto. E se lui sapeva qualcosa sulla scomparsa di Olga, qualcuno non glielo ha lasciato dire. Chiunque sia questo qualcuno deve pagare. -

Ramona afferra Meme per le braccia: perché tanta determinazione? Gli occhi di Meme si riempiono di lacrime:

- Per Olga.-

- Non è solo per Olga. Vero? -

Meme la fissa negli occhi e scuote la testa. Sospira:

- No, è anche per Walter…-

- Che c’entra Walter?- esclama rauca Ramona - Walter amava me.-

- E me....- sussurra Meme.

Ramona la respinge con rabbia: perché si inventa quella cosa? Perché tirare in ballo Walter visto che ormai è morto?

Perché mi aveva detto che aveva messo incinta una donna ma che l’avrebbe fatta abortire anche se lei non voleva... capisci? E io ho visto un quadro di Olga... una cosa orribile... con un feto...

Un quadro di Olga? E dove l’hai visto?

Dove abitava Olga, adesso c’è un altro pittore. Ha conservato il quadro che Olga non ha finito… orribile… un annegato, capisci? Con un feto morto nell’acqua… devo trovarla, devo sapere se era lei la donna che Walter aveva messo incinta, se è stata lei che…-

Lei cosa? Che cerchi di dirmi, stronza, che Olga ha ucciso Walter?? -

- Non lo so, non lo so. - Meme scoppia a piangere. - E’ un sospetto che mi tormenta fin dal primo giorno. Per questo son voluta venire a Firenze, sperando di poter trovare Olga, parlarle… sono pazza, vero? Sono pazza…-

Ramona si lascia andare sul letto: ha già sofferto abbastanza per Walter Brandt. Ha sempre saputo che era un collezionista di donne, ma sperava che avrebbe almeno risparmiato le sue amiche. Meglio così. Adesso le fa solo schifo.

Meme piange: si è trovata innamorata di lui senza volerlo, senza poter farci nulla. Sapeva che era un cialtrone con le donne e lei non voleva far soffrire Ramona, ma Walter aveva una carica animale che faceva perdere il controllo… un qualcosa che…

Ramona le accarezza i capelli: lo sa bene ma ormai è tutto finito, passato. E loro sono ancora amiche.

Meme la guarda con una luce di speranza negli occhi bagnati di lacrime: davvero non la odia? Ramona scuote il capo. Meme scatta in piedi e corre a prendere una bottiglia di spumante dal frigo bar. La stappa, la schiuma fuoriesce, la offre a Ramona che ne beve un sorso, poi beve anche lei.

- Alla nostra amicizia!- brinda. Ramona sorride.

Il quadro di Olga in piena luce nel dettaglio di una grossa lente: il dipinto non finito è orrido: i due annegati, uomo e feto, galleggiano a mezz’acqua con le bocche aperte e gli occhi sgranati, enormi, mostruosi, blu. E poi quella strana scritta: "Cu2O".

- Due milioni…- Franco Berta mette via la lente con cui ha esaminato il quadro. Peppo Carlino scuote la testa: quel quadro non gli appartiene, non può venderlo. L’ha lasciato lì…

Lo so chi l’ha lasciato qui. Conoscevo la pittrice. -

Peppo Carlino lo guarda sospettoso: perché ha detto "conoscevo"? Sa qualcosa di Olga Fortis? Berta taglia corto:

Io non so proprio niente. Tre milioni e me lo porto via subito. -

Mi farebbero comodo, però… beh, lei è un esperto. Se me ne offre tre, allora vale almeno dieci…-

Suona il campanello. Peppo ricopre il quadro con una tela e va ad aprire. Berta lo ferma: aspetta qualcuno? Peppo scuote la testa. Berta non vuol farsi vedere. C’è un’uscita sul retro? Peppo gli indica il bagno:

- C’è una porticina dietro alla doccia. Dà nel cortile. -

Berta si blocca, colpito da un pensiero. Peppo se ne accorge:

Che c’è? Qualcosa non va? Le ho detto che dà nel cortile. -

Berta annuisce e sorride: certo, certo. Nel cortile. E si infila nel bagno. Dietro la doccia c’è una porticina ben dissimulata nelle piastrelle. La apre ed esce.

Peppo apre l’uscio e si trova davanti a due uomini nerboruti con facce da delinquenti. Fa un passo indietro ma i due lo aggrediscono. Con due colpi violenti lo mandano a rotolare davanti al quadro di Olga. Vogliono sapere che fine abbiano fatto "i soldi". Peppo Carlino li guarda con la bocca insanguinata, senza capire.

- Quali soldi? -

Altri due calci e il pittore rotola sul pavimento urlando di dolore. C’era una borsa con dei soldi in quello studio e pare che la signorina Fortis non sia riuscita a portarla con sé. Peppo si rialza dolorante e giura che non c’era nessuna borsa quando lui ha affittato l’appartamento. Nessuna borsa. Solo qualche vestito appeso nell’armadio e quel quadro… Lo scopre e i due gli danno solo un’occhiata distratta. A loro non interessano i quadri. Là c’era una borsa piena di dollari.

E allora è per questo che quella se l’è filata!!! Che c’entro io se quella vi ha fregato dei soldi?-

I due uomini sogghignano. Dov’è andata quella pare che i soldi non servano più. Può darsi che lui non ne sappia niente, ma non deve fare il furbo. Sono arrivate dalla Svizzera altre due stronzette che fanno finta di cercare l’amica e una è stata da lui. Che voleva?

Peppo cerca di respirare ma gli fanno male le costole: voleva sapere di Olga. E lui le ha fatto vedere quel quadro lasciato dalla donna.

Non ti ha chiesto se aveva lasciato dei bagagli? Una borsa? -

Peppo li guarda incerto: non ricorda. Forse sì… ma quella pittrice non ha lasciato proprio niente:

Siamo in tanti dietro allo stesso osso. Chiama quella tizia e vedi di farla parlare. Noi torniamo domani. Una parola di tutto questo e sei morto. -

Se ne vanno.

Meme e Ramona sono di nuovo da Carla, la gallerista. Vogliono sapere il più possibile di Olga, se frequentava qualcuno in particolare e se si serviva di modelle.

Carla è meno gentile stavolta. Non vuole essere tirata dentro a una storia di omicidio e la polizia l’ha interrogata su fatti dei quali lei nulla sa e nulla vuole sapere.

Meme insiste: Olga usava modelle?

- No, mi ero offerta perfino io di posare ma.... - Carla scuote la testa - una sola volta che sappia io ha usato una modella… una bella ragazza ma sordomuta... anzi fu l’ultimo quadro che mi ha consegnato prima di sparire.-

- Possiamo vederlo?- chiede Ramona.

- Venduto per un milione. Gliel’ho detto: devo ancora 700.000 lire alla vostra amica.

Meme si fa dare l’indirizzo della modella sordomuta. Ramona è visibilmente stanca, provata. Ha un mezzo svenimento e un forte mal di stomaco. Carla la fa sdraiare, forse è il caldo... deve mettersi in libertà... ha una stanza sul retro. Ramona supplica Meme con un’occhiata.

- La porto a casa. - interviene Meme.

Poco dopo Ramona è a letto, stremata. Non ha idea del perché si senta così male, forse è colpa di quello spumante: troppo gelato. Meme reagisce con nervosismo: l’ha bevuto anche lei e sta benissimo. Dà un sonnifero all’amica con una camomilla calda. Cerchi di dormire e tutto passerà.

Ramona chiude gli occhi.

Lucio è nella galleria di Carla che sbuffa: non ne può più! E’ una persecuzione! L’avesse almeno scopata quella Olga! Lei non ci ha fatto niente, non sa niente, ha solo esposto e venduto qualche suo quadro! Pure quelle due stronze, che diavolo vogliono? Sono sempre lì a fare domande… Lucio vuole sapere quali sono state le domande di Meme e di Ramona e poi chiede di avere la lista degli acquirenti dei quadri di Olga. Carla ride: la lista? Uno solo li ha comprati tutti a prezzi via via crescenti. Una specie di critico d’arte. L’avrà visto qualche volta in televisione a spiegare perché il rosso è rosso. Si chiama Franco Berta.

Uscito il poliziotto, la gallerista fa una telefonata:

- Pronto? Aspéttati visite, animale!-

Quando Ramona riapre gli occhi è sola. Il telefono ha appena finito di squillare. Alza la cornetta ma c’è già il segnale di libero. Il vento gonfia le tende. Ramona si mette a sedere sul letto. Ha l’impressione che ci sia qualcuno. Chiama Meme ma nessuno risponde. Un cigolìo di porta. Un passo. Ramona è spaventata, scende dal letto e si rannicchia dietro un comò. Il passo cessa. Un’ombra. Ramona arretra e finisce oltre la porta che dà nel corridoio sbattendo contro il petto di un uomo. Urla.

E’ Lucio.

Ramona lo fissa inebetita: che ci fa lì? Lucio le sorride. Era venuto per invitarla a mangiare una pizza e la porta era aperta. Gli dispiace di averla spaventata.

Ramona non è convinta: Lucio era dietro a lei, in corridoio, ma c’era qualcun altro dalla parte opposta!

Lucio la guarda perplesso: perché la porta era aperta? Ramona non lo sa, non si sente bene, s’era addormentata. Forse Meme nell’uscire...

- Hai una faccia stanca. Torna a letto. Starò giù al portone per un po’. -

Meme è andata a cercare la sordomuta che ha fatto da modella a Olga.

- Sarai pure sorda ma sei una gran baldracca! - urla una voce di donna e per poco, uscendo di corsa, non travolge Meme sul pianerottolo. Meme è costretta ad aggrapparsi a lei e per un attimo si guardano viso a viso. La donna, LIVIA, sulla quarantina, bella ma di una bellezza altera, fredda, è infuriata da far paura. Respinge Meme e corre giù per le scale.

Sotto, davanti alla casa, la aspetta il marito, Franco Berta, alla guida di un’auto sportiva.

Quella non sa niente. O se sa, usa il suo handicap per fare la furba. La stronza sono io che mi sono fidata di te! -

Franco Berta innesta la prima. Livia lo scuote: non ha nulla da dire?

Berta fissa la moglie coi suoi occhi chiari:

- Odio contraddirti, cara. -

L’auto parte veloce.

Caterina, la bella modella sordomuta, accoglie Meme con un sorriso.

- Che aveva quella? - chiede Meme.

Caterina parla il linguaggio dei segni e Meme non capisce, accenna alla porta, mima la donna che è uscita a valanga e fa un gesto interrogativo. Caterina spalanca le braccia con un’espressione inequivocabile: "Boooooh!" , poi fa a Meme cenno di attendere e compone un numero al telefono. Batte poi dei colpetti sul microfono con una penna. E’ un segnale, fa cenno a Meme di sedere e che tra poco arriverà qualcuno.

Infatti di lì a poco entra PIERO, un bel ragazzo che resta colpito dalla bellezza di Meme. La sordomuta lo nota e fa dei segni nervosi. Piero risponde a segni e sorride a Meme: -

- Caterina dice che ti ho guardata con troppa ammirazione. -

Meme vuol sapere di Olga e Piero fa da interprete. Con la voce di Piero, Caterina racconta che Olga era molto agitata l’ultimo giorno che l’ha vista, preoccupata, ma non le aveva voluto dire nulla. Cioè no, le aveva detto che se andava bene una certa cosa sarebbe diventata ricca ma che era arrivata una persona che non aspettava.

E ora deve andare perché ha un appuntamento di lavoro. Così Piero sarà tutto suo.

Meme fissa Piero, ironica:

- Sicuro che ha detto anche l’ultima frase?- Piero sorride: si deve fidare.

Meme saluta Caterina e se ne va.

Ramona stavolta arriva i tempo allo squillare del telefono: è il pittore Peppo Carlino che vuole parlare con Meme. Non sa il nome, la descrive. Ramona si insospettisce: chi parla di preciso? Peppo le dice di essere il nuovo inquilino del loft in cui abitata Olga e di volere parlare subito con Meme. Ramona vuole sapere il perché e Peppo le risponde, incespicando nelle parole, che ha trovato una lettera di Olga per lei.

- Per lei chi? - inquisisce Ramona, incredula.

- Per la sua migliore amica. Sì, ecco, dice alla mia migliore amica. -

- Allora è per me. Ero io la migliore amica di Olga. -

- No. Io la darò solo a quella che è venuta qui. Solo a lei. Glielo dica. E’ importante.-

Ramona gli risponde che la sua amica non è ancora tornata. Appena torna, le farà l’ambasciata.

Meme cammina veloce. Attraversa piazza della Signoria e si ferma a guardare la copia del Davide di Michelangelo. Povero Angelo Pisca…. Chissà se era davvero lui quello bello come il Davide con gli occhi blu…

La voce di Piero la fa trasalire:

- Con un campione come questo, nudo in mezzo alla piazza, tutti noi fiorentini sfiguriamo… - le sorride. Meme ricambia il sorriso e accetta di andare a bere qualcosa.

Piero ci sa fare. Dice di aver conosciuto Olga e che non sembrava aver bisogno di dipingere per vivere. Era sempre piena di soldi. Dava cinquecentomila lire a Caterina per una notte di pittura. Perché Olga preferiva dipingere di notte. Una volta che aveva accompagnato Caterina, Olga aveva buttato giù uno schizzo della sua faccia. Niente male. Lo vuole vedere?

Meme accetta e dopo pochi minuti è a casa di Piero. Il disegno di Olga ritrae Piero in carboncino. Solo gli occhi sono vistosamente segnati con un colpo di pennarello blu. Meme guarda Piero: ha gli occhi neri.

- Come mai ti ha fatto gli occhi blu? -

- Diceva che poteva amare solo uomini con gli occhi blu. -

Piero china la testa e si porta le dita agli occhi. Quando torna a guardare Meme ha gli occhi blu: si è messo delle lenti a contatto colorate e sorride:

- Che cosa non si fa per accontentare una donna! -

Meme supera la sorpresa e scoppia a ridere.

Piero la bacia sul collo. Meme si ritrae. Vuole ancora parlare di Olga e Piero acconsente ma intanto la accarezza e la tira su un divano.

- Come poteva avere tanti soldi? La sua famiglia è povera. E qui pare che abbia venduto solo qualche quadro per quattro lire…-

- Non lo so. Pensavo lo sapessi tu… che la stai cercando tanto…-

Meme lo respinge: lei cerca Olga e basta. Che vuol dire?

- Niente. Che vuoi che voglia dire…. - la bacia con passione.

- Ma tu non sei il ragazzo della sordomuta? -

- Anche. Ma lei non può dire niente…- risponde cinico Piero accarezzandole il seno.

Meme vorrebbe fare l’indignata ma le scappa da ridere. Cerca di resistere ma poi lascia fare.

Fanno l’amore.

La sigaretta accesa si pianta sul petto nudo di Caterina. La sordomuta spalanca la bocca in quello che sarebbe un urlo di dolore ma non ne esce alcun suono. Davanti a lei i due energumeni che hanno picchiato Peppo Carlino. Vogliono sapere dove sia finita la borsa di soldi che aveva Olga aveva nello studio. Se lo sa basta che faccia di sì con la testa. Caterina fa un disperato cenno di diniego e l’uomo torna ad aspirare fumo dalla sigaretta.

L’auto sportiva guidata da Berta rallenta davanti al cancello di una villa che si apre automaticamente. Ma dietro entra anche un’auto della polizia.

- Sbirri - comunica Livia al marito, controllando attraverso lo specchietto retrovisore - Non fare lo stronzo come tuo solito. -

Le due auto si fermano davanti alla villa e Lucio scende dall’auto della polizia e si avvicina a Berta e Livia che li fissano sorpresi.

- Lei è Franco Berta, vero? L’ho visto in TV qualche volta. Sono il commissario Lucio Sacchi. Posso farle qualche domanda?-

- E’ urgente? Siamo un po’ stanchi… - tenta Berta ma Lucio annuisce e allora

conclude sospirando :

- Okay, meglio davanti a un bicchierino. Prego, da questa parte. -

Seduti in un salotto, Lucio inizia il suo interrogatorio:

- Come mai lei comprava tutti i quadri di Olga Fortis, che come pittrice era sconosciuta?-

Forse gli piaceva più la pittrice che i suoi quadri...- commenta malignamente la moglie.

- Ma no, che dici, cara...- sospira Berta con aria di circostanza.

- Lei è mai stato in casa di Olga Fortis? -

- Mai. Ho comprato i quadri in una galleria d’arte.-

Livia si alza di scatto e risponde secca:

- Commissario, mio marito è uno di quegli imbecilli un po’ impotenti sempre dietro alle gonne delle donne. Di tutte le donne…. meno quella che ha avuto la sfortuna di sposarlo! Non che possa avere delle amanti! Gli piace solo farlo credere.-

Volta le spalle e se ne va. Franco Berta assume un’aria molto infelice.

L’auto della polizia esce dal cancello della villa sotto la sguardo di Livia che spia da una delle finestre. Si volta e dice ad alta voce:

- Se ne sono andati. -

Entrano nel salotto i due energumeni che hanno picchiato Carlino e torturato Caterina.

- Allora? - chiede Berta. Livia lo zittisce.

I due uomini si versano da bere, come fossero i padroni di casa. Uno di loro si avvicina a Livia e la fissa sardonico: nessuno sa niente, almeno così pare. Se li fosse davvero fottuti quella pittrice i soldi…. In fondo che sia morta hanno solo la loro parola…

Livia ha una smorfia di rabbia:

- La ‘sua’ parola! - ribatte indicando Berta.

Meme torna a notte fonda, un po’ brilla. Ramona è ancora sveglia e Meme ha voglia di raccontare: ha incontrato un ragazzo fantastico e…

Ma Ramona è tesa e non è in vena di ascoltare cazzate. Affronta Meme a brutto muso: che rapporti ha con Peppo Carlino?

Meme guarda l’amica sorpresa: ma nessuno! Carlino è quel pittore che sta nello studio che era di Olga... è lui che le ha mostrato quel quadro orrendo, non finito, col cadavere di un feto...

Ramona la fissa inquisitrice:

- Dice che ha una lettera di Olga e la vuol dare solo a te. Secondo me è una balla per rivederti. Hai fatto colpo… però sembrava agitato. -

- Sono le tre...- sbadiglia Meme - Ci vado domani. Anzi ci andiamo domani.-

L’indomani mattina le due donne vanno nel loft di Peppo Carlino, quello che fu di Olga. Bussano e viene ad aprire una domestica filippina che capisce poco l’italiano: il signore dorme ancora. Dorme sempre fino a tardi. Meme insiste affinché lo svegli, ma la filippina non capisce. Meme la scosta impaziente ed entra chiamando il pittore. La filippina fa cenno a Meme che Peppo dorme di sopra, nel soppalco. Meme sale e Ramona curiosa fra le tele poggiate sui cavalletti. Ce n’è una coperta da un drappo. Ramona lo solleva: sotto c’è la figura nuda della modella sordomuta, il dipinto è incompiuto.

Meme non scende e Ramona la chiama. Meme non risponde. Una goccia di sangue cade sulla mano di Ramona che la fissa con orrore: proviene dal soppalco!

Ramona urla e corre su mentre la filippina si fa più volte il segno di croce.

Un suono strozzato, agonizzante. Ramona irrompe nella stanza del soppalco: sul letto, in un lago di sangue, la gola squarciata c’è Peppo Carlino e oltre la porta spalancata Ramona vede Meme china sul lavandino del bagno. Accorre verso l’amica: Meme sta vomitando. A terra c’è l’arma del delitto: un coltello seghettato da cucina sporco di sangue. Ramona fissa Meme inebetita e la donna si riprende un poco, guarda l’amica attraverso lo specchio, si drizza di colpo: perché la guarda così? Quell’uomo era già morto quando lei è entrata!!!

Alle loro spalle la filippina comincia ad urlare.

Ramona e Meme in Questura. Ramona ha poco da dire e viene lasciata andare.

Meme viene interrogata e Lucio segue l’interrogatorio attraverso il monitor che ha sulla scrivania: nessuna lettera a lei indirizzata è stata trovata nello studio di Peppo e non è accusata immediatamente di omicidio solo perché la Scientifica ha fatto risalire la morte del pittore alle sei del mattino. Deve dire la verità: perché è andata con la sua amica da Carlino e cosa sono venute a fare, lei e la sua amica, a Firenze.

Meme è scossa da un singhiozzo e racconta: sia lei, che Olga che Ramona erano innamorate dello stesso uomo che un giorno fu trovato morto annegato nel lago di Ginevra, davanti ai moli di Ivoire, la città in cui vivevano. Non s’è mai saputo come andarono le cose però Walter le aveva confessato di aver messo incinta una donna e che l’avrebbe costretta ad abortire… Olga era partita subito dopo la morte di Walter e poi non aveva più risposto alle telefonate, così lei e Ramona sono venute a Firenze per vedere che stava succedendo ma Olga sembra svanita nel nulla, ma ha lasciato un quadro, un quadro dipinto da lei, orribile, con un uomo e un feto annegati insieme…

- L’avete trovato il quadro, era nello studio di Carlino…-

L’ufficiale di polizia dà un’occhiata interrogativa verso lo stemma della repubblica, appeso in alto, sulla parete di fondo.

Lucio incrocia attraverso il monitor lo sguardo dell’ufficiale che ha dato l’occhiata dritto in macchina. Solleva un telefono e dice:

- Non c’era nessun quadro. Dev’essere una balla. Comunque non possiamo trattenerla. Mettile uno dietro e lasciala andare -

Attraverso il monitor si vede l’ufficiale che ascolta la telefonata, annuisce e riattacca.

Meme cammina esce dalla Questura e si incammina verso l’appartamento che ha affittato con Ramona. E’ stanca, svuotata per lo stress. Le sembra di essere seguita e ha paura. Affretta il passo.

Quando arriva a casa, entra di corsa nell’appartamento e tira il chiavistello.

Una mano si posa sulle sue spalle. Meme urla, ma è Ramona che vuol sapere il perché di tanto ritardo. La sospettano forse di avere ammazzato quel pittore? Meme scuote la testa: non sa, le han fatto cento volte le stesse domande. E non solo sul pittore ma anche su Olga.

- Su Olga? E perché? -

- Volevano sapere perché siamo venute in Italia... sanno di Walter...-

- E tu che gli hai detto? -

- Tutto. Di me, di te... e di Olga… dei miei sospetti perché ho visto quel quadro.. - Meme singhiozza affranta.

- Le hai detto anche del quadro? -

Meme annuisce.

Lucio, in questura, sta interrogando un ometto ispido e deforme: è il padrone di casa del loft affittato prima a Olga e poi a Carlino: una è scomparsa e l’altro è stato ucciso. L’ometto dice di essere sfortunato con gli inquilini. Lucio lo osserva pensoso: veramente sono gli inquilini suoi ad essere sfortunati. Perché quando la signorina Olga Fortis scomparve non l’ha denunciato alla Polizia? L’ometto si stringe nelle spalle: artisti! Oggi qua domani là e spesso senza pagare il fitto! Però quell’Olga era una che pagava. Non le mancavano i soldi.

Poi è la volta di Caterina che si serve di Piero per deporre. Ha posato per Carlino fin dopo il tramonto. Il pittore le aveva mostrato un orribile quadro con su dipinto due cadaveri, un uomo e un neonato, gonfi d’acqua come se fossero affogati. Ma non l’aveva dipinto Carlino, Caterina l’aveva già visto quando là viveva Olga Fortis. C’era una formula chimica dipinta sul corpicino del neonato, qualcosa come "Cu2O". .

- Questa è nuova! Cu2O? E che vuol dire? -

Caterina non lo sa. Olga aveva un anello con quella stessa scritta ma non aveva voluto spiegargliene il significato.

Lucio scrive grande su un foglio "Cu2O". Ci pensa su inutilmente scarabocchiando tutt’intorno con la biro.

L’appuntato posa un’altra tazzina piena di caffè davanti al commissario: già ci sono altre tre tazze vuote.

- Io smonto, commissario. Ma lei dorme con tutti questi caffè? - si china sulla scrivania e dà un’occhiata alla formula chimica "Cu2O" scritta da Lucio - Ma che, ha scritto "culo" commissario? -

- Vattene, va! - sbuffa Lucio trangugiando il caffè.

Caterina sbadiglia e Piero si lamenta: è molto tardi e loro sono sfiniti. Se non ci sono altre domande vorrebbero andarsene a casa.

Lucio guarda l’ora sono quasi le due di notte. Si alza: va bene possono andare.

- Cu cos’è, rame, vero?-

Piero fa una smorfia e si stringe nelle spalle: a scuola, in chimica era un disastro.

Caterina e Piero vedono un taxi e Piero lo chiama. Subito l’auto accosta.

- Che fortuna, un taxi a quest’ora… - commenta Piero salendo. E si trova una pistola puntata addosso. Sono i due energumeni che hanno torturato Caterina:

Adesso ci porti dove hai nascosto i soldi. Hai fatto fuori la pittrice e ti sei fottuto la grana. -

- Io non ho ammazzato nessuno, io… Caterina, maledetta, sei stata a tu a … a…-

- Facciamo parlare pure i muti noi. -

Il taxi parte veloce.

Caterina è terrorizzata. Piange senza suoni. Uno dei due le mette le mani fra le cosce, irridente: prima il dovere e poi il piacere.

Caterina ha uno scatto improvviso, afferra il volante dell’auto e sterza. L’auto sbanda, urta il muretto del lungarno e investe un cumulo di assi che le fanno da pedana volando nel fiume.

Lucio si è appena messo a letto che suona il telefono: è successo un incidente che pare collegato al caso Olga Fortis.

Alle luci delle fotovoltaiche della polizia viene tatto a riva Pietro con una larga ferita al capo: il sangue gli cola sulla faccia cerea e sui vestiti fradici. A terra c’è il cadavere di uno dei due torturatori e il corpo di Caterina, che però ancora respira. L’infermiere di un’autoambulanza le sta facendo la respirazione artificiale.

L’auto guidata da Lucio frena con stridore di freni. Lucio salta giù: ha un’impermeabile indossato sul pigiama. Caterina viene portata via e Piero sotto shock balbetta che lui i soldi non li ha presi, che li voleva prendere, che è andato nello studio di Olga ma non c’erano più.

- Quali soldi? -

- Non so quali soldi. Li avevo visti in una borsa, in un armadietto, mentre Olga dipingeva Caterina… una borsa piena di dollari… ma non li ho presi io… non li ho presi io…

Caterina e Piero vengono caricati sull’autoambulanza. Dalle acque nere dell’Arno, emergono dei sommozzatori con le torce: c’è un altro morto nella macchina.

Lucio dà disposizioni affinché l’indomani venga tirata su l’auto con le gru.

- La notte è andata. - sbuffa Lucio parlando a uno degli ufficiali di polizia - torno a casa a vestirmi e ci vediamo all’ospedale. Adesso pare che dovremo cercare una borsa di soldi… -

E’ notte fonda. Meme e Ramona dormono. Un tuono, un lampo. Una finestra che sbatte. Ramona spalanca gli occhi e ascolta. L’anta sbatte di nuovo, da qualche parte. Si alza e senza accendere la luce scivola nell’altra stanza. Meme apre gli occhi e resta in ascolto.

Sente l’anta sbattere ancora una volta, poi un grido rauco, un tonfo.

- Ramona?...- chiama Meme.

Silenzio. Meme scivola fuori dal letto in angoscia. Sta per accendere la luce ma un lampo illumina la stanza e disegna l’ombra immensa di qualcuno ritto in mezzo alla stanza, avvolto in qualcosa di scuro, con un’ascia in pugno, alta, pronta a colpire.

Meme urla e scappa, sbatte nel buio contro i mobili, inciampa sul corpo di Ramona steso a terra e urla di nuovo riuscendo a infilarsi nel bagno e a chiudersi l’uscio dietro.

Fuori scroscia la pioggia. Ramona striscia verso il telefono. Un lampo ci mostra la stanza vuota. La minacciosa ombra con la scure s’è dileguata.

Ramona prende il telefono e striscia con esso sotto il letto. Fa il 113, chiama aiuto sussurrando l’indirizzo.

Meme è rannicchiata in fondo alla stanza da bagno, trema tutta. Al primo tremendo colpo d’ascia sulla porta comincia ad urlare e non la smette mentre l’ascia sfonda l’uscio. Un nuovo lampo illumina il pannello dell’uscio che si stacca. Meme porta le mani al volto, isterica. L’ombra dell’ascia cala su di lei che apre un poco le dita e fissa con occhio stralunato la lama che le cala addosso con forza. Il sangue cola sull’anello che porta al dito con su inciso "Cu2O".

- Aprite, Polizia!-

L’assassino fugge verso una delle finestre e la sfonda ad accettate, nel vibrare l’ultimo colpo l’ascia vola via insieme all’anta e cade nel vuoto.

Lucio e alcuni agenti irrompono nell’appartamento sfondando la porta. Alla luce delle torce vedono il letto sfatto, la porta del bagno distrutta e il corpo di Meme in un lago di sangue, la testa spaccata come un melone.

Lucio accende la luce. Un agente si affaccia dalla finestra sfondata che dà sui cortili interni:

- E’ scappato da qui!-

Chiama con un cellulare gli agenti che stanno in strada. Questi accorrono e trovano l’ascia sporca di sangue e la palandrana scura schizzata anch’essa di sangue. Guardano in su, verso la finestrella al secondo: una via di fuga davvero acrobatica.

Lucio si china a guardare sotto il letto: Ramona è là, rannicchiata, tremante, con gli occhi serrati. Urla isterica quando Lucio la tocca.

- Ramona, sono io... Lucio. E’ tutto finito.

Ramona fissa Lucio come se non lo vedesse e continua a fare di no con la testa come una pazza.

Il sole è già alto. All’ospedale, dopo un’iniezione di calmanti, Ramona racconta a Lucio quello che è successo.

- Ho visto solo un’ombra, alla luce di un lampo. Aveva un’ascia in pugno. Qualcuno alto... come te...-

Ramona lo fissa con sospetto: come mai lui era là a quell’ora di notte?

Mi hai chiamato tu, Ramona. Vedi, io non sono un detective privato ma un detective pubblico. Sono un commissario di Polizia e mi occupo della scomparsa di Olga Fortis. Sai niente di una borsa piena di dollari?

Ramona guarda Lucio senza capire. Scuote la testa: Olga non poteva avere borse piene di dollari!

E questo ti dice niente?-

Lucio mostra a Ramona, chiuso in una bustina trasparente l’anello d’oro con la scritta "Cu2O".

Ramona gli dà un’occhiata:

- Era di Meme, credo...-

- Da quando ce l’aveva?-

- Non so. Qualche mese. -

- Da prima che Olga sparisse? -

- Che c’entra Olga? Non so... Perché? -

- Perché ci sono dei testimoni che giurano che quest’anello fosse al dito di Olga prima che... sparisse.-

- Che sciocchezza. - Ramona fissa Lucio che ricambia lo sguardo perplesso. Ramona sussurra:

- Vuoi dire che... se Meme aveva l’anello di Olga... allora sapeva dov’era finita Olga? -

- Sì. Si può dire anche così. Tu eri amica di entrambe, no? Che era successo tra quelle due? -

Ramona sospira e scuote la testa. Lucio insiste e Ramona racconta del dubbio di Meme circa l’identità della donna che Walter Bassani aveva messo in cinta. E di come poi, vedendo un quadro dipinto da Olga… qualcosa con un morto annegato… si fosse ancora più convinto che Olga avesse fatto annegare Walter per vendicarsi. Una squallida storia di corna.

Lucio annuisce: coincide con la deposizione di Meme, meno un particolare. Sembra che su quel quadro ci fosse una scritta. Ramona lo guarda senza capire. Lucio le chiede a bruciapelo:

- Poteva essere Olga Fortis l’assassino con l’accetta? -

Ramona sembra sbigottita: ma che dice? Olga? ... comunque no, era un uomo, alto... Ma Lucio pensa che Olga si sia nascosta per tutto quel tempo e...che poi abbia ucciso Meme! E perché mai? Dio mio, che idea idiota!

Lucio fa un cenno ad un agente che si avvicina con una tela arrotolata. La srotola: è il quadro incompiuto che stava dipingendo Olga, con la formula "Cu2O" dipinta sul cadavere del feto.

Ramona è scossa da un brivido di disgusto.

Che roba è quest’orrore? -

Stava nascosto nel tuo appartamento. O ce l’hai messo tu o ce l’aveva messo Meme. "Cu2O" che cazzo vuol dire???-

- Ossido di rame… - balbetta Ramona frastornata.

Lucio sbuffa: quello lo sa anche lui! Ma quella formula, "Cu2O" deve essere la chiave del mistero. Forse anche Angelo Pisca morendo voleva scrivere "Cu2O" e non Ca.. qualcosa, come lui aveva pensato. Ossido di rame, che vorrà dire?

Ramona scuote la testa, stancamente. Interviene un dottore e ordina a Lucio di lasciare in pace la paziente che è ancora sotto stress.

Il chimico della Scientifica si stringe nelle spalle: l’ossido di rame è conosciuto col nome di cuprite e si trova in natura sotto forma di ottaedri rossi, si ottiene per riduzione dell’acetato rameico e...

-.. e non me ne frega niente... purtroppo!- conclude Lucio andandosene.

- Figurati a me, stronzo...- mormora il chimico tornando alle sue provette.

Caterina non ce l’ha fatta e Piero piange al suo capezzale. Risponde alle domande di Lucio ma non è che sappia molto: solo che Olga aveva una borsa piena di dollari e che lui era stato tentato da quel denaro. Era tornato il giorno dopo per rubarlo ma l’armadietto in cui l’aveva visto era vuoto. Poi erano apparsi quei due bastardi che volevano sapere dove fossero i soldi…

Ramona vorrebbe tornarsene a Ginevra ma Lucio le dice che deve rimanere perché lei è la sola ad aver visto l’assassino di Meme e vuole farle vedere una persona.

Franco Berta è nervoso. La moglie Livia lo fissa con una smorfia di disprezzo stampata sulle labbra.

Davanti ai due ci sono Lucio e Ramona e il giardino della villa è pieno di poliziotti.

Franco ripete che lui non è mai andato nello studio di Olga. Lucio gli srotola davanti la tela dell'uomo e il feto annegati. Perché ha comprato tutti i quadri tranne quello?

Mi metteva angoscia, ma è forse il quadro più significativo che la Fortis abbia dipinto….

Lucio diventa serio, aggressivo: quel quadro non è mai uscito dallo studio in cui Olga viveva e dipingeva. Ma lui lo conosce. Quindi è bene che dica quando è stato in casa di Olga. Quando?

- Ci sei stato vero? Porco!- interviene Livia. Berta cerca di rassicurarla:

- Non è successo nulla, cara, nulla! Una notte... avevo bevuto per farmi coraggio... e sono andato da lei. Sono entrato e...-

FLASHBACK: rivediamo il momento in cui Berta intravede l’assassinio di Olga Fortis.

Franco Berta ansima nel raccontare:

- Sono scappato... scappato via... ho vomitato in strada...-

- Perché non ha detto niente alla Polizia?- gli chiede aggressiva Ramona. L’architetto scuote la testa: non poteva... non voleva dire di essere stato là... poi, dopo, nessuno ha mai parlato di quel delitto... e così si è convinto di avere avuto un’allucinazione da alcol.

Tace e Lucio lo fissa, accusatore.

Balle, amico, amico. Tu sei entrato perché avevi la chiave. E’ così? E non era per scopare. Era per prendere una borsa di dollari. Hai fatto fuori la donna e te la sei fregata.-

Berta comincia a tremare: lui non ha ucciso nessuno! Nessuno! I soldi…

Livia gli urla di star zitto ma ormai è tardi. Come una valanga, Berta confessa: sapeva dei soldi, ma non erano per lui, erano per Livia e i suoi associati.

Livia gli si lancia contro e viene bloccata da un agente. Urla che Franco è un bastardo rammollito schifoso e bugiardo. Franco Berta continua il suo racconto:

FLASHBACK: dopo essere scappato fuori ha atteso. Aspettava che l’assassino se ne andasse, pensava di tornare dentro dopo che se ne fosse andato per vedere se c’erano ancora i soldi. Ma l’assassino non usciva, non uscì mai e venne giorno.

Berta allora si era fatto coraggio ed era tornato nello studio: ma tutto era a posto, la scure appesa nella panoplia, non una goccia di sangue. Come se avesse avuto un’allucinazione.

Olga? - aveva chiamato incerto. Silenzio. Non c’era più nessuno ma i soldi sì, arano ancora là, nell’armadietto.

Berta li aveva presi ed era scappato.

E dove sono adesso? -

Li ho sepolti in giardino. Pensavo di filarmela appena possibile. Lontano da quell’arpia di mia moglie… venite, ve li mostro… ma io non ho ammazzato nessuno…

Livia si agita, trattenuta a fatica dall’agente e urla la sua rabbia e il suo disprezzo per il marito.

Gli agenti scavano là dove Berta indica, ed effettivamente, sotto mezzo metro di terra affiora un grosso sacco di plastica, di quelli neri, per la spazzatura.

Per l’umidità… - balbetta Berta.

Lucio si china sul sacco nero e lo afferra per tirarlo fuori dalla buca: il sacco si rompe:

ZOOM VIOLENTO sulla testa mozza di Olga Fortis!

Ramona sviene. Franco Berta resta paralizzato dallo stupore. La puzza di marcio è fortissima e Lucio si mette un fazzoletto sul naso. Due agenti terminano il macabro rinvenimento: c’è il corpo di Olga fatto a pezzi, in via di putrefazione.

Aiutandosi con il fazzoletto, Lucio sfila dal dito putrefatto e ferito di Olga, l’anello con su inciso "Cu2O".

Scattano le manette intorno ai polsi di Franco Berta, completamente sconvolto dallo shock, che ripete a bassa voce, quasi per convincere se stesso, di non avere sepolto lui quel cadavere nel suo giardino. Ramona, accucciata davanti ai resti dell’amica, singhiozza e Lucio la aiuta ad alzarsi e ad allontanarsi da quella vista.

Il giorno dopo, chiuso in una cella, Franco Berta sembra impazzito: Se ne sta raggomitolato sulla branda scuotendo negativamente la testa. Lucio lo guarda dallo spioncino e un medico gli dice che deve essere trasferito al manicomio perché non si è ancora ripreso.

Lucio è perplesso. Sembra proprio che Franco berta non s’aspettasse di trovare quei resti nel suo giardino, del resto era stato proprio lui a farli scavare in quel posto.

Tornato nel suo ufficio, Lucio riceve i complimenti da tutti i colleghi, ma è evidente che non è soddisfatto.

Scarabocchia su un nuovo foglio di carta "Cu2O" e lo ripete in grande e in piccolo all’infinito, alla ricerca di un’ispirazione. L’appuntato gli mette la consueta tazza di caffè sul tavolo:

Commissario, ma che s’è fissato con quella parolaccia? Culo, culo culo… -

Lucio sbotta seccato: ma quale culo! Cu vuol dire rame, ha capito???

Urla per sfogare il suo malumore a due dita dalla faccia dell’appuntato:

- Rameeeee!!!! Ra come Ravenna e Me come….. - si blocca, folgorato e crolla seduto sulla sua sedia., sussurrando:- … merda!!!!- poi si alza e scappa via, rovesciando il caffè e anche l’appuntato.

- Me come merda?…- balbetta l’appuntato esterrefatto - Il commissario è diventato grullo! -

La mattina dopo, Ramona , buttate le sue cose nella valigia, si avvia verso la porta. Lucio le sbarra il passo, a sorpresa:

- Te ne andavi senza neppure salutarmi? -

- Ti avrei chiamato dall’aeroporto. D’altra parte adesso so che mi sei venuto dietro perché indagavi sulla sparizione di Olga. Ormai hai risolto il caso, non credo di interessarti più -

Lucio butta sul tavolo una busta di nylon: dentro ci sono due anelli d’oro uguali, entrambi con l’incisione misteriosa "Cu2O".

- Ce ne ho messo per capire. Gli anelli erano tre. -

Ramona dà un’occhiata distratta agli anelli:

- Io ne vedo due. -

- Già. Manca il tuo. -

Ramona ride e guarda Lucio divertita: lui dice? Lucio annuisce e spiega:

- Già. Tre anelli uguali per tre amiche del cuore. Niente ossido di rame. Un giochetto tra ragazze: RA come Ramona, ME come Meme e O come Olga. Da cui Ra-me col 2 perché i nomi erano due più la O di Olga. Stupido, in fondo. E tu hai mentito dicendo di non sapere. -

Ramona continua a sorridere: la tesi è ingegnosa ma indimostrabile.

Forse. Ma chissà che non si possa dimostrare che tu eri già venuta in Italia per ammazzare Olga Fortis e poi ci sei tornata trascinata Meme e hai dovuto uccidere anche lei. -

Cos’era successo sul lago di Ginevra? Era stata Olga Fortis ad annegare quel Walter Bassani? Era lei la donna messa in cinta e fatta abortire e forse si è vendicata. Per sapere la verità Ramona è venuta a Firenze e quando ha visto il quadro che Olga stava dipingendo, ha capito che era lei l’assassina e l’ha uccisa. Però si era accorto che Franco Berta aveva assistito all’omicidio. Dopo aver nascosto il cadavere di Olga e ripulito lo studio era uscita dalla porticina che dal bagno porta nel cortile e l’aveva tenuto d’occhio. Così l’aveva visto rientrare nello studio e prendere la borsa piena di dollari.

- Borsa di cui tu non sapevi nulla, vero? -

- Nulla. Come te. Perché anche tu non sai nulla e ti stai arrampicando sugli specchi. -

Lucio prosegue, testardo.

- Quel bravo Walter vi scopava tutte e tre? -

Ramona stringe le labbra in un moto di rabbia, ma si domina:

- Stai costruendo una soap opera, ti pare? Lasciami andare che perdo l’aereo.-

- E mi sa proprio che lo perdi perché ti dichiaro in arresto per quattro omicidi. La notte in cui è morta Meme qui c’eri solo tu. Hai chiamato la polizia e poi l’hai uccisa. Ben pensata. Ci sono cascato come un salame. E anche gli altri due l’hai fatti fuori tu. Angelo Pisca, dove capirlo, sei saltata giù dal mio letto e sei corsa via come una disperata, però poi all’appuntamento nel bar con Meme sei arrivata un’ora dopo. Prima sei andata a uccidere Angelo Pisca e poi ci sei tornata con Meme. Col povero Carlino hai avuto una notte intera per farlo fuori e far sparire la lettera e la tela.

Delitti perfetti. E io ci sono cascato. Levami una curiosità: esisteva davvero una lettera di Olga?

Ramona si siede e posa la valigia. Guarda Lucio gelida:

- Non so di che parli. -

- Hai sepolto il corpo di Olga Fortis nel giardino di Franco Berta nella buca che lui aveva scavato per nascondere la borsa dei soldi. Colpo doppio: i soldi e la certezza che se Berta avesse parlato si sarebbe fregato con le sue mani. Giusto?-

Ramona scuote la testa:

- E con queste stronzate che speri di farmi condannare? Dove credi di vivere, mio povero Lucio, siamo in Italia e ci sono tre gradi di giudizio. Quante giurie speri di convincere col giochetto del "Cu2O"? -

- Sì, hai ragione. Ma ci posso provare. -

E le manette scattano intorno ai polsi di Olga.

 

EPILOGO nel 2025 o giù di lì

 

Ramona rimase in carcere, in custodia preventiva, per due settimane e poi venne rilasciata e tornò a Ivoire, sul Lago di Ginevra, dove si sposò con Serge Brandt, il fratello minore di Walter, entrando così nel gotha cittadino. Ebbero una prima figlia e la chiamarono Meme.

Tre anni dopo fu ritenuta colpevole in primo grado dal Tribunale di Firenze e condannata a 20 anni. Rimase in Svizzera in attesa dell’appello che quattro anni dopo la dichiarò innocente. Ramona aveva intanto avuto un maschietto e l’aveva chiamato Walter.

Il PM impugnò la sentenza e cinque anni dopo la Cassazione accettò il ricorso e il processo d’appello dovette essere ripetuto. Ramona Coppa in Brandt ebbe una terza figlia e la chiamò Olga.

Passarono altri tre anni e stavolta Ramona, riconosciuta colpevole di tutti e quattro gli omicidi, venne condannata a ventisette anni e si iniziarono le pratiche di estradizione.

Ma gli avvocati di Ramona riuscirono di nuovo a fare annullare la sentenza in Cassazione per un vizio di forma. Il procuratore capo Attilio Giordano d’altronde s’era sempre detto convinto dell’innocenza di Ramona e della colpevolezza di Livia Berta, ormai deceduta.

In attesa del nuovo processo Ramona sta per diventare nonna e ha ereditato l’immensa fortuna dei Brandt perché Serge è morto in un incidente d’auto.

Un incidente chiacchierato perché gli è esploso il serbatoio della benzina ma la famiglia Brandt ha messo tutti a tacere dichiarando che è stata una disgrazia.

Lucio Camilleri è rimasto semplice commissario ed è sull’orlo della pensione, mentre il procuratore capo Attilio Giordano è stato proposto come membro della Corte Costituzionale. Così potrebbero andare le cose.

f i n e

 

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