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LA PARENTESI

Gloria non aveva niente di particolare da fare in città, perciò per lei un posto valeva l'altro. Da quando aveva lasciato Newton Highlands, il Massachusetts e l'America, andava in giro con la sua chitarra e quando le capitava suonava in qualche locale di provincia. Era finita in Francia, terra d'origine della sua nonna materna che le raccontava di essere pronipote di una certa Caterina d'Artois di sangue reale.

Da un paio di settimane le cose le andavano particolarmente male, per questo aveva accettato di dare una mano a Marcel in cambio di un centinaio di dollari.

Sembrava una cosa facile: lei doveva stare in macchina col motore acceso e prendere a bordo Marcel dopo che lui avesse arraffato un po' d'oro dalla bacheca di una gioielleria.

Le cose però erano andate diversamente dal previsto. Era suonato un allarme ed era arrivata una macchina della polizia. Dentro al negozio qualcuno aveva sparato. Gloria era scesa dall'auto, approfittando della confusione, e se l'era filata a piedi con la sua chitarra.

Per questo ora si trovava su quella strada statale a fare l'autostop.

Alzò il pollice al passare di un'auto che non rallentò neppure. Non era una strada molto frequentata, forse era meglio tagliare per la campagna sperando di arrivare all'autostrada prima che facesse scuro. Attraversò la strada ma faceva troppo caldo per camminare. Agitò la chitarra verso un camion che tirò dritto rombando e costringendola a fare un balzo indietro.

Quel bastardo di Marcel probabilmente era in carcere, o forse l'avevano addirittura ucciso. Per lei magari sarebbe stata la soluzione migliore, perché non le avrebbe mai perdonata di essere scappata lasciandolo nei pasticci.

La Mercedes coupé si fermò davanti a lei senz'alcun rumore di freni facendola sobbalzare, come se fosse apparsa per magia sulla strada. Si avvicinò alla lucida carrozzeria nera trascinandosi la chitarra mentre i vetri elettrici si abbassavano: si sentì di colpo stanca e decise che avrebbe accettato qualunque cosa pur di mettere il culo su quegli interni di vera pelle.

Si trovò davanti la faccia sorridente di Dottie: bocca ben disegnata, capelli sapientemente pettinati, occhiali scuri avvolgenti. Era raro che si fermasse una donna, una come quella poi, che puzzava soldi da ogni centimetro di pelle, praticamente mai.

-Vuoi un passaggio o mi fai una serenata?- l'interpellò ridendo Dottie levandosi gli occhiali e mostrandole due occhi scuri e ridenti.

Gloria aprì la portiera e si lasciò andare sul grande sedile che la accolse in un abbraccio sensuale:

- L'uno e l'altra se vuoi. - le rispose cercando di mantenersi all'altezza.

Dottie rise e le disse che poteva mettere la chitarra sul sedile posteriore e abbassare lo schienale se voleva riposare. Gloria la ringraziò: doveva proprio essere evidente che era stanca. Si diede un'occhiata nello specchietto di cortesia incollato sul retro del parasole: aveva le occhiaie e i capelli ricordavano più un pagliaio che un parrucchiere, tuttavia nell'insieme poteva gareggiare con quella fottuta riccona. Anche i suoi occhi erano scuri e una volta erano stati ridenti.

-Posso?- chiese prendendo gli occhiali da sole dell'altra. Dottie annuì, già annoiata e pescò una pillola azzurra dal portaoggetti inghiottendola con un sospiro. Gloria si mise gli occhiali e si sistemò i capelli con le dita: ecco, adesso, di spalle in una notte buia avrebbe potuto sembrare anche lei una porca allevata col cucchiaino d'argento. Dottie diede un'occhiata a Gloria mentre premeva sull'acceleratore:

-Ti stanno bene i miei occhiali. Te li regalo. - pizzicò un'altra pillola- Ne vuoi? E' roba buona. -

-Non ne dubito- rispose Gloria più acida del voluto- qui tutto è roba buona.

Dottie rise troppo forte e si ficcò in bocca la pillola. Fece spallucce e premette di più sull'acceleratore. Il coupé scattò in avanti e le ruote fischiarono nella curva. Gloria si dovette aggrappare. Cercò di mostrarsi spiritosa:

-Non ho fretta. - disse. Dottie rise di nuovo e pescò una terza dose dal portaoggetti. Gloria pensò che stava esagerando ma non erano affari suoi: se quella dannata miliardaria voleva sfondarsi insieme a quel gioiello di macchina non sarebbe stata una povera stronza autostoppista con chitarra a cambiare le cose.

Decise di rilassarsi contro lo schienale:

-...tanto è una vita di merda. - concluse a mezza voce, dando involontario suono ai suoi pensieri.

-Perché?- chiese Dottie ma Gloria non le rispose. Dottie pigiò sul freno con forza e l'auto si bloccò con un urlo di pneumatici bruciati. Gloria si trovò aggrappata al cruscotto, con gli occhiali da sole incastrati sulla faccia.

Dottie sbuffò e diede di nuovo gas:

-Vedi che puttanata questi air-bag! E' tutto il giorno che faccio delle gran frenate e non si gonfiano mai. Mi sa che dovrò schiantarmi contro un palo per provarli. Perché di merda?-

Gloria faticò a riprendere il filo del discorso e del sedile e Dottie la guardò seccata:

-La vita, dico. -

-Ah. Così. La mia è di merda. -

-Finalmente una che sa spiegarsi. Sei pratica della costa qui intorno? Io ho una villa da qualche parte sulla scogliera ma non ci sono mai andata. L'ho comprata qualche mese fa da un tizio che adesso è morto. -

- Attenta!- urlò Gloria perché vide Dottie puntare dritto contro il muso di un camion che stava venendo nella direzione opposta. Dottie zigzagò evitando lo scontro frontale e sollevando un effetto doppler di clacson che sembrò un insulto lamentoso.

-Ho suonato un po' dappertutto qui intorno: marina, villaggi turistici, piani bar. Questa zona è piena di merdose ville strafiche. Come troverai la tua, Pollicina?-

Dottie le mise sulle cosce una cartina e la sua mano si attardò più del necessario sulla sua pelle abbronzata. Gloria non ci fece caso: sulla carta c'era un punto rosso con una freccetta e la scritta Nike.

-Nike?- chiese Gloria.

-Vuol dire vittoria. E' il nome della villa. -

-E tu ci vai per la prima volta?-

Dottie annuì accelerando per sorpassare una Jaguar metallizzata coi vetri a specchio che subito accelerò in risposta.-E non conosci nessuno? -

Dottie fece di no con la testa, ci andava proprio per questo e stare qualche giorno in pace, rispose già distratta e tesa nel non farsi raggiungere dalla Jaguar metallizzata. Dottie accelerò ancora e affrontò un paio di curve al limite della tenuta di strada facendo urlare le gomme.

Due poliziotti in moto sbucarono da un viottolo laterale accendendo le sirene e si lanciarono all'inseguimento.

Gloria si aggrappò al maniglione sopra la portiera e urlò a Dottie di rallentare che dietro avevano la polizia. Dottie le diede uno sguardo di disprezzo:

-La polizia è per i poveracci come te. Io vado in culo alla polizia...- e accelerò ancora. Imboccò un rettifilo a duecento all'ora e le moto dei due agenti restarono indietro. Dottie rise eccitata.

Gloria le mise una mano su un braccio e le gridò:

-Ferma. La poveraccia vuole scendere. -

Dottie si liberò con uno strattone, gli occhi accesi, esaltata:

-Tu vuoi? Tu non vuoi un cazzo. - rise della sua battuta volgare e affrontò la curva tenendo il volante con una mano sola. L'auto cominciò a perdere aderenza con l'asfalto. Dottie tolse il piede dall'acceleratore e pigiò sul freno: la vettura sbandò e poi fece due volte testa-coda, divelse sei metri di garde-rail e si schiantò urtando lateralmente contro un albero.

Gloria urlò vedendo il mondo vorticare per due volte e chiuse gli occhi mettendosi un braccio davanti al viso.

Quando tutto fu silenzio si scosse dalla polvere di vetro del parabrezza esploso nell'urto e riaprì gli occhi: Dottie non c'era più. Dalla sua parte anche lo sportello era scomparso.

Gloria riuscì a lasciare quella lamiera contorta e si guardò intorno: lo sportello giaceva sul ciglio della strada. Corse da quella parte.

Il corpo di Dottie galleggiava, a faccia in giù, nell'acqua pigra di una marrana che la stava portando via.

Il suono delle sirene dei poliziotti la fece voltare di scatto: non doveva farsi prendere dalla polizia! Forse Marcel aveva fatto il suo nome e l'avrebbero messo in una cella per chissà quanto tempo. La testa le faceva un gran male per la botta e vide il mondo diventare nero.

Qualcuno la sorresse e si trovò a guardare due occhi azzurri e sorridenti. Il poliziotto fu particolarmente gentile e la aiutò a sedersi ai piedi di un albero.

-Lei andava davvero troppo forte, signorina. Può essere contenta di essere viva. Niente di rotto, vero?-

Gloria scosse il capo. L'altro poliziotto stava ispezionando l'auto di Dottie e trovò una borsetta e la chitarra.

Gloria fece un gesto di protesta per la chitarra che sembrava intatta e il poliziotto dagli occhi azzurri equivocò e le sorrise:

-Dobbiamo vedere i suoi documenti. Sono nella borsetta? Possiamo prenderli?-

Gloria guardò il giovane uomo senza capire, poi si portò una mano sulla fronte. Il poliziotto annuì al collega che pescò nella borsetta un rotolo di dollari, face una smorfia e li ributtò dentro, poi la sua emerse con la patente di Dottie. Diede appena un'occhiata a Gloria, controllò il bollo e la passò all'altro. Nessuno dei due badò alle differenze, del resto poco visibili, tra la fotografia un po' logora di Dottie e la faccia di Gloria. L'agente con gli occhi azzurri si accovacciò davanti a Gloria sorridente:

-Io mi chiamo Gerald. Gerald Dershin. Se la sente di alzarsi signorina Dottie Fraser?-

Gloria cercò di protestare ma Gerald le offrì le mani come appiglio per alzarsi:

-Coraggio, è tutto passato e le andata bene. Adesso chiamiamo un'auto via radio e così lei può tornare a casa.-

-Non stavo andando a casa. - Gerald sbirciò di nuovo la patente. L'indirizzo era Evanston, Chicago, Illinois. Le sorrise più che amichevole e Gloria le disse quello che Dottie aveva detto a lei.

-La villa Nike! Conosco il posto!- si voltò verso l'altro poliziotto- Ti ricordi di Mirko? Quello che lavorava al Majestic? Hanno assunto lui poche settimane fa, lui e la moglie, li hanno assunti tramite un'agenzia. Son settimane che lustrano quella casa aspettando di conoscere la loro nuova padrona.- Gerald guardò Gloria un po' intimidito. La ragazza si alzò e sorrise. Il mal di testa le stava passando. Quei due l'avevan presa per Dottie Fraser, quella strafica miliardaria. Meglio così.

Gerald chiamò un'auto via radio mentre Gloria diede un'occhiata alla borsetta di Dottie: c'erano varie carte di credito e in una tasca ventimila franchi in contanti.

-Chiamerò io il carro attrezzi e farò portare quel che resta della sua auto in un'officina. Credo che le converrà accettare un'offerta come rottame. -

Gloria alzò le spalle e Gerald annuì triste: certo a una come lei non doveva fregare nulla di aver distrutto quella gran bella macchina.

Non ci fu verso per Gloria di liberarsi del poliziotto dagli occhi azzurri. Gerald insistette per accompagnarla con l'auto fino alla villa e presentarla personalmente a Mirko e a sua moglie Maria come la loro nuova padrona di casa.

Alla villa, una sontuosa costruzione al centro di un grande parco, Gloria ebbe un momento di imbarazzo, ma si riprese subito. Dottie le aveva detto di non essere mai stata là e la coppia di camerieri era stata assunta da poco: non potevano certo smascherarla. Gerald consegnò a Mirko le due valige di Dottie che aveva recuperato intatte nel bagagliaio dell'auto, Gloria si preoccupò della sua chitarra pizzicandole le corde che suonarono un accordo perfetto. Gerald guardava Gloria con l'espressione di chi intravede un paradiso impossibile e quando la ragazza lo ringraziò, riuscì a balbettare la richiesta di un permesso per venirla a trovare di tanto in tanto, per controllare che si trovasse bene, aggiunse.

Gloria avrebbe voluto dire no, ma non poteva dispiacere a un poliziotto.

Mirko e Maria erano simpatici, di mezza età, cordiali e comunicativi . Si felicitarono con grandi esclamazioni di approvazione che una donna bella e ricca come lei avesse comprato quella stupenda villa in uno dei posti più belli della costa.

Dal terrazzo della villa il panorama era davvero suggestivo: il verde degli alberi arrivava fin quasi al blu del mare in un rincorrersi di piccoli golfi punteggiati qua e là da ville e piccoli paesi.

Mirko e Maria le prepararono una bella stanza d'angolo con vista sul golfo e le disfecero le valigie piene di vestiti costosi e biancheria raffinatissima.

Maria vuotò il beautycase allineando davanti alla specchiera della toilette profumi e ciprie e le disse che, se voleva riposare, la cena sarebbe stata servita alle otto. C'era anche una videocassetta.Rimasta sola Gloria si spogliò e si mise sotto il getto caldo della doccia. Tutt'intorno un complicato gioco di specchi ripeteva la sua immagine. Più tardi, nuda davanti ad una delle specchiere appannate, cominciò a meditare sulla propria situazione tracciando disegni con le dita che la mostravano un po' alla volta a se stessa. Quella situazione non avrebbe potuto durare.

Presto qualcuno avrebbe trovato il cadavere della vera Dottie Fraser e allora, chissà, l'avrebbero accusata d'omicidio. Certamente di mancato soccorso e di occultamento di cadavere. Avrebbe dovuto andarsene subito, si ripeteva Gloria, e rimettersi in mezzo alla strada con la chitarra a tracolla.

Però quel posto era così bello e pieno di pace, così lussuoso ed era così piacevole vedere la riverenza negli occhi di Maria mentre le diceva che la cena sarebbe stata servita alle otto. Anche il bagno era lussuoso, con tanto oro e rococò, e il letto sontuoso le ricordava una qualche Versailles cinematografica.

-Per una notte non succederà niente...- si autoconvinse Gloria facendosi le boccacce allo specchio- Per una notte farò la strafica miliardaria...-

Aprì tutti i profumi, le creme, le ciprie. Un cofanetto conteneva le pillole blu con cui Dottie si dava la carica. Ci giocherellò un poco con quel cofanetto e poi decise che, visto che era per una sola sera, tanto valeva godersi tutto e ne inghiottì un paio. Prese la video cassetta e là infilò nel lettore sotto al televisore. L'avviò: era un promo recitato da Dottie Fraser a proposito di una finanziaria delle Bahamas. Bei paesaggi, un grattacielo e Dottie che firmava contratti di mutui che ella definiva con smaglianti sorrisi e generose scollature, "molto convenienti".Infilata in uno dei begli abiti di Dottie, Gloria si stava godendo la gioia di una cena ben preparata e servita negli argenti al lume di candela davanti al mare punteggiato di lampare, quando una scampanellata la fece sussultare.

-La signora attende qualcuno?- chiese Maria. Gloria scosse il capo spaventata.

Mirko andò ad aprire e Gloria sentì, con la morte nel cuore, delle voci allegre avvicinarsi. Adesso sarebbe stata scoperta!

-Due suoi ammiratori, signora Dottie- annunciò Mirko - i signorini Winkelsman.-

Si fece di lato ed entrarono Minou e Klaus. Gloria li fissò pallida e immobile. Klaus abbozzò un inchino mentre Minou, bruna e bellissima, si avvicinò tendendole le mani:

-Ho sentito tanto parlare di lei che non mi pare vero di incontrarla! Appena ho saputo da Maria che era arrivata la padrona della villa mi sono precipitata qui. Mi chiamo Minou e scrivo su una rivistina di moda locale. Ho letto il suo articolo su Vogue. Assolutamente perfetto.-

Gloria prese le belle lunghe mani di Minou fra le sue e non oppose resistenza all'abbraccio appassionato della sconosciuta che le presentò Klaus come il suo "fratellino". Klaus sorrise, si chinò a baciarle la mano e gli occhi scuri brillarono di interesse.Gloria ne fu deliziata e lasciò esplodere il suo sollievo per non essere stata riconosciuta insistendo perché cenassero con lei, con un'eccitazione che tradiva l'effetto delle due pillole blu. Minou volle che Klaus le scattasse una foto con la grande Dottie Fraser e Gloria si prestò divertita.Fu una strana serata. Minou e Klaus erano divertenti, spiritosi e liberi da ogni tipo di remora o di pregiudizio. A volte sembravano più amanti che fratello e sorella e forse lo erano. Minou accarezzò le gambe di Gloria col polpastrello di un solo dito e Gloria ebbe un brivido.

Minou la avvolse in un sorriso radioso e le sussurrò che anche lei trovava nell'appagamento sessuale il massimo del godimento possibile in questa valle di lacrime, proprio come sosteneva lei nel suo articolo su Vogue.

Gloria, ogni volta che il discorso cadeva su fatti del passato di Dottie, che ovviamente ignorava, cercava di non dare risposte ma Minou pareva aver captato questa sua debolezza perché ci tornava sopra e la fissava con quei suoi occhi profondi e sensuali che la turbavano. Klaus brindò a Dottie Fraser nella sua qualità di propugnatrice del libero amore.

Gloria rise e non si oppose all'improvviso bacio di Klaus che la strinse tutta a sé, accarezzandole il collo, la schiena per poi sfiorarle sapientemente il seno abbassandole con dolcezza le spalline del vestito.

A quanto pareva la vera Dottie Fraser era ritenuta una delle più grandi scopatrici dei Due Mondi e i baci e le carezze di Klaus erano eccitanti e travolgenti.

Klaus prese a baciarla per tutto il corpo e Gloria si abbandonò nonostante la presenza di Minou, che dal canto suo guardava affascinata la seduzione del fratello.

L'alba li sorprese spossati sulla spiaggetta della villa e Gloria fu lieta di poter infilarsi sotto la coperta di seta del suo grande letto regale.

La svegliò Maria che era quasi mezzogiorno portandole una coloratissima colazione a letto: tra frutta, fiori, succhi e caffè il grande vassoio d'argento sembrò una cornucopia d'abbondanza agli occhi trasognati di Gloria che stentò per alcuni secondi a riprendere il filo dell'avventura. Poi ricapitolò mentalmente: quella Dottie oltreché miliardaria doveva anche essere una gran troia. Ma forse tutti i ricchi sono così, se uno può sempre fare tutto finisce che si annoia.

Decise che si sarebbe "annoiata" almeno per un altro giorno e mangiò tutto con voracità. Con un semplice colpo di telefono e il numero di una delle carte di credito di Dottie ottenne che le portassero uno spider rosso e indossò un abito di seta dello stesso colore dal taglio sapiente e si accinse a vivere la sua giornata da miliardaria.

-Una chiamata per lei da Chicago. - le sorrise Maria portandole il telefono cellulare fin dentro il bagno. Troppo tardi per far dire che non c'era. Dovette rispondere.

-Hallò...-

Una voce d'uomo, bassa e profonda, le disse:

-Qui han paura che sia inutile scappare così. Pensano che ti troveranno. Comunque se ce la fai a sparire per un po' magari riusciamo a sistemare tutto. Poi c'è quello stronzo di Drenel, il banchiere, a cui stan cedendo i nervi. Abbiamo paura che parli. Qui vorrebbero usare il solito sistema.-

-Il solito? Ah sì, il solito... va bene...- bofonchiò Gloria.

-Sei una gran figlia di puttana - rise lo sconosciuto da Chicago e aggiunse- Leggi i giornali domani.- Gloria sentì che aveva riattaccato. Chissà in quali impicci era immersa la vera padrona di quella villa...›Si mise al volante e puntò verso la città: ormai per la polizia lei era Dottie Fraser.

Mentre percorreva a passo d'uomo il lungomare, occhiali scuri bene inforcati, godette dell'ammirazione della gente: per la macchina, per lei, per la ricchezza che emanava l'insieme.

Aveva l'esaltante sensazione del potere. Fermò l'auto davanti all'hotel Majestic e fece un cenno ad un inserviente che subito accorse premuroso. Gli disse di parcheggiarle l'auto e gli voltò le spalle senza attendere risposta.

Gloria guardava le vetrine lussuose in modo nuovo, con la coscienza di poter comprare "quelle" cose. Entrò da un gioielliere e si comprò un Cartier. Se lo mise orgogliosa al polso. Entrò in una banca, esibì una delle carte di credito di Dottie, chiese e ottenne mille dollari in contanti. Entrò in un negozio di alta moda e scelse sei vestiti ordinando che glieli mandassero alla villa.

Si fermò contro la balaustra, davanti al mare. Le spiagge erano piene di bella gente, il porto era pieno di grandi yacht: ma dove era vissuta lei fino ad oggi? Chiuse gli occhi e offerse la faccia la sole, godendo dell'essere come sanno fare solo i bambini.

-Sei bellissima così...-

Gloria trasalì e aprì gli occhi mentre le labbra calde di Minou le sfioravano il collo.

Gloria rise imbarazzata e Minou la prese sottobraccio: la notte precedente era stata la più esaltante della sua vita. Mentre parlava le accarezzava il braccio e Gloria e si staccò da lei con un movimento brusco:

-Io non sono una fottuta lesbica. - Minou la guardò sorpresa per un attimo poi scoppiò a ridere come se avesse detto chissà quale amenità.

Gloria cominciava a seccarsi. Si levò gli occhiali per guardare dritto negli occhi Minou ma non riuscì a dire nulla perché una voce maschile la gelò:

-Ma guarda chi si vede! La mia cara Gloria!-

Con tutto il controllo che poté esercitare su di sé nell'udire quella voce, Gloria si rimise gli occhiali e si voltò lentamente.

Marcel si fermò titubante e questo bastò a Gloria per rispondere senza alcuna intonazione:

-Se si rivolge a me sbaglia persona. In tutti i sensi, buon uomo. -

Fu quel "buon uomo" pronunciato con aristocratico disprezzo e il taglio del vestito, il luccicare del Cartier e l'aria di ricchezza che avvolgeva Gloria, a far esitare Marcel che prese a passarsi una mano sul petto e poi sul mento continuando a fissare la donna. Tentò:

-Eppure tu sei Gloria...- poi corresse- Tale e quale. -

-Non credo che sia un complimento. - tagliò corto Gloria prendendo per un braccio Minou e avviandosi senza più curarsi di Marcel.

-E Klaus?- chiese Gloria a Minou tanto per rompere l'aria di imbarazzo che avvertiva in sè.

-Al lavoro. -

-Che lavoro fa?- domandò Gloria e Minou rise di nuovo in quel suo strano modo esagerato.

 Gloria tornò a prendersi l'auto nel tardo pomeriggio e diede venti dollari all'inserviente che si inchinò tre volte: "sei dollari e sessantasei cents per inchino" pensò Gloria e non le sembrò affatto caro. Le piaceva tremendamente la gente che le faceva gli inchini ma doveva interrompere la fiaba. Quel porco di Marcel l'aveva riconosciuta e non avrebbe mollato l'osso tanto facilmente. L'aveva vista ben vestita e in grana, avrebbe cercato di attaccarlesi addosso come una sanguisuga: "la mignatta della mignotta " pensò e il gioco di parole la fece ridere forte mentre il vento della corsa le gonfiava i capelli.

Nonostante tutto si sentiva stranamente felice, forse era la pillola blu che aveva inghiottito prima di uscire.

Frenò bruscamente davanti alla villa: c'era un'auto della polizia nel giardino. Si sentì perduta. Avevano certo trovato il cadavere di Dottie. Innestò la marcia indietro per fuggire ma dall'auto scese Gerald, il poliziotto dagli occhi azzurri, e la salutò con la mano:

-Signorina Dottie, mi deve firmare il verbale per l'incidente di ieri!-

Gloria spense il motore e scese. Se continuava a chiamarla Dottie poteva ancora sperare di farla franca. Gerald si offrì di accompagnarla nell'officina dove aveva fatto rimorchiare il relitto dell'auto: una brutta botta, il carrozziere offriva solo cinquemila franchi. Gloria rispose che era stanca e Gerald ci rimase male.

-Senta, lei è un angelo, ma io non mi sono ancora del tutto ripresa dallo shock. Magari un altro giorno eh?- gli sorrise e Gerald si illuminò tutto felice.

Gloria si era già voltata per andare nella villa quando un'idea improvvisa la colpì e fece un cenno al poliziotto:

-Succede mai niente di grave da queste parti? Che so, morti ammazzati, roba così...-

-Ultimamente abbiamo avuto degli atti terroristici. Ma a parte quelle cose lì un mese fa un marito ha ucciso la moglie. L'anno scorso invece c'è stato un regolamento di conti tra bande criminali: tre morti. Perché?-

-Niente. Un tizio mi ha dato fastidio oggi in città...-

Gerald tirò fuori subito penna e taccuino per avere un identikit promettendo alla donna un'azione immediata e risolutiva. Era così dolcemente patetico il poliziotto nella sua ansia di compiacere che Gloria gli sorrise materna.

-Non importa. Se mi darà ancora fastidio glielo dirò.-

-Mi chiami a qualunque ora del giorno e della notte. Ecco questo è il numero di casa mia e questo della Centrale. Ad ogni ora del giorno e della notte. -

Gloria decise che poteva osare. Andò sul civettuolo e gli disse che aveva fatto un brutto sogno dopo l'incidente. Aveva sognato di essere affogata in una roggia, l'acqua era bassa ma non riusciva ad alzarsi.

Gerald annuì comprensivo: è un classico dei sogni quello di non riuscire a fare le cose facili per questo i sogni diventano angosciosi.

Gloria lo salutò e si diresse verso la villa: evidentemente nessuno aveva ancora trovato il corpo di Dottie. Ma l'avrebbero trovato certamente e quindi era meglio tagliare la corda.

Andò in camera a prendere la chitarra e la borsetta col denaro di Dottie. Sarebbe scappata con la spider oltre confine e poi l'avrebbe abbandonata da qualche parte. Si trovò Maria davanti, così inaspettatamente che urlò. La donna le diede un'occhiata sorpresa e poi le disse:

-E' venuta una donna a cercarla nel pomeriggio. Ha detto di chiamarsi Gloria.-

Gloria restò un momento a fissare il viso apparentemente sereno di Maria alla ricerca di qualche segno diabolico. Poi si scosse e le disse che avrebbe preso l'auto, cenato fuori, che sarebbe tornata tardi e di non aspettarla.

-Con la chitarra, signora?- domandò Maria.Gloria buttò la chitarra sul letto riuscendo a sorridere. Poi uscì in fretta e Maria le fece un lieve inchino.

Gloria si affrettò verso la spider spiando tra le prime ombre della sera che si addensavano sotto le folte chiome degli alberi del giardino. Si sedette al volante e allungò la mano per girare la chiavetta dell'accensione: ma le chiavi non erano infilate al loro posto.

Una mano d'uomo la prese da dietro chiudendole forte la bocca mentre con l'altra le fece spenzolarle davanti al volto le chiavi della macchina.

-Cercavi queste, Gloria?-

Vide il volto di Marcel riflesso nello specchietto retrovisore. L'uomo ghignava soddisfatto. Allentò la stretta e raccontò di aver sparato sui poliziotti che se l'eran fatta sotto ed era corso in strada. Peccato che lei non ci fosse più, fortuna che aveva lasciato almeno l'auto ed era riuscito a scappare inseguito da qualche raffica di mitra che aveva bucato il serbatoio. Dopo cinque chilometri era fermo ma se l’era data a gambe.

Gloria cercò di giustificarsi ma Marcel fu stranamente generoso: nessuna scusa, in quei momenti non tutti sanno tenere a posto i nervi. Piuttosto che fine aveva fatto fare alla vera Dottie Fraser? Quello sì che avrebbe potuto interessare la polizia visto che lei ne aveva preso il posto e i soldi.

Gloria le disse dell'incidente ma Marcel rise: che stronzata di alibi! Qual'era la verità? Cercava di scappare con la macchina di Dottie quando era arrivata la padrona e le aveva dato un esagerato colpo in testa con la chitarra?-Che vuoi?- gli chiese Gloria piena di rabbia. Marcel si strinse nelle spalle: che può volere un uomo che scopre che la sua socia ha fatto carriera? Dividere il denaro e la felicità...

Gloria lo guardò furibonda e gli intimò di andarsene. Marcel sorrise accondiscendente: questo si poteva trattare ma le sarebbe costato un bel po' di verdoni. Gloria saltò giù dall'auto e affrontò Marcel senza alzare la voce ma con una determinazione nuova:

-Attento, piccolo cialtrone bastardo. Tu non stai più minacciando quella poveraccia di Gloria, tu stai minacciando Dottie Fraser che ha ben altro potere.-

Marcel sorrise, messo in lieve disagio dalla fermezza di Gloria. Spalancò le braccia assumendo l'aria più innocente che gli fu possibile: se proprio non era gradito se ne sarebbe andato cinquantamila dollari, una sciocchezza per Dottie Fraser...

Gloria cercò di riprendersi le chiavi dell'auto ma Marcel si ritrasse:

-Se pensi di potertela filare ti sbagli. -

Gloria tornò nella villa: rabbia e paura diedero uno strano suono alla sua voce quando urlò con imperio a Maria di aver cambiato idea e che avrebbe cenato a casa.

Corse su per la grande scala di marmo ma si bloccò sul pianerottolo: qualcuno stava suonando la chitarra. Guardò verso la cucina e vide Maria intenta ai fornelli. Lentamente si avvicinò alla porta della sua stanza e il suono cessò. Mise la mano sulla maniglia, esitò e poi spalancò l'uscio con forza: la sua chitarra era sul letto e le tende della portafinestra che davano sul terrazzo sembravano spinnaker gonfi di vento, ma nella stanza non c'era nessuno. Corse in terrazza: nessuno neppure lì. Si affacciò e vide nel giardino Mirko intento a potare un albero arrampicato su di una lunga scala. Il tramonto arrossava il mare calmo tingendolo di sangue. Un grosso motoscafo puntava verso la villa e Gloria riconobbe a prua Minou col suo bel fratello.

Un rumore di vetri infranti proveniente dal bagno la fece trasalire. Corse dentro, attraversò la camera e aprì la porta del bagno: una bottiglia di profumo giaceva frantumata sul pavimento.

Gli specchi moltiplicarono la sua immagine ma non c'era nessuno. Gloria si accorse che qualcosa mancava sulla grande mensola della toilette: il cofanetto delle pillole era sparito!

Controllò le ciprie, le creme, i profumi: quel cofanetto non c'era più. Alzò gli occhi sulla specchiera e urlò di terrore: riflessa nel gioco degli specchi per una frazione di secondo le sembrò di vedere il volto di Dottie!

Scostò la porta a specchi della doccia, gli occhi colmi di paura, ma non c'era nessuno. Corse fuori, afferrò la chitarra ma la porta della stanza si aprì di scatto e Dottie levò la chitarra in alto per difendersi. Di nuovo si trovò davanti a Maria che la guardò incuriosita.

-Sono arrivati i signori Winkelsman. Apparecchio per tre, signora Dottie?-

-No. Non voglio vedere nessuno. Li mandi via e poi chiuda tutte le porte.-

Maria le diede un'occhiata critica ma si inchinò ed uscì. Gloria girò due volte la chiave nella toppa. Si sentiva in trappola. Vide il telefonino poggiato vicino al letto e si frugò in tasca alla ricerca del bigliettino datole da Gerald, il poliziotto. Lo trovò e fece il numero. Cercò di mantenere la voce tranquilla e gli disse che stava aspettando una sua amica che doveva arrivare da Parigi e che tardava troppo. C'era stato qualche altro incidente? Gerald, emozionato per la chiamata, assicurò a Gloria che non c'era stato nessun incidente, almeno nella sua zona ma che ora avrebbe fatto un fonogramma per avere notizie su tutti gli incidenti dello Stato.

Gloria gli disse che non era necessario, ringraziò e chiuse la comunicazione. Spense la luce e uscì sul terrazzo per spiare il giardino buio: Marcel era sempre là?

Il motoscafo dei Winkelsman dondolava legato ad una bitta del moletto privato. Non se n'erano ancora andati. Che cosa aspettavano?

Il telefonino emise il suo trillo allegro e Gloria tornò dentro. Esitò prima di rispondere:

-Chi parla?-

Rispose una voce di donna senza intonazione:-C'è un televisore lì intorno?-

-Sì...-

-Accendi. Stanno dando la notizia.- Clik.

Gloria si precipitò a pigiare i bottoni del telecomando. C'era il telegiornale e stavano inquadrando il ponte di Notre Dame di Parigi visto da sotto. C'era delle fotoelettriche che illuminavano dei poliziotti che portavano via il corpo d'un uomo mentre lo speaker diceva"...potrebbe essere un suicidio anche se i primi commenti sono molto scettici. Uno che si vuole ammazzare difficilmente va ad impiccarsi sotto al ponte di Notre Dame.

Il banchiere Drenel si trovava in grave situazione finanziaria da quando la Commissione degli Esteri lo aveva incriminato per sospetto traffico d'armi con Damasco. Implicato in un vasto traffico di riciclaggio di denaro sporco con il coinvolgimento di grandi banche americane e molte società finanziare tra le quali, pare, alcune facenti capo alla ben nota Dottie Fraser che da due giorni sembrava essersi volatilizzata. Domattina sia il banchiere Drenel che la Fraser avrebbero dovuto rispondere alle domande dei giudici. Forse qualcuno aveva preferito farli tacere per sempre. Ed ora lo sport. Oggi grande incontro di...-

Gloria spense il televisore. Si sentiva la testa scoppiare: il banchiere Drenel... dobbiamo fare come al solito? Le avevano chiesto. E lei aveva detto "Come al solito. Va bene..."

Quello era "il solito"? Qualcuno avrebbe fatto la pelle anche a lei? Di chi aveva preso il posto in quella maledetta villa?

Sentì il rombo del motore del motoscafo che si accendeva e corse fuori per chiamare Minou, adesso non voleva più stare sola. Alzò una mano e aprì la bocca per chiamare ma si bloccò: a poppa del motoscafo, ben illuminato dai faretti del molo, c'era Marcel e stava stringendo la mano di Klaus che poi scese a terra a fianco di Minou mentre il motoscafo si allontanava nella notte portandosi via il suo ex-complice.Minou alzò lo sguardo verso il terrazzo e Gloria istintivamente si ritirò in una zona d'ombra. Vide che i due Winkelsman tornavano verso la villa.Dopo qualche minuto Maria bussò alla porta della stanza e le disse che i signori Winkelsman insistevano per parlarle. Gloria disse che non si sentiva bene e che voleva dormire, ma la voce di Klaus, allegra, le arrivò da dietro l'uscio:

-Marcel ci ha detto tutto, cara. Per noi non cambia niente. Hai bisogno di aiuto e di parlare con qualcuno. Ti prego, apri.-

Gloria girò la chiave due volte nella toppa e Klaus corse ad abbracciarla

-Che avete detto a Marcel? Perché è andato via?-

-Detto?- la irrise Minou - Gli abbiamo detto che l'assegno da cinquantamila dollari era pagabile al portatore, ecco cosa gli abbiamo detto.-

-E anche che se tornava avremmo pagato qualcun altro per fargli girare le pale dell'elica nella pancia.- aggiunse Klaus ridendo.

Gloria cercò di sorridere ma aveva ancora paura. Klaus la tirò a sé e la baciò. Gloria si aggrappò a lui disperatamente rispondendo al suo bacio e Klaus cominciò a spogliarla. Rotolarono avvinghiati sul letto.

Minou lentamente, gli occhi sgranati per l'eccitazione, cominciò a tirar giù la lunga cerniera lampo che aveva sul fianco del vestito.Il giorno seguente il sole splendeva nel cielo senza nubi. Nel grande letto regale Gloria, Klaus e Minou dormivano, nudi tutti e tre. Gloria aprì gli occhi e guardò i due. Si alzò senza far rumore, chiuse gli occhi perché si sentiva sfinita. Raccolse il proprio vestito, le scarpe, la chitarra e aprì la porta per svignarsela ma lo voce gelida di Minou la bloccò sulla porta:

-Un altro passo e ti sparo. -

Minou impugnava una P38 puntandogliela contro. Nuda, con l'arma in pugno e il volto teso, Minou non sembrava proprio scherzare. Si mosse anche Klaus che realizzò la situazione in una sola occhiata e disarmò la sorella con un sorriso tranquillo: che bisogno c'era di usare simili modi con Gloria? C'era ormai un patto fra loro e anche qualcosa di più caldo...

Klaus saltò giù dal letto e prese Gloria per mano, richiudendo la porta. Gloria tremava dallo spavento e Klaus le fece correre un dito dalla gola fino al centro del seno. Gloria non poté controllare un brivido di piacere ma gli levò la mano con rabbia poi spalancò la porta e chiamo forte il nome di Maria. Nessuno rispose nella villa silenziosa. Guardò Klaus che ora le sorrideva con aria meno amichevole e richiuse la porta. Le spiegò in tono piatto che avevano creduto bene di licenziare Marie e Gerald e rimanere soli loro tre nella villa: dovevano fare un certo lavoro ed era meglio non avere testimoni.

-Quale lavoro?- chiese Gloria preoccupata. Minou si infilò una delle belle vestaglie di pizzo di Dottie e andò ad accendere il videoregistratore. Sullo schermo riapparve Dottie col suo promo. Gloria disse che l'aveva già visto ma Klaus le fece cenno di pazientare. Bloccò l'immagine là dove Dottie firmava un contratto di mutuo e sorrise a Gloria: notato niente? Gloria scrollò le spalle irritata.

-Vedi, cara, la vera Dottie era mancina. Dovrai imparare a firmare con la sinistra, tesoro. -

Gloria guardò i due: avevano saputo la verità fin dal principio? Minou scosse il capo, la prima sera no. Poi avevano fatto quella foto, ricordava? In redazione ne avevano trovata una della vera Dottie Fraser e c'erano un bel po' di differenze, quindi, a meno che si fosse fatta una plastica per nascondersi... però poi avevano visto il nastro e notato che lei non era mancina...

-La fotografia l'ho fatta pubblicare lo stesso però. Così avvaloriamo che tu sei Dottie!- terminò tutta contenta Minou mostrando a Gloria la copia di una rivista locale su cui spiccava la loro fotografia, quella che Klaus aveva scattato la prima sera, con una grossa didascalia in cui si annunciava l'arrivo di Dottie Fraser nella sua villa sulla costa.Gloria trasalì e Minou cercò di tranquillizzarla: difficilmente qualcuno avrebbe saputo dire che in quella foto non c'era la vera Fraser.Gloria era confusa. Klaus le prese le mani fra le sue assicurandole che non avrebbero mai tradito quello che chiamò "il loro piccolo segreto".Il racconto dell'incidente e della morte di Dottie sollevò gridolini di incredula allegria da parte di Minou e di Klaus che evidentemente non credevano a una sola parola, ma quando Gloria giurò che era la verità, Klaus le assicurò che quella verità a loro andava benissimo.-Non mi denuncerete alla polizia?- chiese Gloria incerta e Minou e Klaus risero. E perché mai? Quel loro "piccolo segreto" sarebbe stato di grande vantaggio per tutti e tre.

Minou scese per preparare la colazione e Klaus trovò e stappò una bottiglia di champagne, ne offrì una coppa a Gloria e brindò:-A te che sei diventata ricca e a noi che siamo i tuoi soli amici!-

-Dobbiamo festeggiare!- disse Minou tornando col vassoio della colazione dove c'era anche una scatolina d'ebano piena di polvere bianca.

Offrì una cannuccia d'argento a Gloria che si ritrasse. Ma Minou insistette: non poteva rifiutarsi se glielo chiedeva lei!

Qualcosa nel tono di Minou non piacque a Gloria che però obbedì e aspirò un po' di polvere infilandosi la cannuccia nel naso. Minou aspirò generosamente a sua volta e Klaus ne prese un buon pizzico riempiendosi il cavo della mano sinistra tra pollice e indice per poi aspirare la droga con entrambe le narici.

Gloria non riusciva a tirarsi su e raccontò la storia della telefonata e della morte del banchiere Drenel. Minou fece spallucce accarezzandole il collo:

-Di che ti preoccupi? Quelle erano porcherie della vera Dottie... pensiamo a noi, tesoro..-

Fermarono sul video l'inquadratura del promo di Dottie in cui si vedeva abbastanza bene la firma che doveva servire da modello per Gloria.

Klaus vuotò sul letto la borsetta di Dottie e frugò in ogni tasca. Si appropriò del rotolo di banconote, delle carte di credito e di un blocchetto di assegni. Gloria protestò ma Klaus le disse che i soldi servivano per coprire l'assegno dato a Marcel, altrimenti sarebbe andato alla polizia o tornato con qualche compare per dar loro fastidio.

Klaus se ne andò in città e per ore Gloria si esercitò ad imitare la firma di Dottie mentre Minou le faceva la guardia curandosi le unghie.

Verso sera Minou, stanchissima, era riuscita a scarabocchiare qualcosa di vagamente simile alla vera firma di Dottie Fraser ma era ben lontana dalla perfezione. Buttò la penna sbuffando. Minou controllò gli ultimi fogli poi, senza una parola, raccolse la penna e la ripiantò saldamente fra le dita di Gloria che aprì la bocca per protestare ma suonò il telefonino. Rispose Minou, poi coprì il microfono con una mano: era una chiamata per Dottie da NewYork. Meglio far loro sentire sempre la stessa voce. -Hallo...- disse Gloria e le rispose la voce maschile profonda e bassa:

-Con chi sei?-

-Un'amica...- L'uomo ridacchiò poi aggiunse in tono grave:

-Ce li hai addosso, bella. Dovunque tu sia ti conviene cambiare nascondiglio. Sono incazzati a morte. Vogliono sapere chi garantirà i loro crediti a Damasco e a Bagdad adesso che quello stronzo di banchiere è morto. Forse troveremo un accomodamento ma mi ci vuole almeno una settimana. Hai capito?-

-Sì... una settimana...-

-Se mi dici dove vai ti mando due dei nostri con le palle e...-

-No.-

-Come vuoi, Dottie. Se riesci a rimanere viva per una settimana forse diventerai vecchia.

Gloria rimase col telefonino in mano, bianca di paura. Lo posò e prese la chitarra avviandosi verso la porta. Minou le sbarrò il passo.

-Devo squagliarmela, Minou - le spiegò Gloria- Vogliono ammazzare Dottie e finiranno per ammazzare me se sto qui. Devo tornare ad essere Gloria. -

Minou la colpì all'improvviso con un fortissimo manrovescio che la mandò a sbattere contro la spalliera del letto e poi a terra con la bocca piena di sangue.

Gloria, gonfia di rabbia, afferrò la P38 rimasta sul comodino e gliela spianò addosso. Minou la fissò per qualche secondo spaventata poi le sorrise con insolente disprezzo.

Lentamente avvicinò le forbicine con cui si stava facendo la manicure agli occhi di Gloria, dicendole:

-Sei solo una piccola troia, non hai il coraggio di sparare. Forza, spara, se no ti cavo uno di quei tuoi begli occhi...-

Gloria si ritrasse, Minou la sovrastava, vicinissima. La punta delle forbicine stava calando davvero verso un suo occhio. Premette il grilletto.

Click. Il percussore batté a vuoto. Gloria chiuse gli occhi e urlò mentre Minou si tirò indietro scoppiando a ridere.

Entrò Klaus, guardò le due, poi prese un fazzoletto e afferrò la P38 per la canna levandola senza sforzo dalla mano della stordita Gloria. Le sorrise:

-Tesoro, ho avuto un brutto incidente con questa e allora abbiamo pensato che era più sicuro che sopra ci fossero state le tue impronte invece delle mie...-

Gloria si lasciò guidare in fondo al parco. Klaus sollevò un telo catramato e le fece vedere per qualche secondo il cadavere insanguinato di Marcel.Gloria assalì Klaus graffiandogli il volto e gridando che era un bastardo assassino. L'uomo la afferrò per i capelli e la piegò con forza sulle ginocchia facendola urlare di dolore. Le disse, furibondo, col sangue che gli colava sulle guance:

-Senti brutta troia, non crederai che abbiamo bevuto la storiella dell'incidente, vero? Tu hai fatto fuori la Fraser per venire a ficcarti nel suo nido. Okay, a noi va benissimo, però devi dividere, capito? Dividere ed essere carina, molto carina con noi due! E se io ti dico di succhiarmelo, tu me lo succhi come si deve, chiaro? Questo voleva fare il furbo e ho dovuto ammazzarlo. E adesso torniamo dentro e non fare più la stronza se no ti mandiamo in galera per tutta la vita dicendo che ti abbiamo visto sparare a quest'imbecille!-Gloria dovette riprendere a fare firme e firme sui fogli bianchi cercando di imitare la firma di Dottie. A notte fonda Klaus sembrò soddisfatto e anche Minou. Le ultime firme erano accettabili, molto accettabili. Le fecero firmare un intero blocchetto di assegni. Poi Klaus la baciò sui capelli: aveva fatto un piccolo sondaggio in banca dove aveva qualche amico e aveva scoperto che per Dottie Fraser non c'erano problemi di soldi almeno fino a somme con sette cifre! E da domani avrebbero cominciato a incassare, con calma, senza esagerare negli importi.Gloria era sfinita ma la costrinsero a tirare un po' di coca e poi a servirli sessualmente tutti e due. Quando Minou si fu addormentata Gloria tentò di convincere Klaus ad andarsene loro due soli dopo aver preso i soldi della Fraser. Lei non voleva dividere né il denaro nè il suo amore con Minou.

-Ti voglio tutto per me...- sussurrò Gloria stringendosi addosso a lui e Klaus, eccitato, le fu di nuovo sopra, con violenza e la prese fino allo sfinimento.

Gloria piangeva e godeva insieme.

Il mattino dopo, Minou e Klaus la vestirono con grande attenzione: sarebbero andati in banca con un assegno firmato da Gloria e bisognava far colpo.

Anche Minou ci teneva ad essere elegante e si mise l vestito di seta rossa. Uscirono in giardino, Klaus chiese a Gloria le chiavi dello spider. Lei rispose che le aveva prese Marcel. Klaus imprecò e si avviò verso il fondo del parco per frugare il cadavere di Marcel.

Gloria prese sottobraccio Minou e si avviò verso il moletto dicendole di essere molto preoccupata per quella foto che aveva fatto pubblicare sulla rivista, non tanto per la sua faccia che, essendo in figura intera, non era poi così riconoscibile, ma per la notizia che Dottie Fraser era in quella villa. Chissà se avrebbero avuto il tempo sufficiente per i loro piani...Mentre parlava fece in modo che la Minou venisse a trovarsi con le spalle all'acqua. All'improvviso le diede una gran spinta e la buttò in mare, poi si mise a correre disperatamente.

Minou starnazzò nell'acqua urlando aiuto. Arrivò Klaus inferocito e la aiutò a risalire.

Gloria raggiunse la strada e continuò a correre cercando di fermare le auto che passavano, poi vide la spider rossa apparire rombando in fondo alla strada e si buttò nel folto della vegetazione.

Si sentiva il cuore scoppiare, si ruppe un tacco e prese una brutta storta, dovette fermarsi ansimante e si guardò intorno: tutto era silenzio. Il pugno di Klaus la colpì con inaspettata violenza alla bocca dello stomaco facendola svenire.

Tornò in sè e scoprì che era nuda legata sul letto. Minou davanti allo specchio si pavoneggiava con indosso il vestito di seta rossa.

Una Jaguar metallizzata coi vetri a specchio entrò senza rumore nel parco della villa. Klaus la vide fermarsi davanti alla casa e si mosse verso di essa cercando di vedere chi ci fosse dentro, ma i vetri a specchio rifletterono soltanto la sua faccia. Poi la portiera si aprì di colpo, investendolo.

Barcollò all'indietro e dalla macchina una mano guantata di nero lo afferrò per i testicoli. Klaus urlò strappato crudelmente in avanti. L'altra mano dello sconosciuto si serrò intorno alla sua gola e gli diede un tremenda torsione. Si sentì il suono di ossa rotte e Klaus si afflosciò morto a terra.

I vetri posteriori della Jaguar scesero silenziosi, manovrati dal motorino elettrico e spuntò la canna di un grosso fucile a cannocchiale.

Attraverso le lenti graduate del cannocchiale, venne inquadrata la finestra della stanza di Gloria: si vide chiaramente una figura di donna vestita di rosso che si pavoneggiava davanti ad uno specchio. La croce del mirino si fissò sulla testa bruna della donna.

Un dito guantato di nero premette un grilletto. Ci fu solo un "flop" soffocato, un buco nel vetro della finestra e una chiazza di sangue al posto della faccia di Minou.

Gloria restò paralizzata a fissare con orrore quella faccia impastata di sangue e ossa spezzate mentre il corpo di Minou cadeva verso il vetro della finestra come un burattino a cui abbiano tagliato di colpo i fili. La sua faccia devastata e sfondata dall'orribile colpo ruppe il vetro della finestra e rimase lì, immobile, come se volesse vedere chi l'aveva uccisa.›

Visto attraverso il mirino del fucile telescopico la scena dovette riuscire gradita all'assassino perché i vetri a specchio tornarono ad alzarsi e la Jaguar metallizzata uscì silenziosa e lenta dal parco della villa. Sulla ghiaia rimase Klaus col collo spezzato.

Gloria urlò senza riuscire più a fermarsi, si divincolò ma le corde ressero agli strattoni. Svenne.

Come in un incubo, vide poi una mano di donna che poggiava il cofanetto di cocaina, quello che stava nelle valigie di Dottie e che era scomparso, sul piano del suo comodino. Gloria cercò di mettere a fuoco il volto della nuova venuta: le sembrò quello di Dottie. E sorrideva! Svenne di nuovo.

Il rombo del motore penetrò nella sua coscienza. Era seduta sul sedile anteriore di un'auto di lusso. Tra le braccia aveva la sua chitarra. Si voltò a guardare chi guidava e sussultò, spalancò la bocca per urlare ma Dottie le sorrise mettendosi un dito sulle labbra per intimarle di star zitta.

Gloria restò così, in silenzio, a guardarla per un minuto buono, poi riuscì ad articolare:

-Non eri morta?-

Dottie rise, era allegra, distesa. Commentò di non essersi mai sentita così viva.

Intanto la villa Nike si era riempita di poliziotti. Gerald si rigirava il suo berretto in mano, gli occhi azzurri colmi di lacrime, fissi sul cadavere sfigurato di Minou. Un ufficiale di polizia gli chiese due volte se riconosceva il cadavere e Gerald annuì: era Dottie Fraser, anche ieri aveva quel vestito... doveva essere Dottie anche se da viva era proprio tutta un'altra cosa...

-... tu hai preso il mio posto e io ho pensato che quell'incidente era stato un gran colpo di culo: meglio che ammazzassero te che non me. Ti chiedo scusa per questo e sono contenta che abbiano ammazzato un'altra. -

-Ma si accorgeranno che non sei tu, e anche se avessero ammazzato me, la polizia prima o poi...-›-Oh sicuro. Ma a me bastano pochi giorni per...-

-Una settimana?- chiese Gloria. Dottie la guardò e rise.

-Sì, una settimana giorno più giorno meno.--Ma perché sei tornata a prendere quelle pillole blu, non potevi farne a meno?-

Dottie pescò nel vano del cruscotto il cofanetto pieno di pillole blu.

-Sai cos'è una EPROM? No? Beh, fa lo stesso. Nel cofanetto ne avevo nascosta una piena di dati importanti che mi servivano urgentemente proprio per sistemare quella faccenda: dovevo prenderlo. Tu eri uscita e non pensavo che saresti tornata subito.-

Gloria ci pensò su e poi chiese:

-E del banchiere Drenel che ne dici?-

Dottie frenò bruscamente e per poco Gloria non sfondò la chitarra.

-Stai provando gli air bag?- le chiese e Dottie si piegò verso di lei e le spalancò la portiera:

-Scendi e vattene. Dimentica tutto e non fare domande. E se qualcuno le fa a te non dare risposte. -

Poiché Gloria aprì la bocca per chiedere ancora, Dottie la buttò fuori con una spinta e richiuse lo sportello. Un ultimo sguardo e poi le disse, riavviando il motore:

-Peccato però. Tu mi piaci. - Accelerò e frenò di nuovo bruscamente. Mise fuori la faccia dal finestrino e le lanciò un ultimo avvertimento:

-Attenta al culo, però! Qui intorno c'è un sacco di gente che crede che tu sia Dottie Fraser!-  L'auto partì rombando e sparì in pochi secondi oltre una curva.

Gloria si ritrovò sola e frastornata, la chitarra fra le braccia, sul ciglio della strada.

Si incamminò lentamente e quando un'auto rallentò per offrirle un passaggio fece di no con la testa.

 F I N E

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