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(script versione inglese)
da questo romanzo è stata tratta la sceneggiatura omonima che ha ricevuto il premio per la miglior sceneggiatura di genere al B.A.FilmFestival 2003 Ó United States copyright office - The Library of Congress –PAu 1-983-844 CAPITOLO 1
Per dare uno sguardo dal ponte Walter deve fare quattro miglia, di solito a piedi per risparmiare. Ne vale la pena se Mara lo accompagna. Andandoci in due al mattino presto, dopo una notte d’amore, quando la nebbia sommerge tutto in una follia di panna montata da cui emergono solo gli altissimi piloni rossi e Sausalito forse è un’invenzione biblica, un aldilà che non esiste, si può fare il pieno di filosofia, parlare delle ipotesi dei molti mondi e alzare il morale fiaccato dalla sorte avversa che sembra segnare quello in cui capita loro di essere coscienti. Ai due amanti piace camminare sul grande ponte tenendosi per mano, subendo il fascino dell’abisso. La nebbia li ingoia e li cancella, inumidendoli: sembra un passaggio freddo per l’eternità e invece, a metà del grande balzo di ferro rosso, spesso il muro umido termina con un taglio netto, verticale, e sbucano nel sole californiano. La boccata d’aria umida diventa secca e calda: a Presidio è una mattina d’inverno, a Sausalito è piena estate. Di qua il maglione da sci, di là il costume da bagno. E una delle cose strane di San Francisco dove, come disse Mark Twain, ti può capitare di vivere l’inverno più freddo della tua vita in piena estate. Mark Twain ogni tanto amava segnare quattro esagerando come tutti i fiumaroli, però certe mattine di luglio, girando l’angolo della Filbert con la Divisadero si è investiti da colpi di vento che paiono arrivare dritti dall’Alaska perché proprio di là vengono. L’acqua della Bay è sempre vicina allo zero, tanto che la prigione di Alcatraz, così vicina alla città, era in realtà lontanissima per i disgraziati che cercavano di fuggire a nuoto e che morivano di freddo prima di arrivare sulla costa. Ci sono dei giorni magici, quando il cielo della Bay è rigato da enormi cannelloni di bambagia colorata: uno rosa, uno verde, uno arancione, uno violetto e la punta della Piramide li indica alla meraviglia dei viventi. Davanti a Marina bambini e adulti fanno volare aquiloni nel vento perenne che accarezza la città, grossi spinnaker colorati riempiono la baia di palloni festosi che scivolano sull’acqua, mentre le ruote delle antiche carrozze della cable-car si arrabattono rumorose su per le salite alpine che portano ai quartieri veramente alti, con la Lombard che snoda la sua esse multipla annegata in un mare di fiori in tutta la sua sfacciata bellezza. In queste mattine terse sotto i tetti a pagoda di China Town è un tripudio di odori e di profumi e le case vittoriane, nei loro colori pastello sempre freschi di pittura, creano un’atmosfera da fiaba. Se una città può apparire felice, questa è San Francisco. Ma quando il sole rosso fa diventare nera in controluce l’elegante linea del Golden Gate Bridge, tesa come una lieve ala di airone fra le due sponde, e raffiche gelide convincono turisti e cittadini a ritirarsi in qualche tiepido bar, emerge la coscienza che qui si sta aspettando il Big One, il Grande Terremoto che distruggerà ogni cosa. La gente di San Francisco ci ride su per esorcizzarlo. Hanno montato una stanza per i turisti dove il pavimento balla simulando tutti i gradi della scala Richter e oltre. Nulla è eterno, ma questa attesa di una fine imminente rende struggente San Francisco al calar della sera. La finestra del basement in cui vivono Walter e Mara non si affaccia sulla Bay ma gode, dal basso, della vista delle mutande delle ragazze che passano sul marciapiede, le poche che ancora portano gonne e mutande. A volte Mara e Walter si divertono scommettendo sui colori degli slip. Quando la mutanda è assente la partita è pari, come quando esce lo zero sulle roulette di Las Vegas. Il basement è uno scantinato buio sotto un palazzone senza stile, quasi ai piedi di Twin Picks, in fondo alla Market. Sono lontani dall’Embarcadero tutto vetri e boutique, sono lontani dal Pier 39 tutto entertainment e ristoranti, però sono vicini alla mensa pubblica dei poveri e qualche volta, vergognandosi, si mettono in fila coi barboni che pernottano nelle hall dei palazzi di Union Square e dintorni. Capita di rado ma capita, e ultimamente con allarmante frequenza. E questo mette malumore nella coppia e ogni giorno che passa diventa sempre di più un giorno no. Lo scantinato è allegro se visto con occhi bohemienne e naso tappato per non sentire la puzza di muffa, ma miserabile se visto da aspirante yuppie. La bohème nella giovane coppia si è logorata e quindi l’appartamento ispira loro tristezza e fallimento. E’ sporco, scrostato, con macchie d’umido che sembrano un affresco postmoderno e arredato con mobili d'accatto che raccontano di lungi passaggi nei garage-sale. Un lettino a una piazza, dalle lenzuola grigie e una coperta impataccata di succhi indecifrabili, tenta di fungere anche da divano e da portaoggetti. Su un ripiano di plastica, un fornello a gas bisunto regge un dirupo di pentole sporche che scende con una valanga di piatti sudici dentro l’acquaio. La luce del giorno non riesce a dissipare la penombra e una lampadina fioca, single, eternamente accesa, pende dal soffitto attaccata al filo elettrico e si riflette sconsolata, col suo filamento rossastro, in uno specchio inchiodato al muro, davanti al quale un fustino di detersivo scalcagnato fa da sgabello pretendendo di trasformarlo in angolo toilette. E sul pavimento reso gommoso da preistorici strati di unto, in una gabbia di legno con le pareti a rastrelliera, chioccia e puzza una gallina spennacchiata. Quando viene sera cala il traffico sulla strada e lo scantinato, almeno come rumore, diventa più abitabile. E’ l’ora preferita da Mara per le sue trance. Oggi è la volta di un uomo smilzo con un anello al naso e i piedi infilati in enormi scarpe da ginnastica senza lacci, è seduto davanti al tavolo basso su cui è posata una sfera di cristallo, di quelle usate dalle veggenti e dai pesci rossi. Mara, china sulla sfera, aureolata dai suoi capelli color oro antico, ha una concentrazione che aggiunge fascino alla sua bellezza. Fissa qualcosa che vede solo lei con occhi sgranati, assorta e sgomenta. Come nella nebbia che si incontra sul Golden Gate Bridge, anche nella sfera aleggia per Mara qualcosa di informe e il riflesso della lampadina crea filamenti di luce distorti dal cristallo. Le pupille di Mara si dilatano e la sua visione si sfoca: difficile anche per lei dire con certezza se quello che vede sia dentro la sfera di cristallo o solo nella sua testa. La donna sussurra qualche parola su quelle ombre incerte, via via che riesce a distinguerle. Una strada, un palazzo di vetro ed infine lo smilzo che infila una moneta in un distributore di giornali … - La regina d’Inghilterra visiterà gli States…- mormora Mara leggendo il titolo del giornale che vede nelle mani dello smilzo nelle immagini nebbiose e deformate dalla superficie sferica di vetro. - Eh? – lo smilzo allunga il collo e i riccioli di Mara gli sfiorano l’anello che gli trapassa il naso facendolo starnutire. Mara neppure se ne avvede, presa com’è dalla sua visione: …in alto, su di un montacarichi per lavavetri appeso al 20esimo piano del palazzo, un secchio pieno di detergente vacilla, è sul punto di cadere e sotto, a strapiombo, sta lo smilzo. Fa un passo avanti e uno indietro leggendo il giornale ed è proprio sotto al secchio. Mara con orrore vede il secchio che cade e si ritrae angosciata mentre l’uomo la sposta chinandosi verso la sfera di vetro: ma per lui là dentro c’è solo il riflesso deformato della sua faccia.
Mara vede …il secchio colpire l’uomo sulla testa: sangue e sapone liquido. Distoglie lo sguardo dalla sfera e tira su col naso fissando coi suoi occhioni umidi il predestinato alla disgrazia.
Mara cerca un sorriso che non trova. Si stringe nelle spalle, prende tempo ma non è brava a dissimulare. Chiede: - Niente, però... sei credente?- - Più o meno. Mamma è cattolica. - - Cattolica, perfetto. Vai a confessarti.- L'uomo tenta un ghigno, leva una mano minacciosa contro la palla di vetro, quasi volesse punirla. Poi si alza con rabbia e dà un calcio allo sgabello mandandolo a sbattere contro la gabbia della gallina che starnazza.
L’uomo leva alto il dito medio, rigido e ben teso ed esce sbattendo la porta. Mara si getta sul letto sfatto: è sempre così. Lei dice alla gente quello che vede nella sfera, il più delle volte non sono cose allegre e nessuno la paga. Come quel tizio che lei ha veduto col culo all’aria mentre si faceva la cameriera, sorpreso dalla moglie che gli ha riempito le chiappe di pallini con il fucile da caccia. O la moglie di quel grassone pelato colta nella palla di vetro mentre si scopava il garzone del lattaio. E il grassone aveva voluto sapere tutto e Mara gliel’aveva detto: il giardiniere due volte la settimana e il pastore della Chiesa dell’Avvento tutte le domeniche dopo il sermone. Evocato dal ricordo, la porta si spalanca ed entra il ciccione furibondo. Mara si rannicchia sul letto e il grassone la fissa con occhi porcini come un cinghiale in calore:
donna! La troia sei tu!- - Conosce la mia signora?- la voce lo fa voltare: Walter, sorridendo a trentadue denti, posa sul tavolo due buste del supermercato piene di confezioni di pop-corn che mandano in solluchero la gallina che chioccia sporgendo la testa tra le sbarre della stia. - Buona, McNugget! – la calma Walter, gettandole un pugno di pop-corn che l’animale becca con voracità. Il grassone si erge davanti a lui in tutta la sua pancia e indica Mara con disprezzo - Mi aveva detto che mia moglie era una puttana che scopava con tutti!-
- E’ vero? – chiede l’uomo girando la pancia verso Mara che si inginocchia sul letto, dà un’occhiata a Walter, poi si stringe nelle spalle: - Qualche volta succede… - ammette Mara a fatica. Walter allunga la mano verso la pancia dell’uomo a chiedere soldi:
- Dieci calci in culo. Segna che te li do la prossima volta, pappone! - e se ne va sbattendo la porta.
Walter allinea con pignoleria i pacchetti di pop-corn sul tavolo poi si volta verso Mara che si siede sul letto sospirando. Walter afferma con dolcezza - Stronza.- - Non sai parlare senza insultare? - - Bistronza. Tristronza. Quadristronza. – il tono di Walter è dolce, rassegnato, quindi ancora più offensivo. Continua pacato:
Walter sospira e si ficca in bocca una manciata di pop-corn - Tuo padre era italiano, no? E che t’ha insegnato? A dire quel che vedi? - Mara dà un’occhiata nella sfera e scuote la testa - Che c’entra papà? – sorride nostalgica al ricordo e fa il gesto delle tre scimmiette, portandosi le mani sugli occhi, sulla bocca e sulle orecchie
È attratta da qualcosa che vede nella sfera e si china su di essa. La gallina chioccia e Walter le butta un altro po' di pop-corn sentenziando:
Mara è assorta, scruta nella palla di vetro: - Uh, Walter… ti cercherà un ufficiale. Sembra uno importante...- Walter si sporge verso la sfera, intrigato. - Un ufficiale…svedese? - - Non so, è bruno... - Walter prende un’altra boccata di pop-corn e va a guardarsi nello specchio. Cerca il suo profilo migliore, inclina la testa e si tira indietro i capelli con le mani ad ampliare a fronte. - Ci sono anche svedesi bruni. Un giorno verrà quello del Nobel. Busserà e mi dirà: lei è il grande scrittore Walter Fraser? Io mi inchinerò e lui mi dirà...- - ...tutto sequestrato! Adesso lo vedo meglio: è un ufficiale giudiziario. Viene per pignorarci i mobili.- Non c’è sarcasmo nella voce di Mara che si drizza coprendo la sfera con un panno nero, ma solo la rassegnata coscienza dell’ineluttabilità. Walter resta con le mani nei capelli e il suo sogno spezzato. Lascia che le mani gli scendano sul viso e si guarda intorno: lo squallore dell’ambiente lo colpisce come se lo vedesse per la prima volta. Le macchie di umido, i muri scrostati, la sporcizia, la gallina. Sbuffa irritato: - Quali mobili? – e allunga una pedata al vecchio fustino di sapone che Mara usa come sgabello per truccarsi. - Lo vedi che predici solo sfica? - Dico la verità.-
Walter si tappa la bocca con una manciata di pop-corn. La gallina protesta che vuole la sua parte. Mara risponde in tono severo:
- Non è che hai ragione se dici parolacce! - In strada passa un'autoambulanza a tutta sirena e una folata di smog entra dalla finestra . Walter chiude i vetri:
Ombre umane si stagliano contro i vetri smerigliati e sporchi di smog della finestra. Il corpo maestoso della signora Brooks, la moglie del padrone di casa, viene schiacciato contro l’inferriata dalla pressione di un giovanotto brufoloso che le solleva la gonna. La voce sommessa ma compiaciuta della matrona, arriva chiara alle orecchie di Mara e Walter
Mara strattona Walter perché non è bello violare la privacy altrui.
Mara prende un ago da una palla da tennis che pare un porcospino e stacca coi denti un pezzo di filo da un rocchetto. La signora Brooks si sottrae all’amplesso e le ombre svaniscono. Walter torna verso il centro del living, che lui chiama il dying, e guarda Mara che infila il filo nella cruna dell’ago, corrucciata per la concentrazione come una bambina. L’immagine ispira tenerezza a Walter che si china a sfiorarle i capelli:
Mara infila il filo, lo tira, lo raddoppia e ci fa un nodino in fondo. Walter spalanca le braccia, teatrale e chiede: - Perché far del male al prossimo? Che poi paga anche male mentre i maghi si fanno pagare benissimo. Tutti, meno te.- Walter sparge un fascio di vecchi giornali intorno a Mara, infastidendola perché sta cucendo un piuma di gallina in un sacchettino di garza.
Walter sbuffa, poi indica la finestra. - Allora perché non vai dal marito della signora Brooks e gli dici che ha le corna? Anche questa è verità. - - Non l'ho vista nella sfera.- si difende Mara. Walter la incalza: - Ma è la verità, perché non gliela dici?- - Perché non me la chiede, accidenti a te!- Si è punta con l’ago e si succhia il dito.
Walter disegna nell’aria sole e pianeti :
Mara infila un’altra piuma di gallina in un'altra bustina e cuce tutt'intorno con punti fitti e veloci.
- Fa schifo come il Vangelo letto da un gesuita. -
- Bum! – Mara lo irride, seccata e Walter diventa didattico:
- La Monroe è morta da quarant'anni e passa.- - Solo nella realtà. Nel sogno Marilyn è sempre la più bella.- - Io non vendo sogni. E’ immorale. Prendimi qualche altra piuma.- Walter infila una mano nella gabbia e strappa una piuma dal portacoda spennacchiato della gallina che protesta. La porge a Mara con gesto ieratico: - Perché immorale? Far sognare è la forza di tutte le religioni...- leva alte tre dita come Cristo - In verità, in verità vi dico che domani sarete con me in paradiso.- Mara cerca di infilare un nuovo filo nell'ago. Quando Walter attacca con la sua filosofia postprandiale non lo sopporta e le trema la mano.
ribatte, odiandosi per avere risposto innescando così uno di quei dialoghi che stanno logorando il loro rapporto. Walter insiste, impavido. - Basterebbero due scemenze dette bene e la gente ti coprirebbe di soldi.- La punta del filo sbaglia la cruna. Mara lo inumidisce di saliva. - Digliele tu. Ti presto la sfera.- - A me vien da ridere. Un po' ci devi credere se no la gente svaga e non paga.- - Ma perché non ti trovi un lavoro invece di star qui a romper le scatole a me? – sbotta Mara. Walter apre la finestra. Fuori si sono accesi i lampioni e il panorama è un po’ meno squallido. Assume l’aria ispirata del filosofo:
- Specialmente se la smazzata intanto me la faccio io.-
Walter respira a fatica. -...e saranno tre mesi di gloria quaggiù sul pianeta azzurro...- Mara riesce ad infilare il filo nell'ago: chissà se Walter crede davvero a quelle stupidaggini o lo fa solo per farla arrabbiare.
Quando Walter è lanciato nei suoi sogni non si ferma. Li vede come al cinema. Disegna le immagini nell’aria con le mani.
Walter si lascia cadere sul lettino che flette con un lamento. Mara gli dà un’occhiata di traverso:
- Cos’è? Una frase del tuo famoso romanzo sempre a pagina uno?
Mara si succhia il pollice, dolorante a furia di spingere l’ago dentro e fuori del bordo del sacchettino.
Qualcuno bussa contro l'uscio chiuso suonando anche il campanello. Una voce sgradevole d'uomo intima - Aprite! Ufficiale giudiziario!- Mara fa un gesto di vittoria e Walter le fa uno sberleffo - E c’era bisogno della sfera!?- I colpi imperiosi alla porta si ripetono - Arrivo!- Walter spalanca la porta e si trova davanti ad un uomo vestito di nero, con una borsa professionale e gli occhi celati dietro un paio di occhiali a specchio - Casa Fraser? – chiede l’uomo con voce fessa seguito da un fremere equino delle labbra.
L'ufficiale giudiziario entra, annusa e storce il naso - Puzza di merda? E' McNugget, il nostro fornitore di piume. - L'uomo fa di nuovo vibrare le labbra come un cavallo - Se vuole può fare opposizione.- - E tenermi i mobili?-
Walter indica Mara - Un'amante in buono stato... va all'asta anche lei?-
- Questa no. Con questa ci lavoro.- - A me sembra un soprammobile, una vanità.- - Attrezzo di lavoro. Qui dentro io vedo il futuro...- - Mi sta prendendo in giro, signorina?-
L’ufficiale giudiziario dà un’occhiata severa a Walter e passa oltre: - Lasciamo perdere. Gabbia con...- - ...gallinaccio di tre chili dal culo spennato. Anche lui è un attrezzo di lavoro...- conclude Walter. L'ufficiale giudiziario punta il dito sui sacchettini cuciti da Mara - Cosa sono?-
L’uomo si leva gli occhiali a specchio e guarda Mara con occhi bovini: - Se lei legge davvero il futuro, perché non dà una sbirciatina al mio?- - Devo essere calma per concentrami... -
Walter costringe Mara a sedersi davanti alla sfera di cristallo: - Accontentalo cara. Devi accontentarlo.- Calca su quel "devi" e anche l'ufficiale giudiziario si siede davanti al tavolo. Mara mette le mani sulla la sfera.
predicigli la BUONA ventura!- calca talmente su quel "buona" che anche il l’ufficiale giudiziario lo guarda insospettito. Mara china la testa verso la sfera - Zitti però.- Il suo respiro si fa più frequente. L'uomo pencola verso di lei. Mara accarezza la palla di vetro e scruta nei riflessi distorti che, muovendo il capo, cambiano continuamente forma e colore. - Vedo... una persona che la tenta...- - Sì, sì... è quel figlio di puttana del Vostro Onore... devo starci?- - Vedo... qualcuno le dà una spinta...- - Sì... mi ha promesso una spinta... una bella spinta se... bè, insomma... se. E come va a finire?- l’ufficiale giudiziario è teso verso Mara, gonfio d’ansia. Si lecca le labbra come per un raptus di golosità. Walter fa segni d’intesa verso Mara che però è tutta presa da ciò che vede nella palla di vetro. Walter pigia sulle parole per ricordare a Mara quello che deve dire: - E come deve andare a finire? Felicità, fortuna, ricchezza!- ma Mara è come in trance e sussurra: - Vedo che cade.- L'ufficiale giudiziario fa vibrare le labbra, si mette gli occhiali, se li leva. - Capace! Quel bastardo è capace di mettermi nei guai e poi mollarmi... io
Mara stacca gli occhi dalla sfera. Walter lascia cadere le braccia lungo il corpo, sconfitto. - Mara mia come sei cretina.- - Gli ho detto solo che sarebbe caduto...- L'ufficiale giudiziario esce correndo in strada. Sbatte contro un bimbetto obeso che, per restare in equilibrio, gli dà una spinta e scappa via. L’uomo cade sbattendo la faccia contro l'inferriata della finestra dello scantinato a una spanna dal volto compunto di Walter, nella penombra dell’interno. L’ufficiale giudiziario perde sangue dal naso e ha gli occhiali rotti. Intorno, sparsi, i documenti usciti dalla sua borsa. Balbetta rintronato: - Dio, che botta... - tra gli spicchi degli occhiali spezzati gli appare il viso di Walter moltiplicato come in un caleidoscopio - ... hai visto quel piccolo lardoso figlio di puttana mi ha dato una spinta... una spinta…- l’uomo si blocca. Realizza e lo stupore dilaga insieme al sangue. Walter conferma annuendo con un sorriso - Glielo l'avevo detto: meglio della televisione.- - Ah, era questa la spinta! E adesso al giudice che gli dico... ma a voi, iettatori di merda, vi sbatto in strada in ventiquattr'ore...- si rialza, raccoglie i suoi documenti e se ne va tamponandosi la faccia col fazzoletto. Walter si volta verso Mara con la voglia di strozzarla. La donna arretra
Walter si trattiene e alza i pugni verso il soffitto, non troppo altrimenti tocca.
Mara sa che la miglior difesa è l’attacco:
Mara taglia corto e si rimette a sedere. - Con me non funziona, lo sai! E adesso basta! Se vuoi mangiare devo portare gli amuleti al negozio. Ne mancano ancora tre. Prendi qualche altra piuma.- Walter infila con violenza una mano nella gabbia cercando di afferrare la gallina che lo becca con ferocia. Walter urla e ritira la mano sporca di sangue - Accidenti a te, McNugget! Cosa sei diventato, un avvoltoio!? -
Walter si succhia il dito ferito e impreca:
- Per funzionare deve esserci una piuma di gallina.-
- L’ha detto Cagliostro. – Walter deride se stesso - Con la piuma funziona...- si fruga il petto con la mano insanguinata e si strappa dal collo un sacchettino come quelli che Mara sta cucendo:
Walter si avventa. Mara evita lo schiaffone con un balzo all'indietro. La sfera di vetro cade sul pavimento esplodendo in mille pezzi. E’ come se si fosse rotto il loro amore. Restano entrambi immobili davanti a quei cocci poi Mara traccia una croce nell'aria, proprio in faccia a Walter - The End. Fine. Con me hai chiuso. Quando torno non ti voglio trovare più. - prende una giacca e getta gli amuleti in una borsa. Apre la porta per andarsene. Walter, furibondo con lei, con se stesso, con l’universo intero, va al fornello del gas, e con gesto teatrale strappa il tubo di gomma.
- Vattene, vattene... che me ne vado anch'io e per sempre!- apre il rubinetto del gas e il soffio del metano è forte. Mara sbotta con disprezzo - Tu non t’ammazzeresti neanche se avessi il cancro, la polmonite atipica e cent’anni per gamba, stronzo!- Se ne va sbattendo la porta. Walter corre alla finestra e le urla sulle caviglie: - Stronza tu, capito? Stronzaaaaaaa! - e chiude. Il soffio del gas è sempre forte. Mara non crede che lui abbia il coraggio di uccidersi. Si dà un’occhiata allo specchio: ma ce l’ha? Non ce l’ha, però… La sua fantasia gli mostra la scena: lui stecchito sul letto e Mara singhiozzante al suo capezzale. Una gioia masochista gli gonfia il torace e si stende sul letto, le mani intrecciate sullo stomaco. Chiude gli occhi e mormora:
CAPITOLO 2
E’ la sera di Halloween. I negozi sono illuminati. Sui marciapiedi gruppi di ragazzini mascherati si divertono a fare scherzi ai passanti e a chiedere dolcetti. Mara, ancora immersa nel bagno adrenalinico della rabbia, non bada ai lazzi delle maschere: la storia con Walter doveva finire prima o poi. Bello e caro ma trasparente, senza spessore e soprattutto senza voglia alcuna di lavorare. Difetto ritenuto mortale in tutti gli States, un po’ meno San Francisco, ma solo un po’ meno. Passa davanti ad un negozio di carni e il macellaio avvolto in un camice macchiato di sangue, si affretta sulla soglia:
Mara ha un gesto vago e continua a camminare. Il macellaio irritato cerca di alzare il dito medio della mano destra nel gesto sconcio, ma non ha più il dito medio. La donna si gira, all’angolo della Market, per dare un’ultima occhiata alla finestrella dello scantinato ma è già troppo lontana. Fa spallucce, tanto quel buffone non farà mai nulla di serio, figuriamoci un suicidio. La donna cerca di convincersi ma un po’ è preoccupata e di più lo sarebbe se vedesse quanto sta avvenendo nel basement: il gas ha riempito lo scantinato, la gallina starnazza allarmata ma Walter rimane immobile, steso sul letto, trattenendo il fiato. Vive nella fantasia i dettagli della disperazione Mara per la sua morte. Poi non ce la fa più e sbuffa, aspirando con cautela. Il metano si raccoglie sul pavimento e Walter non lo sente. - Mi rimpiangerai, brutta stronza. E poi non venire qui a piangere.… - sussurra maligno. Aspira con maggior decisione e tossisce, non per il gas ma per la suggestione del gas. Mara, irritata con se stessa per il senso di colpa che la sta invadendo, entra in un emporio di articoli magici: gli scaffali sono pieni di cianfrusaglie, dal medioevo europeo al wodoo. Le si avvicina il padrone, un uomo sulla quarantina, dal ventre prominente e dai modi volgari.
- Ti spieghi e accetto l'offerta.- - Scherzo di Halloween?- balbetta Alb incredulo. Mara scoppia a piangere e si appoggia sul suo petto. - No: scherzo di quello stronzo di Walter! Spero che si ammazzi davvero!- Nello scantinato il gas continua a soffiare. La gallina, sul pavimento, protesta a corto d’aria, immersa negli strati bassi e densi del metano, sbatte le ali contro le barre di legno. Walter si mette a sedere, annusa ma non sente nulla. - Ho capito, gallina vigliacca! Ho capito! – salta giù dal letto e va a chiudere il rubinetto del gas. Si china verso il pennuto e l’apostrofa sogghignante :
Pesca una sigaretta da un pacchetto quasi vuoto e fa scattare la fiammella di un accendino. Una fiammata blu illumina lo scantinato come la scarica di un fulmine. La lampadina scoppia. Una palla di fumo nero esplode al centro della stanza e si dilata portando un buio gelido. Un vortice di suoni elettronici sale tutta la scala dell'udibile fissandosi sul diapason di uno zinco trascinato sul pavimento, del gesso sulla lavagna, delle unghie sul marmo. Walter si preme le mani ai lati della testa aprendo la bocca come nell’urlo di Munch e brina, imbiancandosi come sotto una tormenta di neve. Una bottiglia di acqua gela ed esplode. Nel buio innaturale che ha invaso lo scantinato brillano punti luminosi che vorticano e ingrossano, ammassi di spirali di luce. Walter geme e chiude gli occhi per il dolore: quelle luci gli sembra di averle dentro il cervello. Una voce chioccia, sgradevole, stridula, deformata dall'effetto doppler , gracchia arrogante :
Un fischio acuto lacera i timpani di Walter, annerito dall'esplosione, e lo costringe a premersi le mani sulle orecchie.
Uno stridore osceno, agglutinante, come di metallo trascinato sul basalto, fa accapponare la pelle di Walter che vacilla come un birillo del bowling e crolla sul letto. La voce senza senso e senza provenienza echeggia ancora più forte e più aggressiva. Sgradevolissima.
La voce cessa di colpo mentre la stanza si riempie di un fumo leggero che sa di incenso. La brina intorno agli occhi di Walter si scioglie in lacrime. Anche la sigaretta che era diventata un cannolo di ghiaccio ora gli pende fradicia fra le labbra. Walter la sputa inebetito. Anche dentro la sua testa c’è una bolla nera e gelata. Dal fornello, il gas ha ripreso a soffiare perché il rubinetto è saltato via. Walter gira intorno uno sguardo frastornato: le pareti sono nere e orlate di ghiaccioli. Il soffio del gas è fortissimo. Si inginocchia sotto il fornello e chiude la manopola del contatore. Questo gesto gli costa una immensa fatica, si sente svuotato, come se fosse diventato vecchio. La voce stridula riprende, vicinissima e non più distorta:
Walter gira lo sguardo intorno, temendo di vedere qualcosa di orribile ma nella stanza non c'è nessuno. Corre in bagno lasciando la porta spalancata e mette la testa sotto il getto d'acqua del rubinetto. La voce in falsetto lo insegue: - C'è qualcuno lì fuori?- Walter si guarda nello specchio: i capelli gocciolanti, i segni di fuliggine sotto gli occhi e intorno alla bocca gli danno un’aria stralunata. Cerca di pulirsi ma la vocetta petulante lo gela:
- Adesso mi passa...- si autosussurra Walter e si butta una manata d’acqua in faccia. Ma la vocetta lo ha individuato e sembra avercela proprio con lui: - Ehi andromedo, mi capisci quando parlo? Sai plimflare?- Uno starnazzare d'ali attira l’attenzione di Walter verso la gabbia della gallina. Esce dal bagno grondante d'acqua e si china a guardare l’animale attraverso le sbarrette di legno. La gallina ricambia lo sguardo con la stessa intensità e le piume arruffate. Lunghi momenti in cui due stranezze si guardano. Un pollo arruffato fissa un umano strinato e coi capelli gocciolanti acqua. Walter si scuote e sta per drizzarsi ma la gallina lo chiama infilando la testa fra le sbarre: - Buono, andromedo, giù a cuccia… ti devo parlare..- Walter sogghigna e si dice ad alta voce: - Non è possibile...un pollo che parla…- ma la gallina lo fissa e scuote il capo con la piccola cresta, commentando saggia:
Walter non bada al senso delle parole, ancora traumatizzato, si drizza sulla persona e respira forte, ma la stanza è ancora piena di gas e torna a tossire. Poi si dice con convinzione, chiudendo gli occhi:
Walter torna a chinarsi a guardare la gallina quasi sperasse di scoprire il trucco ma finisce per ritrovarsi in quello sguardo rotondo: - Sono qui! Dentro la gallina…- Walter corre in bagno e va rimettere la testa sotto il rubinetto, inseguito dalla voce petulante:
Walter si asciuga le mani in un asciugamano che avrebbe bisogno di bucato e torna verso la gabbia. Decide di collaborare con la propria allucinazione e mostra le sue mani alla gallina:
- Non respiri metano?- Walter asseconda quella che pena essere un’allucinazione post trauma e scuote la testa:
- Dalle parti tue forse. A me fa un gran bene.- e va a spalancare la finestra. Tenta un respirone di sollievo ma passa un fuoristrada che gli manda in faccia una nuvola di gasolio incombusto. La gallina starnazza:
Walter comincia ad abituarsi al dialogo e ad accettarlo come reale. La gallina raspa un poco in fondo alla gabbia in un gesto così naturale che Walter si sente meglio. Il pennuto lo guarda dal basso, piegando un poco il capo, e gli chiede:
Walter sbuffa imbarazzato. Parlare con una gallina già è un segno di degrado, ma non capire quello che dice è troppo. - Ordinare gli eventi casuali... vuoi dire, una chiave della fortuna?- La gallina si accascia disperata. Si pulisce il becco sul fondo della gabbia, prima a destra e poi a sinistra. Chioccia tra sé:
Ora è Walter a piegare il capo prima a destra e poi a sinistra. Follia per follia perché non provarci? Si schiarisce la voce e chiede: - Tu me la puoi dare?- La gallina si blocca e sporge di nuovo la testa oltre le sbarre:
La gallina ci pensa su poi si gira e depone un bell'uovo bianco. Walter sgrana gli occhi:
La gallina chioccia un suono di disgusto e Walter rompe l'uovo sul bordo del tavolo e ne esce una piccola chiave lucente.
Suona il campanello della porta. Al terzo squillo Walter va ad aprire, tenendo la chiave in pugno, nascondendo così quei suoi brevi brillii: sulla soglia c'è un gran pezzo di ragazza in minigonna. - Posso entrare? Io sono la fortuna.- Sorride, sfacciata nella promessa. Walter guarda la donna poi guarda la chiave:
- Magari! Hai vinto diecimila dollari!- Walter ride e si guarda intorno, va a sbirciare oltre la finestra - Cos'è, una candid camera?- - Ma no, tesoro! Se hai in casa un fustino di Splash questo è il buono premio!- e sventola un voucher.
Walter afferra la splendida ragazza per gli avambracci e la costringe a fare un mezzo giro su se stessa in modo da liberargli la via verso la porta
La ragazza ride divertita e fa di no alzando un ditino, maliziosa, davanti al volto di Walter:
Il cappone gli dà un’occhiata da cappone e poi becchetta qualcosa sul fondo della gabbia. Un gridolino di gioia fa voltare Walter. La ragazza tiene sollevato il vecchio fustino sbiadito che Mara usava come sgabello per truccarsi e su cui si legge ancora SPLASH - Eureka! Habemus fustinum!-
- Ma certo, stallone... e anche l'omaggio della casa!- la bellissima lo bacia e Walter la stringe a sé. I due crollano avvinghiati sul materasso: le gambe posteriori del letto cedono ma non ci fanno caso. Il cappone guarda interessato e commenta le fasi dell'amplesso con suoni gutturali di stupore e di dissenso.
CAPITOLO 3
Davanti ad una villa lussuosa, circondata da un grande parco chiuso da un'alta recinzione, c’è una limousine in attesa. Lo sportello posteriore è socchiuso. Al volante, immobile, un autista in livrea. Dalla villa esce un uomo in divisa da maggiordomo, molto inglese, con una borsa sottobraccio e un Borsalino grigio perla in mano. Dietro a lui cammina dondolando sulle gambette corte un uomo panciutello sulla cinquantina, vestito di seta italiana. Il maggiordomo spalanca la porta della limousine e, dopo che il piccoletto si è sistemato sui grandi sedili di velluto, gli posa accanto la borsa e il cappello: - Buona giornata mister Goldfish .- dice in tono neutro e senza attendere una risposta che non viene chiude la portiera, gira sui tacchi come una guardia della regina e torna verso la villa.. Goldfish picchietta nervoso sulla schiena dell’autista che non s’è mosso. - Andiamo Jerry, che aspetti?- ma il corpo dell’autista si piega su un lato mostrando un coltello piantato fra le costole. Un uomo sfregiato emerge da dietro lo schienale del sedile anteriore, accanto a quello dell'autista con una pistola spianata contro Goldfish e un dito sulle labbra a intimare il silenzio:
Un uomo robusto apre la portiera anteriore, prende il cadavere di Jerry e lo trascina con sé sul sedile posteriore, lo mette in mezzo e gli sfila il coltello insanguinato dalle costole puntandolo alla gola del miliardario che guarda stralunato verso la villa nella speranza che il maggiordomo abbia notato qualcosa. Ma così non pare. L’uomo con la pistola si mette alla guida e la limousine scivola lungo viale verso il grande cancello in ferro battuto che si apre per farla passare.
CAPITOLO 4
Nello scantinato annerito dall’esplosione anomala, il cappone chiuso nella gabbia chioccia di protesta cercando di attirare l’attenzione di Walter. Sul letto, le cui quattro gambe hanno ceduto del tutto, giacciono esausti Walter e la ragazza del sapone Splash. Le coperte, aggrovigliate sul pavimento, testimoniano della focosità dell’amplesso.
- Walter Magnum… - bisbiglia la bella frugandogli con le mani fra le gambe. Walter sorride lusingato:
Walter divarica le dita della mano sinistra e gliele mostra prive di anelli.
- Non sposarti mai. Uno come te dev'essere di tutte le donne.- si stiracchia e salta giù dal letto, tutta nuda: è davvero uno splendore. Si infila la veste e le scarpe, posa il voucher del premio sul ventre nudo di Walter e conclude con un sorrisone:
- Magnìfica. Per gli amici Magni-fìca.- ride e se ne va con un grazioso cenno di mano. Walter salta giù dal letto per richiamarla ma il voucher svolazza verso la gabbia del cappone che lo becca. Walter lo recupera con un tuffo e il cappone chioccia: - Hai finito di plimflare, andromedo?- Walter stira il voucher, poi guarda McNugget e si ricorda della chiave. Dov’è finita la chiave? Sventola le lenzuola e la chiave cade sul pavimento. La raccoglie e la rigira fra le dita: di tanto in tanto luccica, ma sono attimi, forse riflessi. La accarezza e sussurra tra sé:
Il cappone starnazza seccato e alza la voce, di nuovo petulante:
Walter lo guarda indeciso. Fa il gesto di mettersi la chiave in tasca ma è nudo. La serra fra le labbra e va nel bagno. Una profonda ruga gli solca la fronte: sta pensando. Posa la chiave con grande attenzione sul portasapone e si sciacqua il volto. Riprende la piccola chiave con cautela e torna a guardarla rigirandola davanti allo specchio. La ruga sulla fronte si fa ancora più profonda. Lo sguardo gli cade su un catenella d’acciaio, di quelle usate dai dentisti per fermare i bavaglini di carta sotto la bocca dei clienti e a cui lui ha legato lo spazzolino. Lo stacca e infila la catenella nell’occhio della chiave. Come braccialetto è troppo grande ma come giro collo è perfetto. Controlla nello specchio e dà uno strattone alla catenella: sembra sicura. Quella chiave miracolosa sarà bene tenerla sempre addosso. Il cappone ha continuato a strepitare e Walter torna da lui con un sorriso da gesuita sulle labbra:
Il gallinaccio starnazza nella gabbia, furibondo. Sembra quasi in grado di spezzare le stecche di legno e saltar fuori per aggredire Walter, ma volano solo alcune piume.
Walter si sente in colpa e si veste in fretta. - Poi ne parliamo eh? Devo correre a vedere se mi danno questi diecimila verdoni. Ciao, McNugget, mi sa proprio che mi porti fortuna...- esce sbattendo forte l’uscio e chiude a chiave. Il cappone si lascia cadere sul fondo della gabbia.
Walter esce dal palazzo camminando svelto, un occhio all’indirizzo scritto sul voucher e va a sbattere contro Alb. - Hi Walter! Cercavo proprio te. Ho un biglietto di Mara...- gli porge un bigliettino. Walter gli dà un'occhiata e se lo ficca in tasca.
Walter cerca di passare oltre ma Alb lo blocca prendendolo per il bavero della giacca: - Ma non ti guardi mai allo specchio? Sei messo proprio male. Passa da me stasera che dico alla schiava di darti uno dei miei abiti smessi….non so se mi spiego.- Walter si libera dalle manacce dell’uomo e chiede in tono dolce:
Walter allunga il passo temendo una reazione violenta di Alb, che invece si passa le manone sui pantaloni e gli grida dietro: - La merda ti dev'essere arrivata al cervello. Quelli come te non vanno aiutati, devono crepare sotto i ponti, come i negri.- Walter continua a camminare a lunghi passi, appallottola il biglietto di Mara e lo getta via. - Una persa cento trovate.- dice, ma sente un po’ di magone e segue con lo sguardo il bigliettino stropicciato che si è fermato contro un bidone dell'immondizia: accanto a tre banconote da cento spiegazzate! Walter le raccatta incredulo, con un gesto lento, sacrale. Poi tocca la chiave che porta al collo, con un nuovo rispetto.
In fondo alla via c’è un negozio di vestiti e Walter entra sfilandosi la vecchia giacca stazzonata. Ne esce dopo mezz’ora fasciato in un completo di seta grigio, spacchetti sui fianchi e pantaloni coi risvolti. Completa la sua nuova immagine una grande borsa di cuoio naturale. Sembra uno yuppie di quando la Borsa tirava. Walter si sente pieno di energia, i muscoli pronti a scattare come molle compresse.
CAPITOLO 5
Ritto come un manichino, davanti all'ingresso della Reginald Goldsfish Bank, il direttore dei rapporti con la clientela della Splash scruta le persone che si avvicinano alla banca. Chiuso nella propria miseria intellettuale di laureato in scienze della comunicazione è convinto di saper giudicare le persone alla prima occhiata.
Walter cammina guardando le insegne, frusciando nel suo vestito nuovo con la borsa di cuoio nella destra e il direttore ha un sorriso di autocompiacimento: ecco l’imbecille del concorso, e gli fa un cenno mantenendo gelato il sorriso, senza alcun simpatia, neppure finta:
Il direttore solleva mezzo labbro come una iena in vena di disprezzo e risponde ironico:
Gli fa strada verso uno dei cassieri con cui scambia un cenno di intesa, poi controlla il voucher di Walter e gli indica un punto della ricevuta con una lunga unghia curata: - Ecco, mister Fraser: una firmetta qui.- Walter firma e il cassiere conta una mazzetta di biglietti da cento. Alle sue spalle, un ragazzo coi capelli lunghi e una ragazza rasata a zero spiano con ingordigia l’accumularsi della banconote, poi la ragazza dà una gomitata all’amico e lo tira via. Anche a Walter nel vedere tanti bigliettoni viene l’acquolina in bocca. Inghiotte disprezzandosi per la salivazione: il denaro non è tutto.
Il direttore gli punta contro l’unghia come un pugnale e sorride con l’angolo destro delle labbra:
Walter getta le banconote alla rinfusa dentro la sua nuova borsa, prima che ci ripensino. La stringe sotto il braccio ed esce dalla banca. Con una brusca accelerata una moto balza verso Walter. La guida il ragazzo dai capelli lunghi e la ragazza con la testa rapata gli sta aggrappata dietro come una cozza. Walter scarta ma non abbastanza. La cozza allunga un tentacolo e afferra la borsa coi soldi cercando di strappargliela. Walter resiste e si aggrappa ad essa con entrambe le mani, urlando come se gli strappassero il cuore. Grida e corre, trascinato dalla moto, finché la borsa si spacca e i biglietti da cento volano in aria. La moto sbanda e va ad incastrarsi sotto il muso della limousine di Goldfish che sta arrivando dalla parte opposta. Nevicano dollari e i passanti si azzuffano per prenderli. Walter saltella in mezzo a loro, isterico, spintona e viene spintonato, cerca di riprendere quelle banconote svolazzanti ma riesce a recuperarne solo una manciata. Grida: - Sono miei! Ladri! Aiutoo! Sono soldi miei! Arrestate tutti! Poliziaaa!- Si sente una sirena e i due giovani scippatori fuggono a piedi ma a piedi fuggono anche i due sequestratori dalla limousine di Goldfish dopo aver provato inutilmente a disincagliare l’auto dalla moto incastrata sotto l’avantreno della vettura. Resta, rigido e solo sul sedile posteriore, il cadavere dell'autista pugnalato dai malviventi. Dall’auto della Polizia balzano giù due agenti in divisa, pistolone alla cintola, manette ciondolanti sulle chiappe, guanti e cipiglio feroce:
L'agente afferra Walter per un braccio e si strappa le manette dalla cintura. Walter strattona, protestando: - Ma che fai? Arresti me? Ferma quelli! Ladriiii! – il poliziotto lo colpisce con un ceffone che lo fa andare a sbattere contro il bagagliaio della limousine di Goldfish dicendogli annoiato, in tono di routine:
Fortuna per Walter che l’altro agente scopre che l’uomo seduto nella limousine non risponde e fa un salto indietro puntando sul cadavere il suo pistolone. Per automatismo imitativo anche l’agente che ha schiaffeggiato Walter lascia la presa e scatta, gambe divaricate, con la l pistola puntata contro la macchina, ben salda in entrambe le mani. Intimano al morto:
Il cadavere scivola di lato e mostra il fianco sporco di sangue. - Poche storie! Fuori con le mani in alto! – ordina il poliziotto flettendo le gambe divaricate e muovendo la canna del pistolone. Il collega si avvicina alla limousine e guarda meglio. Mette via la pistola e dice all’altro: - E’ morto.- Anche il secondo poliziotto mette via l’arma, di malavoglia, e si drizza sulle gambe. Walter si china a raccogliere un biglietto cento dollari finito sotto la limousine e nel piegarsi in avanti la chiave stocastica che porta appesa al collo ciondola e balugina tintinnando contro la serratura del bagagliaio che scatta e si apre. - C'è qualcuno...- balbetta Walter ancora rintronato dagli schiaffi. La voce angosciata di Wilhelm sovrasta le altre.
Walter solleva il portellone: dentro il bagagliaio c’è Goldfish, legato e imbavagliato. Walter strappa il bavaglio al sequestrato che respira con affanno:
Wilhelm scansa Walter e i poliziotti in malo modo.
Uno dei poliziotti estrae un pugnale da dentro uno dei suoi stivali e obbedisce.
Goldfish gli dà un’occhiata che è un insulto e poi gli dice, a bassa voce, di togliersi dai coglioni. Il poliziotto ci resta male e scambia uno sguardo col collega che gli fa cenno di lasciar perdere. - Chi è quello della borsa?- chiede Goldfish rivolgendosi alla folla di curiosi che si è raccolta intorno alla limousine. Walter esita, poi si fa avanti, tastandosi le guance.
- Colpa? Questo era un rapimento, figliolo. Gente spietata. Guarda che han fatto al mio autista. Se andava bene, ci avrei rimesso cinquanta milioni.- - Cinquanta milioni di …dollari, mister Goldfish? – chiede il direttore della Splash. - No, di noccioline! Perché tu chiederesti meno per il mio riscatto?- - Non mi permetterei mai, mister Goldfish...- Goldfish si aggrappa a Walter per uscire dal bagagliaio. Le gambe gli cedono e resta appeso a lui, sorridendo:
L’ordine secco è per il direttore della Splash che esita: - Perché due, mister Goldfish?- Il miliardario si spazientisce:
Walter, sorreggendo il panciuto miliardario, fissa Wilhelm negli occhi e ripete l’ordine di Godfish con una smorfia d’imperio riflesso: - Sbrigati! Due sedili! – Il miliardario batte un colpetto amichevole sulla nuca di Walter:
Qualche minuto dopo una curiosa processione intralcia il traffico: portati dal direttore della Splash, dai due agenti e dal cassiere della banca, Goldfish e Walter, seduti sui sedili anteriori tolti dalla limousine, conversano come due papi in sedia gestatoria. Li segue un codazzo di curiosi. Goldfish si fa accendere un sigaro dall’ansimante direttore che regge il sedile e fa scattare la fiamma dell’accendino. Il miliardario aspira la prima boccata con grande sollievo e poi infila un sigaro in bocca a Walter sogghignando:
Walter sospira e socchiude gli occhi. Bella domanda. I soldi? Sì, anche. la fama? Sì, sì, però… Amore? Certo, l’amore perfetto, l’amore che non può esistere.
Goldfish scoppia in una risata stentorea e Walter si china per accendere il sigaro alla fiammella dell’accendino che il sudato Wilhelm con una contorsione è riuscito ad avvicinargli.
Walter annuisce, tira una boccata e tossisce:
Interviene Wilhelm a coprirgli la voce, ansimante per la fatica:
- La tua specialità: niente. Però con due segretarie che t'aiutano.- ride e dà una manata sulla testa sudata di Wilhelm, proprio come si farebbe sul culo di un mulo - Hai sentito, tu, bestia? Lo mettiamo alle relazioni pubbliche. - Il direttore soffia nel rantolo dello sforzo il suo signorsì. Walter supera il disagio: se non si bada a chi sta sotto, essere portati a spalla come dei papi è divertente. San Francisco vista a dorso d’uomo è anche più bella. Walter incontra lo sguardo scrutatore e porcino di Goldfish e gli sorride. Il miliardario ricambia: - Bello essere ricchi eh? – ammicca, e Walter ammette con un cenno del capo.- Vedrai. Dopo un po’ sembra naturale…- conclude il miliardario.
CAPITOLO 6
Al largo delle isole Marchesi l’oggetto scuro dondola al passare delle onde lunghe che precedono l’alba. E’ una grossa palla nera irta di detonatori, coperta di alghe e incrostata di conchiglie, che appare e scompare tra i flutti. Si trascina dietro lo spezzone di una catena corrosa dal mare. Un peschereccio le sta facendo prua addosso. Un giovane pescatore sbadiglia per il sonno, sbracato accanto al timone automatico. Nessun altro è in coperta e la prua solca le onde plumbee dritto verso la mina che ballonzola aspettando l’urto che segnerà la fine di sessant’anni di viaggio dalle coste delle Hawai’i, dove l’avevano incatenata davanti a Pearl Harbour, fino alle isole della Polinesia. Centinaia di imbarcazioni l’hanno sfiorata ma nessuna ha urtato i suoi detonatori facendola esplodere. Il ragazzo al timone ha chiuso gli occhi ignaro di quanto sta per accadere. Mancano pochi metri all’urto quando il gracchiare forte e vicino di un gabbiano lo fa balzare in piedi. L’uccello è su di lui e le sue ali quasi lo schiaffeggiano. Si tende dalla murata per maledire il gabbiano che vola verso la mina e ci si posa sopra. Nella luce del sole nascente: il pescatore vede la sfera cupa irta di detonatori e si precipita alla ruota, stacca il pilota automatico e dà un violento colpo di timone. La prua del peschereccio devia con uno strappo, saltando sull’onda come un cavallo imbizzarrito e passa a un metro dalla mina continuando poi in un ampio cerchio che il timoniere recupera con alcuni giri di ruota in senso contrario. Il gabbiano vola alto nel cielo e gracchia il suo saluto. Il giovane timoniere lo guarda e si fa un segno di croce . La sbandata ha svegliato i tre dell’equipaggio e il capitano sbuca irritato in coperta. Il timoniere, ancora emozionato per lo scampato pericolo, gli indica la mina che galleggia nella scia di poppa col suo carico di morte. Il capitano dà una manata di approvazione al ragazzo. Si volta verso uno dei suoi:
CAPITOLO 7
Apparentemente ignaro e passivo come un qualunque cappone, Mc Nugget, chiuso nella gabbia nello scantinato di Walter e Mara, espelle i suoi escrementi. Walter, elegante in una camicia di seta cruda e completo Armani, si inginocchia davanti a lui cercandone lo sguardo, ma la bestiola razzola nel proprio guano e non gli presta attenzione.
- Parli con la gallina? – la voce sgradevole del padrone di casa fa voltare Walter che si rialza dandosi un colpetto sui pantaloni all’altezza delle ginocchia, mentre con aria sprezzante Mr.Brooks avanza di due passi arricciando il naso con una smorfia di disgusto per la puzza che stagna nell’ambiente dal soffitto basso.
Walter risponde senza acrimonia:
Walter butta con noncuranza un pizzico di biglietti da cento dollari verso Brooks: le banconote planano tutt’intorno all’uomo che resta a guardarle a bocca aperta.
Brooks si china a raccogliere le banconote sparse sul pavimento sporco con una atleticità insospettabile nel suo corpo lardoso. Walter incede signorile verso l’uscita ma si ferma e si volta puntandogli un dito contro:
- Ma... Come ti permetti? – balbetta Brooks cercando una faccia indignata che non gli viene avendo le mani piene di banconote. Walter si pesca altri dollari dalle tasche e li sfarfalla addosso al padrone di casa costringendolo in un circolo vizioso dove la rabbia e l’ingordigia si mordono la coda.
- Meglio: ho trovato un banchiere – infila un rotolo di banconote nel taschino della giacca dell’esterrefatto padrone casa e infierisce, godendosi la sua vendetta: - Comincia subito. Dà una pulita alla gabbia, è piena di merda.… tiè, altri cento dollari al mese per la merda.- Mette fra le mani di Brooks una scopetta consunta e lercia di guano – C’è anche una paletta da qualche parte. Ancora una cosa, Brooks: da oggi mi devi chiamare Walter Magnum
- Magnum, Magnum... d’accordo. - Brooks ha recuperato dignità e tasta il rotolo di banconote che ha nel taschino. Walter punta un dito minaccioso contro Mc Nugget: - E tu, cappone, se cerchi di fare il furbo sarà peggio per te. – ma il pennuto becca il fondo della gabbia sporcandosi il becco di merda e non gli bada affatto. Intanto nel negozio di Alb, Mara sta provando una nuova sfera di cristallo: ce ne sono due sullo scaffale ma per quanto si concentri non riesce a vederci dentro nulla. Alb le si avvicina di soppiatto da dietro e le mette le mani sotto le gonne. Mara trasalisce e la sfera le sfugge dalle mani fracassandosi a terra. - Ancora! Uffa quanto sei cafone!- sbuffa Mara guardando i cocci di vetro sul pavimento.
Alb ride e torna alla carica cercando di palparle il seno. Mara si sottrae e Alb sbuffa:
Mara lo guarda male e Alb dondola il capo, scodinzolando come un vecchio cane in cerca di perdono:
- Ti spieghi sì, purtroppo…- sospira Mara e prende l’altra sfera dallo scaffale del negozio e cerca di concentrarsi muovendo la palla di vetro nel tentativo di farle prendere la giusta luce. - Ma tu ci credi davvero….oh sì, sì scusa…. È che io sono agn…agno… insomma io non credo alle stronzate, non so se mi spiego…-
CAPITOLO 8
Per Walter sono stati giorni frenetici ma entusiasmanti. Goldfish gli ha riempito le tasche di dollari per le spese per la crociera. Gli ha ordinato di comprarsi almeno una dozzina di pantaloni da tolda e di camicie di seta, scarpe da yacht, tre completi eleganti per le serate di gala, mentre magliette, accappatoi, giacche a vento con la sigla della barca li troverà a bordo. E Walter ha obbedito euforico. Poter spendere senza contare i soldi gli ha dato una sensazione infantile di potere, come quando giocava nel cortile di casa e regalava buoni da un milione a chi indovinava i suoi quiz. - Perché zia Quintilia rotola balla nuota e apre le porte? – nessuno indovinava mai.
Niente buoni da un milione, ora bastano cinque dollari nelle mani del commesso per renderlo servizievole come uno schiavo. Il mondo visto con le tasche piene di dollari è un mondo di schiavi. E’ un panorama comodo ma non esaltante. Quando il lussuoso yacht di Goldfish passa sotto il Golden Gate Bridge, il sole si è appena levato sulla baia e il grande ponte è immerso nella nebbia come quelle mattine in cui ci camminava sopra dando la mano a Mara. Walter non è riuscito a dormire ma quel filo di nausea deve essere il mare: troppo presto per avere già nostalgia della miseria. La Piramide si allontana a poppa nel pulviscolo di schiuma sollevato dalle eliche e la muraglia di bambagia che la lunga prua della barca sta penetrando gli pare promettere di mantenere, col suo peso uniforme, livellata e piatta l’acqua verde del Pacifico. Tutti stanno ancora dormendo e Walter ha l’impressione di essere ingoiato con tutta la barca in un tunnel temporale e vomita. Le prime giornate di navigazione, sempre prua verso sud, sono tutte da vomito per Walter che deve farsi il piede marino, almeno così gli dice il nostromo che gli porta i pasti in cabina, pasti che non riesce a mandar giù finché al quarto giorno si sveglia e la barca gli sembra ferma. Esce sul ponte: un grande sole rosso si sta tuffando nel Pacifico mentre nel pozzetto un cameriere serve liquori e ghiaccio a Goldfish e ad altri due uomini sbracati sui grandi cuscini in pelle bianca. La barca non è affatto ferma ma cavalca l’onda lunga dell’oceano, però a Walter non dà più fastidio. Goldfish lo saluta ridendo: finalmente! Stava battendo il record della durata del mal di mare. Gli mette in mano un drink e gli presenta i suoi ospiti: sono due personaggi ben noti a Hollywood ma i nomi di Rabin e di Scagnetti non dicono nulla a Walter che si stende sui cuscini per godersi il tramonto. Beve il suo whisky e sente i tre che parlano con entusiasmo del lancio di una nuova star, una gran bionda che farà un provino a sole calato. Walter, chiuso in cabina fin dall’inizio della crociera non sa nulla della bionda e tanto per partecipare alla chiacchiera, chiede:
- Abbiamo dovuto disintossicarla un po’ e l'abbiamo anche messa a dieta.- precisa Scagnetti . Walter lo guarda meglio: è brutto, bruno e mediterraneo. Beve tenendo il mignolo della mano destra teso in avanti. Rabin annuisce:
Walter sorride, già annoiato, per lui il cinema ha significato solo Marilyn Monroe. Il sole scompare rapido oltre la linea liquida dell’orizzonte lasciando qualche striscia scura nel cielo che diventa subito buio. Dopo poco sorge la luna, bella, piena e splendente. Walter si infila la sua giacca da tolda e aspira con la brezza salmastra che accarezza sull’oceano argentato accendendo qualche schiuma fosforescente nella scia del grande yacht. In uno dei saloni sotto coperta un’orchestrina sta suonando un blues che gli evoca Mara, i suoi capelli ramati, la sfera di cristallo. Che bello se ci fosse anche lei… ma è colpa sua se lei non è lì a godersi la vita. O no? L’eco di un paio di tappi di champagne che saltano e la voce di Goldfish che lo chiama interrompono il suo rimuginare e Walter scende sotto coperta. Un cameriere riempie una fila di coppe di cristallo davanti a Goldfish, Rabin e Scagnetti, mentre l'orchestra attacca il motivo di una canzone di Marilyn Monroe: "Bye bye baby" e la famosa voce di Marilyn riempie la sala, mettendo i brividi nella schiena di Walter che prende una delle coppe di vino dondolandosi a tempo di musica. Canticchia e si siede accanto a Goldfish: - Marilyn resta sempre Marilyn…- sospira. Beve un sorso e poi chiude gli occhi perdendosi nella voce sexy della Monroe. - Ti conviene guardare…- ridacchia Goldfish dandogli un colpetto sul braccio. Walter apre gli occhi: da dietro un siparietto appare un braccio candido e tornito, poi una gamba con calza a rete e scarpa col tacco a spillo di dodici centimetri, infine Marilyn Monroe o qualcuna che le assomiglia tanto, avanza verso i quattro cantando col microfono vicino alla bocca: è davvero uguale alla grande star scomparsa. Walter spalanca la bocca affascinato e Goldfish ne spia, divertito, l'espressione. - Marilyn... – sussurra Walter incredulo, stordito. - Sembra proprio lei, vero?- chiede Goldfish ingolosito.
Rabin si batte una manata su una coscia: - Ibernata! Buona idea per il lancio. Questo è un business da miliardi di dollari...- La sosia di Marilyn Monroe termina la canzone. Walter si alza, come in trance, con un sorriso idiota fisso sul volto sognante, le prende una mano e le sussurra:
Anche Scagnetti applaude e Goldfish guarda Walter incuriosito. - Davvero credi che sia lei? – chiede. Walter non risponde, fissa la bionda imbambolato. Goldfish guarda gli altri:
La bionda si siede a fianco di Rabin e Walter le si accuccia accanto, senza staccare lo sguardo dal suo viso. Rabin le mette una mano sulle cosce, senza malizia sessuale, come si fa con un animale di proprietà e spiega a Goldfish:
Goldfish guarda Walter e poi la bionda che si sta scolando una coppa di champagne.
Mentre i camerieri fanno saltare nuovi tappi alle bottiglie, il comandante dello yacht si avvicina a Goldfish, berretto d’ordinanza in mano, e gli fa un cenno per parlargli in privato ma il miliardario è euforico e gli ordina:
Un boato copre la frase di Goldfish. La luce si spegne e un'ondata spezza i vetri ed entra nel salone travolgendo tutto. Non c’è neppure il tempo di urlare. Lo schiaffo di acqua buia e gelata entra nei polmoni di Walter sballottato come un tappo di sughero contro le paratie e poi espulso nella notte lunare insieme a frammenti di legno, al berretto del capitano e alle bottiglie vuote di champagne che si riempiono d’acqua e affondano. Walter nuota e tossisce, tossisce e nuota per mantenersi a galla nell’ultimo schiumare dell’esplosione. Quando riesce a inspirare aria e si guarda intorno è solo in mezzo alle onde illuminato dalla luna: lo yacht non c’è più. Colto da disperazione Walter annaspa in mezzo ai relitti dell'esplosione e urla: - Marilyn! Marilyn!!! - Una pinna scura fende le acque e punta contro di lui. Walter urla di terrore. Starnazza e va sott’acqua ma qualcosa lo riporta a galla e avverte il contatto di una pelle flessibile come il cuoio sotto cui guizzano muscoli possenti. Terrorizzato sente una seconda presenza che lo affianca e lo sorregge poi Walter parte solcando il mare scuro come se gli avessero innestato un fuoribordo. Urla e perde i sensi. I suo corpo fila come un siluro sulle onde dell’oceano che spesso lo sommergono. E’ l’alba quando Walter torna in sé. E’ ancora sdraiato su quei corpi muscolosi ed elastici che lo hanno salvato dall’affogare e lo stanno portando chissà dove. Il muso di uno di loro emerge nella schiuma e lo guarda. Walter rivede negli occhi del delfino l’espressione di sopportazione che colse in quelli di Wilhem Mary Euge Reboldeener quando era costretto a portarlo in sedia gestatoria per le strade di San Francisco. Walter infreddolito e tremante si aggrappa alle pinne degli animali. Intorno c’è solo cielo e acqua. Le schiume chiare, il cielo ancora nero, quegli animali da fantascienza: Walter sospetta di essere morto annegato e che quell’assurdo viaggio finirà da qualche parte nei dintorni di Nettuno col tridente o di qualche altra più oscura divinità marina. Gli tornano in mente le leggende dei delfini che salvano la gente ma non ci aveva mai creduto, poi si ricorda della chiave, china il mento sul petto non osando mollare le pinne dei suoi salvatori: essa è sempre là, stillante acqua salata, ma ciondolante intorno al suo collo con quei suoi piccoli improvvisi bagliori. Il sole spunta alla destra di Walter e incendia il cielo portandosi via i pensieri di morte e i due delfini nuotano con forza verso una lontana riga di palme che oscilla alla brezza del mattino. - Terra! – esclama come già Colombo. Uno dei delfini gli dà un’occhiata e stavolta Walter crede di leggere dell’ironia in quello sguardo intelligente. Sotto le palme c’è la linea dorata di una spiaggia sovrastata dall’ombra conica di una montagna tutta verde. Il fondo del mare cessa di essere insondabile e appaiono le prime macchie di roccia lavica incastonate nella sabbia chiara: l’acqua è sempre più bassa e i delfini sgroppano scodellando il loro carico umano sulla battigia. Walter rotola sul basso fondale, nella ruvida carezza di un cavallone che lo trascina a riva e si alza in piedi. La testa gli gira, vorrebbe ringraziare i delfini ma sono già scomparsi. La chiave della fortuna riflette la luce del sole. - Un uomo! dio sia lodato! - La voce di quella che Goldfish voleva chiamare Marilyn Due fa voltare Walter appena in tempo per ricevere la donna, seminuda, sul proprio petto. Si aggrappa a lui, si avvinghia a lui piangendo. Walter resta a braccia spalancate, estasiato e stupefatto. Poi guarda il cielo azzurro, le palme , la sabbia che si sta scaldando e chiude le proprie braccia su quel corpo prezioso, stimolo per tanti amori solitari della sua adolescenza. - Marilyn… - balbetta e sente gli occhi riempirsi di lacrime. Con voce rotta dall’emozione, piangendo di gioia e tremando non più per il freddo ma per l’emozione, chiede in modo idiota:
Marilyn Due lo guarda e singhiozza più forte, poi con un cambiamento repentino lo bacia sulla bocca. Walter, travolto dalla sua passione lungamente coltivata, ricambia il bacio e i due rotolano, congiunti in un amplesso biblico sulla spiaggia deserta piena di sole. Appollaiato su un grappolo di noci di cocco un pappagallo maschio becca sul becco la propria compagna.
CAPITOLO 9
A San Francisco, nella villa di Goldfish è in corso un altro amplesso, meno biblico: Eileen, moglie insoddisfatta del miliardario, donna segaligna vicino alla cinquantina, sta cavalcando il maggiordomo Mortimer che la subisce fissando il soffitto. Suona il telefono e Mortimer risponde. Eileen continua a montarlo senza rallentare il ritmo.. Mortimer ascolta la voce al telefono e poi lo offre alla donna: - E' per lei, signora Eileen. Una disgrazia, pare…- Eileen è vicina all’orgasmo e ansima: - Dopo, Mortimer, dopo...- ma il maggiordomo la ferma e insiste : - Signora, suo marito è morto. - Mortimer si sottrae all'amplesso, sgusciandole di sotto e Eileen, ansante e scarmigliata, afferra la cornetta e sbotta:
Mortimer accende la TV: uno speaker sta concludendo con voce di circostanza: - ... fatalità ha voluto che lo yacht di Mr. Goldfish incappasse in una vecchia mina costruita forse dalle officine Douglas che oggi sono… erano di mister Goldfish. Sono già stati recuperati dodici corpi e non ci sono più speranze di trovare superstiti.- Anche Mara è davanti alla televisione e singhiozza senza riuscire a respirare. Alb la guarda irritato. Scola un lattina di birra, rutta e si alza :
Alb rutta compiaciuto dal rombo di tuono che riesce a ricavare dal suo esofago. - Colpa? Merito semmai. Andiamo a letto che te lo faccio dimenticare quel coglione, non so se mi spiego.- Mara si alza, prende la sua borsa, la giacca e se ne va: - Mara... ma che fai? Dove vai? ma perché?-
Il sole cala sull’atollo e barbaglia tra le fronde delle palme in continuo movimento. Walter e Marilyn Due sono sdraiati sulla spiaggia, uno accanto all’altro, mano nella mano, nudi come Adamo ed Eva. Walter è perduto nel suo sogno, sta viaggiando come se si fosse imbottito di LSD. Marilyn Due sussurra, con una dolcezza molto personale:
- Walter. – sussurra Adamo- Mi chiamo Walter …- poi si volta e la guarda con occhi così pieni d’amore da metterla in imbarazzo. - Ma… ti sei fatto? – chiede Marilyn Due incerta. Walter non la segue, continua il suo pensiero di prima:
Sentir proferire il suo nome dalle amate labbra scatena di nuovo la passione e l’uomo si gira sopra il corpo bellissimo della donna e la bacia. Fanno di nuovo all'amore. Anche il pappagallo starnazza sulla sua compagna che non può sottrarsi a una nuova coloratissima monta.
Sorge una luna finta su un oceano da cartolina. Un paguro trascina la sua conchiglia sulla sabbia fermandosi perplesso a controllare una piccola serie di gusci rossi allineati a gruppi di cinque. Marilyn Due, nuda, in piedi sulla battigia, guarda le sue unghie smaltate sparire sotto la sabbia mossa dall’onda che risacca sulle sue caviglie e il paguro allontanarsi senza aver soddisfatto la sua curiosità. Poi leva gli occhi alla luna che dà all’atollo una dimensione irreale.
Walter l’abbraccia a dietro, nudo anche lui, in perpetua erezione: - E non è stupendo? - Marilyn Due annuisce ma una lacrima le cola sulle guance. Walter se ne avvede, la gira verso di lui e sfiora quella lacrima con le labbra, bevendola. Poi le affonda una mano fra i capelli e con voce già rauca di desiderio, le chiede:
Walter infoiato penetra nella donna che cerca di opporsi ma poi lascia fare mentre la pappagallina svolazza via inseguita dal pappagallo che lancia delle strida di protesta. Le onde dell’oceano lavano i corpi dei due amanti, titillandoli, accarezzandoli e anche Marilyn Due ci prende gusto. Molto più tardi, al primo vento dell’alba, Walter accarezza il corpo di Marilyn Due, avvolgendolo alla meglio nel pezzo di vestito che la donna ha salvato dal naufragio e le mostra la piccola chiave che porta al collo
- Hai fatto scoppiare tu la mina? – chiede la donna spalancando gli occhioni colmi di ammirazione.
Marilyn Due sospira rassegnata e poi recita monotona:
Marilyn Due si siede sulla sabbia e si abbraccia le ginocchia. Si lecca le labbra che san di sale e poi socchiude gli occhi con l’acquolina in bocca: - Hotdog e coca. – lo dice con tanta golosità che a Walter suona come un piatto di raffinata cucina. Anche lui trangugia saliva e sussurra:
Un rumore sordo fa spalancare gli occhi ad entrambi: un'ondata ha fatto arenare una cassa sulla battigia. La sua sagoma scura si staglia bene nel rosso dell’aurora. I due naufraghi corrono verso di essa e Walter stacca le assi spezzate del coperchio: dentro, chiusi in buste di plastica, ci sono degli hotdog precotti e delle lattine di coca cola. Walter offre un hotdog e una coca all'allibita Marilyn porgendole anche una bustina di cetriolini e una bustina di senape. La donna gonfia le guance e poi soffia uno spezzato:
- Cazz...! – e subito si trattiene, guardando Walter con timore reverenziale, quasi con paura poi riesce a puntare un dito sulla chiave stocastica che brilla sul petto di Walter -…la chiave? Ma è come il genio della lampada! Me la dài?-
Marilyn Due allunga un dito fino a toccargli il pene che subito si erge impetuoso. Sogghigna soddisfatta: - E chi lo sa. – poi con uno scatto strappa la chiave dal collo di Walter e scappa.
Walter la rincorre lungo la spiaggia. Marilyn Due grida il suo desiderio alla chiave tenendola puntata contro il cielo. - Voglio andar via di qui! Via di qui!!! - Il rumore di un elicottero buca il silenzio. Marilyn Due si ferma sbalordita. Un elicottero con la scritta RESCUE scende verso la spiaggia mentre il sole spunta all’orizzonte come per dare un’occhiata anche lui. La donna agita le braccia - Siamo qui! Siamo qui! - Walter raggiunge Marilyn Due e le leva la chiave di mano, la infila di nuovo nella catenina spezzata fermandola con un nodo. Se la rimette al collo mentre l'elicottero atterra in una nuvola di sabbia. Ne scendono due uomini e Marilyn Due corre ad abbracciarli. Il pilota ricambia un po’ imbarazzato perché la donna è quasi nuda, poi si rivolge a Walter:
- Alla moglie, credo. Forse le serve questo…- e passa a Walter un paio di bermuda. Solo ora Walter realizza di essere nudo e indossa i pantaloni, impedito da Marilyn Due che gli butta le braccia al collo: - Un milione di dollari? Visto, cazzo, che sei il mio uomo ideale?- lo bacia e poi saltella intorno lanciando gridolini di gioia. Walter la allontana con garbo, rigirandosi la chiave fra le dita, frastornato. Le sussurra: - McNugget o chi diavolo sei, non stai esagerando? -
CAPITOLO 10
Una balenare di flash saluta l'arrivo di Walter e Marilyn Due davanti a uno dei palazzi di vetro dell’Embarcadero dove ci sono gli uffici dell’esecutore testamentario del defunto Goldfish. La coppia scende da una lunga limo bianca e Marilyn Due si avvinghia a Walter recitando la parte della Monroe. Tiene fra le dita un lungo bocchino d’avorio e strizza le palpebre per fingere una miopia che non ha. Walter è frastornato. Quei lampi di luce negli occhi non lo aiutano a realizzare quello che sta vivendo, le domande dei giornalisti gli giungono urlate e confuse e quella Marilyn Monroe, volgare e invadente, gli dà un improvviso fastidio e la stacca da sé senza gentilezza. - Come si è salvato, mister Fraser?- - E' vero che ha nuotato con Marilyn sulle spalle per cento miglia?- Marilyn Due si sente trascurata, mette su un fotogenico broncio e sculetta verso l’androne, fingendo di sconocchiare sui tacchi alti. Walter si ripara dai flash mentre il servizio d’ordine tiene a bada fotografi e giornalisti. Vista da dietro Marilyn Due che sculetta è uno spettacolo e scroscia un applauso dalla piccola folla che fa ala al suo passaggio. - Perché Goldfish le ha lasciato tanti soldi?- - C'era del tenero fra voi due?- Mara, mascherata con un foulard sui capelli e occhialoni da sole, guarda turbata da sentimenti contrastanti: è felice perché Walter è vivo, è furibonda per quella brutta copia di Marilyn Monroe che gli sta addosso. Davanti al portale di ingresso Eileen attende, tutta in nero, sbarrando la strada a Walter e Marilyn Due, appoggiata per vezzo a una canna di ebano dal manico d’argento. Sembra Jack Palance in un western all’italiana. Walter si aspetta che estragga la Colt 45. Eileen resta immobile con un scenografico alito di vento fra i capelli. Guarda la coppia con aperto disprezzo. Walter decide di estrarre per primo e le porge la mano:
- Ma lei non è Stanley. Lei è un pidocchio.- E con questo epitaffio gli volta le spalle e si dirige verso uno degli ascensori. Marilyn Due le fa uno sberleffo, Walter rimette la mano in tasca scervellandosi sulla risposta di Eileen.
Mara ha un moto di rabbia. Si avvicina ala bionda e le sibila:
Marilyn guarda la sconosciuta e fa la bocca a culo di gallina:
Walter scuote la testa preso da un suo dialogo interno. Gli affiora dentro la testa una voce maligna:
L’immagine del cadavere di Goldfish gonfio d’acqua e sbocconcellato dai pesci galleggia fastidioso nella fantasia di Walter che respira a fondo: non ha voluto lui quel succedersi degli eventi. E’ capitato.
Mara si è incamminata verso la Market. Si toglie gli occhiali e si asciuga gli occhi bagnati dal pianto. E’ arrabbiata con se stessa: piangeva quando lo credeva morto, piange ora che è vivo e ricchissimo. Che senso ha? Cercando di trovarlo ripensa ai momenti belli e brutti passati con Walter. Il loro primo incontro non fu per lei come lo racconta Walter. Per lei captare quel suo primo sguardo brillante e ironico che gli illuminava gli occhi fu la certezza che quello era il suo uomo. Anche vivendo insieme la stessa vita si resta in universi paralleli perché le cose che capitano non sono vissute allo stesso modo. Mara è certa di questo. Ciò che vede o crede di vedere nella sfera di cristallo o nelle carte è una delle realtà possibili, sospesa da qualche parte, in attesa che qualcuno con un gesto, una misura, una decisione, la faccia precipitare nella realtà condivisa. Walter deve aver fatto un gesto insolito e un’onda di improbabilità è diventata un evento reale. Mara non sa rassegnarsi perché c’è qualcosa che non sembra concluso, come se l’improbabilità si stesse realizzando a fatica lasciando la sensazione di dover fare. Ma cosa? Anche Walter avverte quella sensazione di incompiutezza. Una parte di lui sospetta di esser immerso in un sogno, prima o poi si sveglierà o all’inferno o in paradiso e non riesce a stabilire in quale dei due posti si trovi il basement e la vita con Mara. Proprio come un parvenu capitato in un mondo che non gli appartiene, Walter ha paura che una qualsiasi delle persone che incontra possa avvicinarsi, sorridergli e sussurrargli che c’è stato un errore, prenderlo per un braccio e buttarlo in mezzo alla strada. L’esecutore testamentario lo fissa con un distacco da entomologo. Quella faccetta, resa viva da occhietti neri penetranti, gli dice che quell’uomo ne ha visti tanti di cialtroni ma che lui eccelle nella categoria. Walter combatte contro questa paranoia ma si sente colpevole. E’ una morsa che a volte gli serra lo stomaco e toglie aria ai polmoni costringendolo a respiri forzati. Il legale legge il testamento senza inflessioni, lasciando ogni tanto cadere un’occhiata sulle cosce di Marilyn Due che ha accavallato le gambe mostrando il mostrabile e oltre. Lì, dove la pelle rosa delle cosce si unisce impedendo visioni più intime, va anche lo sguardo furtivo di Mortimer e di Wilhelm Mary Euge Reeboldeener, direttore della Splash che assistono alla lettura in qualità di testimoni. Pure Eileen dà un’occhiata alle cosce di Marilyn ma solo al traino degli sguardi maschili. Se ne ritrae con una smorfia di disprezzo che per Walter rimbomba come un "puttana!" detto ad altissima voce. Il testamento è breve: metà di tutto a Walter e l’altra metà alla vedova. - ... così dispongo nel pieno possesso delle mie capacità di intendere e di volere. Firmato in mia presenza dal fu Henry Jordan Goldsmith.- conclude l’esecutore testamentario. Marilyn Due scavalla le gambe offrendo fugace visione di delizie, balza in piedi e abbraccia Walter. Eileen arriccia il labbro superiore e stringe le nari come se all’improvviso fosse stata colpita da orrenda puzza. - Nel pieno possesso della sua depravazione - commenta secca, poi punta la sua canna d’ebano contro Walter che fa un passo indietro. Stringe gli occhi che hanno un balenio felino e minaccia :
Mortimer guarda la donna con britannico distacco.
Eileen lo misura con un’occhiata di commiserazione: - Per quanto pervertito questo pidocchio non potrà darti quel che ti davo io, Giuda. - gira sui tacchi e lascia l’ufficio. Marilyn bacia in bocca Walter che si agita, senza fiato. Wilhelm ha un sorriso da lenone dipinto sulla faccia da servo.
CAPITOLO 11
L’elicottero sfiora la punta della Piramide e si innalza a mostrare il centro di San Francisco, la baia punteggiata dagli spinnaker e l’arco del Golden Gate Bridge. Walter si tiene al sedile e guarda dal finestrino mentre il direttore della Splash, a suo perfetto agio, gli illustra i possedimenti appena ereditati. Walter è più interessato al pilota che guida, gli pare, con eccessiva noncuranza.
Walter annuisce: forse è l’elicottero ma sente un laghetto di nausea in fondo allo stomaco e il sapere che tutte quelle cose adesso sono sue non gli dà gioia. - Per oggi basta. Scendiamo. – ordina ritraendosi e chiudendo gli occhi. Il giorno dopo, su un altro elicottero, Walter viene portato da Wilhelm a volare sopra Ground Zero, a New York. Le macerie sono state rimosse eppure è come se fossero rimaste là e Walter rivede cadere e spiaccicarsi al suolo quelle persone che si buttavano da cento piani per sfuggire alla morte per fuoco. Gli è rimasta impressa una coppia che cadeva tenendosi per mano, come angeli verso l’inferno. Guarda quella larga ferita di morte e ascolta irritato Wilhelm che si rammarica perché hanno perso ben tre piani di uffici nel crollo delle Twin Towers.
Walter sente quel laghetto putrido che stagna nel suo stomaco salirgli in gola. Guarda lontano, oltre il finestrino: - Uh, quello è il grattacielo di King Kong! – esclama indicando la punta dell’Empire State Building e il direttore annuisce avvolgendolo in un’occhiata sarcastica:
Il disprezzo che suona nella voce di Wilhelm provoca un’onda d’acido nello stomaco di Walter che deve trangugiare per ricacciare indietro il liquido che gli monta su per l’esofago. Si volta a guardare il direttore: visto così, di profilo, ricorda il muso di un rapace. - Nostro? Perché dici sempre nostro? - Wilhelm, sorpreso, incontra lo sguardo di Walter: quel parvenu adesso ha i soldi e quindi il potere, deve abbassare gli occhi e fare mostra di umiltà. Esegue, mentre dice:
Un silenzio imbarazzato riempito dal rombo dell’elicottero, poi Wilhelm si raschia la gola, tocca sulla spalla il pilota e gli dice di dirigersi allo stadio di baseball. Il pilota sposta la cloche e l’elicottero compie un semicerchio su Manhattan sorvolando Central Park, un ritaglio verde dai bordi netti quasi il disegno di un bambino in mezzo a una selva di torri improbabili, e poi supera l’Harlem River e cala sullo Yankee Stadium, nel Bronx. Wilhelm Mary Euge Reeboldineer scopre tutti denti che può in un sorriso che vorrebbe essere cordiale ma che lo fa sembrare il lupo travestito da nonna della favola di Cappuccetto Rosso:
cielo ?-
Mentre l’elicottero scende sul verde, vicino al diamante, al centro delle tribune gremite di folla, Eileen, in zona Vip, vestita tutta di nero, svita la punta della sua canna di ebano. L’elicottero tocca terra e ferma le eliche. Walter sgancia la cintura e si alza. Dice a Wilhelm:
Eileen è pronta. Si dà un’occhiata intorno ma nessuno bada ai suoi movimenti. Punta la canna contro l’elicottero come un fucile e prende la mira: accanto al manico c’è una tacca e, sulla punta, un mirino. Walter scende i tre scalini dell’elicottero e leva in alto le mani congiungendole sulla propria testa salutando il pubblico. La folla si alza in piedi sulle gradinate ed esplode in un applauso assordante. Eileen sente un gioia gelata invaderle il cuore. Eccolo là l’usurpatore, finalmente nel mirino! Il buffone che si fa bello coi soldi suoi! Dritto al cuore, Ramon! Preme un grilletto nascosto nella canna e spara. Nel clamore della folla non si sente il rumore del colpo. Un piccione vola davanti a Walter, si becca la pallottola e cade sull'erba stecchito. Eileen abbassa la canna aggrottando la fronte: non ha capito quello che è successo, neppure Walter se n’è reso conto e si inchina a destra e a sinistra, poi rientra nell’elicottero. Furibonda Eileen alza la sua canna prendendo di mira l’elicottero ma una mano si posa su di essa e gliel’abbassa. E’ Mortimer che la guarda con aria critica. - Non siamo in Iraq, Ma’m…-
CAPITOLO 12
Il panorama monumentale di Washington si rispecchia nelle acque del Potomac, rosse per il tramonto. In uno degli uffici del palazzo Watergate, nel salone delle conferenze, sette uomini vestiti e incappucciati di nero siedono intorno ad un tavolo ovale. Immobili, rispettosi del rituale, attendono che l’incappucciato seduto a uno degli estremi dell’ellisse con il sole alle spalle che lo circonfonde di un alone rosso, prenda la parola. La pendola batte i sei rintocchi della sera e gli incappucciati recitano in coro:
Congiungendo le mani bianche e ben curate sul lucido legno del tavolo, il Venerabile parla:
Il Venerabile fa una pausa ma nessuno rompe il silenzio che divide e unisce gli incappucciati.
Un brusio si leva dagli uomini incappucciati, poi uno alla volta tutti alzano la mano. Quello che ha fatto la proposta si leva il cappuccio e si presenta, imitato via via dagli altri.
- Ivan Golutva, KGB. Ex.- Rubizzo per le bevute di vodka ma gelido come la Siberia. Una riunione simile a quella di Washington si sta svolgendo ad Atlanta, Georgia, in una suite all’ultimo piano dell’hotel Peachthree dove un’aria condizionata gelida separa in modo drastico dall’esterno arroventato dal sole. Qui i sette uomini sono incappucciati di bianco come quelli del KKK e siedono intorno ad un tavolo circolare. Tre di essi si son già presentati e levati il cappuccio. Il rito dello smascheramento prosegue con gli altri quattro che nel palesarsi recitano il proprio nome e la loro qualifica:
- Generale Culverton. Andrò io a parlargli. – Piccolo e bruno, con la pelle butterata dalla varicella, sembra più uno scaricatore di porto che un generale dell’esercito americano. - Eduard Albson della Guardia Nazionale. Purché sia subito, il progetto Freedom non può aspettare.- Faccione da texano a mascella quadra, vasta faccia e occhi piccoli abituati a guardare nel culo delle vacche. - Tip McWrite della Rifle Association. Risolvete o ritireremo il nostro appoggio.- Alto, magro, evidentemente gay ma con modi da falso macho che lo rendono, in un modo sottile, pericoloso come una serpe. A tre ore di distanza, in un ristorante italiano di Brooklyn, altri sette uomini si appoggiano agli schienali delle sedie avendo finito l’ultimo pezzo di cassata siciliana. Qui il tavolo è rettangolare e i commensali sono a viso scoperto e pancia prominente. Molte bottiglie di vino punteggiano la tovaglia a quadri, quasi tutte vuote. A capotavola siede Totò Dellutri, un uomo sulla sessantina dai modi cordiali, un sorriso illuminato da un impianto di 32 denti troppo perfetti. Lo sguardo che filtra da sottili fessure che paiono tagliate col rasoio resta gelido, da rettile. Due commensali si frugano fra i denti con gli stecchini e il più discreto si copre la bocca col tovagliolo. Tutti guardano verso Totò con grande rispetto. Il boss li gratifica del suo sorriso da iena e ficca una mano sotto le gonne della cameriera che si è avvicinata per chiedere se desiderano qualche altra cosa. Poiché Totò tasta la ragazza e ride anche gli altri ridono. La cameriera resta immobile, rossa in viso, ma non osa protestare. Totò leva la mano da sotto la sua gonna e la offre alla ragazza da annusare:
La ragazza scappa via inseguita dalla risata grassa dei commensali. Totò smette di ridere e il tavolo diventa subito silenzioso. - Criata! – esclama Totò - portasse sette caffè bollenti! – poi rivolge i suoi denti verso i commensali e spiega, come ha fatto innumerevoli volte, che il caffè fa bevuto con cinque C , ossia "come cazzo coce chisto caffè". Verità che viene sempre accolta come una rivelazione dai suoi sottopancia. Finito anche il rito del caffè, Totò cala le labbra, spegne la dentiera e tutto il volto gli casca intorno alla bocca. Restano i suoi occhi piccoli, furbi e cattivi. Non c’è più nulla di cordiale adesso in quella faccia.
Totò scopre di nuovo i denti e lo stesso fanno i suoi commensali. Alla cameriera che ritira le tazze vuote del caffè sembrano un branco di vecchi sciacalli che stiano per spolpare una carogna. Dall’altra parte del continente il sole è calato dietro il Golden Gate Bridge. Mortimer si sporge dalla balconata in legno della biblioteca della villa del fu Goldfish e pesca con mani guantate di bianco manciate di dollari che butta di sotto. Walter e Marilyn Due ballano sotto la nevicata verde, lasciandosi accarezzare dalle banconote, mani alzate e occhi socchiusi, ridendo come bimbi. - Ancora! Mortimer, ancora…- urla Marilyn Due sull’orlo di un orgasmo e Walter geme a occhi chiusi come se l’orgasmo l’avesse già raggiunto:
Mortimer, impassibile, vuota tutto il sacco sulla coppia. Marilyn Due si avvinghia a Walter e lo costringe sul pavimento, sul soffice strame di cartamoneta. Il maggiordomo se ne va e spegne la luce. CAPITOLO 13
In Africa, una torre di trivellazione della Goldfish Inc. fa un’ombra corta al sole rovente del primo pomeriggio. La trivella gira, lenta e possente, oliata e vigilata dai tecnici e dagli operai. All’ombra della torre alcuni beduini stanno accoccolati sulle loro stuoie bevendo del tè bollente. Il capo beduino dice qualcosa in arabo e tutti annuiscono. La pressione nel pozzo aumenta e viene ritirata la lunga trivella seguita da un possente getto scuro. Tecnici e operai esplodono in un urlo di gioia, ma il getto scuro si schiarisce fino a diventare acqua. Il capo beduino scoppia a ridere e i suoi fanno eco. Un dirigente della Goldfish Inc. vestito di bianco viene raggiunto dalla pioggia sporca mentre corre verso un telefono satellitare. Il cielo buio di San Francisco è percorso da colonne di vapori che si attorcigliano nello scontro di venti polari e occidentali che si avvita sul Pacifico. Le finestre della villa di Goldfish sono illuminate e i lampioni del grande parco sono accesi. Una berlina blu si avvicina al cancello. La mano guantata del guidatore pigia su un telecomando e il cancello si apre. L'auto percorre il viale senza rumore, solo il gemito della ghiaia schiacciata dalle ruote. Un lampo illumina il parco e la villa, seguito da un tuono mentre il cancello si richiude. L’auto si ferma su un lato della casa. Dalla vetrata che dà sul giardino giunge l’eco delle risate di Walter e di Marilyn e si intravedono i loro corpi nudi che si inseguono e lo sciacquare di una piscina. Nella grande vasca Jacuzzi con l’acqua illuminata da fari subacquei, Marilyn Due spinge sott’acqua Walter, in un mare di bollicine. L’uomo strilla, ride, e difende con una mano la piccola chiave che porta sempre al collo. Poi è lui a trascinare sott’acqua Marilyn Due, stringendola in un abbraccio. La donna si divincola ed emerge. Walter la guarda, nuda, stillante d’acqua, le labbra rosse e gonfie che sfiorano le sue e le sussurra:
Walter la bacia chiudendo gli occhi. Marilyn Due risponde al bacio e, pur restando con gli occhi aperti, non si avvede dell’ombra nera che solleva da terra una delle lampade alogene puntate verso il soffitto. Walter accarezza il corpo di Marilyn Due godendone il contatto e le bacia la punta del naso iniziando uno di quegli interrogatori melensi da liceale represso:
Marilyn Due sospira alla ricerca di ragioni plausibili e appaganti per l’uomo con la chiave:
Lo sconosciuto avanza di un passo con la lampada accesa in pugno: l’intenzione omicida è evidente, gettarla in acqua e uccidere i due amanti per folgorazione.
Marilyn Due fatica a trovare altre qualità in Walter. Lo serra fra le proprie cosce e gli sussurra:
- Oh ce ne hai messo a dirlo... – Walter la spinge contro il proprio sesso premendo tutte e due le mani sulle natiche tonde e chiare di Marilyn Due. Nessuno dei due si avvede del pericolo. La donna si concede all’amplesso mormorando in bocca a Walter
Walter la bacia in una nuvola di bollicine
L’assassino getta la lampada nella vasca, ma una frazione di secondo prima che essa tocchi l’acqua, un fulmine centra in pieno la villa interrompendo il flusso della corrente elettrica. Quella che cade nell’acqua accanto a Walter e a Marilyn è una lampada spenta. Si sono spenti anche i faretti subacquei e Walter ridacchia nel buio mentre il riflesso di un nuovo lampo scontorna di azzurro i loro corpi nudi. Marilyn si libera dall’amplesso e schizza fuori dalla vasca con uno strillo.
Mortimer entra con un candelabro a tre bracci e un telefono wireless su un vassoio. Posa il candelabro su un tavolo e recita compunto:
Il maggiordomo si inginocchia sul bordo bagnato della vasca e Walter prende il telefono. Prima di rispondere alla chiamata guarda l’impeccabile figura del maggiordomo e dice:
- Bene signore. Lei chiamerà Jeeves e Mortimer verrà. – si inchina appena con grande signorilità. Walter sorride felice e porta il telefono all’orecchio. - Sono io. Che succede in Africa per rompermi i coglioni qui? – gli arriva la voce del dirigente che gronda acqua sporca sotto il sole del deserto. Walter sente anche gli sghignazzi dei beduini
La voce esita e Walter fa l’occhietto a Marilyn che si è avvolta in un accappatoio di spugna bianco e se lo tiene stretto addosso, seduta sul bordo della vasca. Mortimer cerca con lo sguardo nel buio del salone, oltre l’alone mobile delle candele, ma l’assassino sembra scomparso.
Walter si diverte ad esercitare il suo nuovo potere. Lo fa senza malanimo, con la protervia di un bambino.
- Niente se e niente ma! Con me obbedire e basta! Compra! – Walter fa volare il telefono sul pavimento ed esce dalla vasca. Marilyn Due gli va incontro provocante e lo avvolge nel suo accappatoio. Walter la abbraccia: - Vieni, sogno della mia vita, con le candele è più romantico….- la bacia con grande trasporto e i due scivolano sul pavimento riprendendo l’amplesso interrotto dal buio improvviso. Nascosto dietro una statua falsoromana, l’assassino vestito di nero guarda i due corpi nudi avvinghiati che fanno l’amore. Si toglie il cappuccio e sgrulla la testa per sciogliere i cappelli che piovono intorno alla faccia pallida di rabbia di Eileen. Dal fondo del salone con un altro candeliere in mano, Mortimer la chiama con un cenno e la donna obbedisce passando accanto agli amanti in estasi. Mortimer le fa luce fino alle cucine. Posa il candeliere e reinserisce l’automatico ridando la corrente a tutte le stanze. Eileen, le labbra stette per l’ira, si sfoga con una manata sulle candele mandandole a spegnersi sul pavimento. Parla con voce bassa, roca per il furore:
Mortimer sospira e scuote la testa:
- Non mi piacciono le storie pornografiche.- si avvicina a Mortimer e gli accarezza l’inguine - E tu? Anche tu non mi ami più?-
Eileen ha una breve risata e si ritrae.
L’uomo prende un lungo bocchino da una rastrelliera, ci innesta un cigarillo, lo accende e tira la prima boccata, poi lo porge alla donna che fuma con piacere fisico, aspirando e facendo sfrigolare la brace. - Aiutami a far fuori quel bastardo e la sua metà sarà tua.- guarda Mortimer attraverso il fumo denso che lascia uscire dal naso e che sale come una velette davanti ai suoi occhi accesi dall’odio. Il maggiordomo si concede un lieve sorriso e ammette
CAPITOLO 14
La Ferrari si ferma con un ultimo rombo davanti alle finestre dello scantinato in cui vivevano Walter e Mara. Walter balza giù dalla favolosa "rossa" e si dirige con passo veloce verso il portone del palazzo. Quante volte ha percorso quel marciapiede da sconfitto, sognando fama e ricchezza! Però di tornare lì con una Ferrari non l’aveva mai immaginato neppure nelle sue fantasie più ottimistiche. Si sente più giovane e l’aria della Market è meno puzzolente di quando spennava il culo a quel cappone che si è messo a parlare come un filosofo. Anche il senso di colpa sta svanendo, in fondo è facile, basta guardare gli altri e pensare sempre "chissenefrega". La stranezza della sua vicenda alimenta adesso dubbi diversi: magari si è inventato tutto, uovo, alieni e chiave stocastica. Magari è solo un trucco psicologico: credendosi fortunato lo è diventato. Ma la piccola chiave attaccata alla catenella d’oro che gli solletica il petto gli suggerisce di lasciar perdere le elucubrazioni. Appena Walter entra nel casamento, Mortimer e Eileen sbucano sulla strada e si incamminano verso la Ferrari. Eileen ha in mano un pacchettino di plastico collegato a un timer. Walter apre la porta dello scantinato e si ferma sulla soglia, sopraffatto da un senso acuto di nostalgia e sbuffa: non è normale provare nostalgia per quel buco immondo! Anche se l’ambiente è stato ripulito l'arredo e la penombra col quell’eterno sentore di muffa sono quelli di sempre. Nella stia il cappone becchetta il granturco dalla coppetta che Brooks gli ha lasciato ben colma. Entra: il letto è di nuovo sulle sue gambe, il fustino del sapone Splash è tornato davanti allo specchio e i cocci della sfera di cristallo sono stati scopati via. Non c’è nulla che sia appartenuto a Mara eppure tutto l’ambiente è impregnato di lei. Mara avrà certo saputo del suo successo e della sua fortuna e, orgogliosa com’è sempre stata, ha voluto scomparire per non approfittarne. Se è stato così, e Walter sente che è stato così, la mancanza di lei si fa più dolorosa.
Walter trasalisce alla voce di Brooks e lo guarda seccato, poi gli chiede:
Brooks è disposto a subire qualsiasi stranezza da quell’uomo diventato ricchissimo. Per lui il denaro fa la persona: tanti soldi, tanta persona. Ora Walter è davvero The Great.
Walter si china a scrutare negli occhi il cappone
L’animale dà un’occhiata a Walter e poi riprende a becchettare il granoturco. - Fai lo stronzo, fai lo stronzo… peggio per te!- gli dice Walter e poi al padrone di casa - Brooks, tu continua a tenerlo d'occhio.- gli butta una fascio di banconote da cento e l'uomo si inchina servile. Con un ultimo sospiro Walter si guarda intorno e poi va verso la porta. Si volta sulla soglia:
Il rombo del motore della Ferrari che sale di giri lo fa sobbalzare, corre alla finestra e vede un biondo con le braccia deturpate da enormi tatuaggi che gli sta rubando la macchina. Walter si aggrappa all'inferriata e grida: - Fermo!!! Al ladroooo! - Il biondo solleva alto il dito medio della mano destra e dà gas. L’auto fa un balzo in avanti proprio come il cavallino che ha sul cofano. In una frazione di secondo la macchina raggiunge Eileen e Mortimer ed esplode. Un boato, una fiammata. Il ladro viene sbalzato sul marciapiede mentre la faccia pallida di Eileen si punteggia di sangue per piccole schegge di vetro. Mortimer porta via la donna prima che Walter irrompa sulla strada e si precipiti verso la sua Ferrari devastata, con un urla belluine. Prima la Ferrari, poi il ladro coperto di sangue che si lamenta sul marciapiede.
CAPITOLO 15
Nella directory della grande hall dell’Empire State Building a New York il nome Goldfish Finanziaria viene sostituito con la scritta Fraser Finanziaria. Una fila di impiegati e funzionari applaude mentre Walter e Marilyn Due si dirigono verso gli ascensori tra i lampi dei flash dei cronisti. Marilyn Due si stringe addosso a Walter e si eccita al salire dei piani: più in alto sono gli uffici e più importante è chi li occupa. Il segnale rosso si ferma sul numero novanta. Per Marilyn è quasi un orgasmo. Anche sulle porte degli uffici operai stanno cambiando le scritte da Goldfish a Fraser e altri sono al lavoro sui vetri delle porte interne. Gli uomini del consiglio di amministrazione sono schierati ai lati della sala riunioni come soldati. Neil Liedhon va incontro alla coppia a mani tese.
- Sono qui per quella questione libica.- taglia secco Walter senza mascherare la propria antipatia istintiva per l’interlocutore.
L’amministratore è rimasto sbilanciato dalla reazione dura e maleducata di Walter. Si aspettava un pivello intimidito, inadatto al suo nuovo potere e invece si trova di fronte a un galletto arrogante che lo fissa con una luce di disprezzo nello sguardo.
Neil arrossisce di rabbia ma si inchina. Tutti si inchinano e Walter gira sui tacchi - Torniamo a San Francisco, amore. New York è una città di merda.- Walter offre il braccio a Marilyn che ci appoggia con gesto regale e i due se ne vanno lasciando l’amministratore e tutto il consiglio esterrefatti. L'amministratore è il primo a raddrizzare la schiena:
Neil ne conviene con un movimento del capo:
Uno dei consiglieri si permette un’osservazione:
Il nuovo consigliere interpellato scatta quasi sull’attenti mentre recita:
Sul jet privato che riporta Marilyn Due e Walter a San Francisco è al lavoro un’intera troupe di truccatori e parrucchieri che si affannano intorno ad Walter con pettine e cerone perché lo aspetta una ripresa televisiva in una rubrica di grande ascolto per soddisfare la curiosità della gente per quello che sta diventando l’uomo più celebre degli Stati Uniti. Walter impersona il sogno americano: da un dollaro al miliardo in poche settimane. Il modo in cui ha fatto questo salto interessa meno. Il pubblico ama sognare e la verità è sempre meno bella del sogno.
Walter dà istruzioni e Marilyn Due sbuffa: tutti a far bello lui e a lei non bada nessuno. Si consola con due coppe di champagne servite da uno steward dagli occhi azzurri. Per la ripresa televisiva è stata allestita una scenografia barocca in un salone di rappresentanza del grattacielo "La Piramide". Giornalisti e di curiosi applaudono all’ingresso di Walter e Marilyn Due. Tre telecamere sono sui cavalletti di fronte al tavolo ornato con una grande scritta "Welcome to Walter the Great" sullo sfondo di un gigantesco cielo azzurro con nuvolette. - Non voglio essere inquadrato dal lato destro. Il sinistro è il mio profilo migliore. - avverte Walter rivolto ai cameramen. Una mulatta dagli occhi verdi lo accompagna a sedersi sul tronetto dorato dietro il tavolo e gli aggancia un radiomicrofono.
- Cazzo no. – le risponde con un gran sorriso la bella mulatta e le indica una poltroncina su cui sedersi. Marilyn Due mastica una parolaccia e Walter le fa cenno di contenersi. Mentre le luci convergono su Walter, la mulatta è tutta miele e mossette per fargli intendere di essere davvero a sua completa disposizione:
Si accende un tabellone luminoso con la scritta "APPLAUSI" ma gli applausi scrosciano spontanei. La ragazza porge il microfono a Walter e chiede
Walter dà un’occhiata dentro agli obiettivi delle telecamere attraverso cui milioni di sfigati lo staranno guardando e giocherella con la chiave che ha al collo e la tentazione di dire la verità.
Mente e ride tra sé : tanto la verità non la crederebbe nessuno.
Si riaccende "APPLAUSI" e gli applausi scrosciano. Marilyn si alza e se ne va. Nella cabina di regìa uno dei tecnici dice al regista:
Il regista gli fa cenno di star zitto e ordina: - Close-up sul fottuto bastardo.- Una delle telecamere allunga lo zoom e sul monitor Walter ingrandisce fino ad un bel primo piano - Dobbiamo rimetterci a lavorare come i nostri padri e fottercene dei terroristi.- Sentenzia, falso come un politico di professione. Il faccione di Walter è su tutti i televisori della California, anche su quelli che lampeggiano a catasta nella vetrina di uno dei tanti negozi del Pier 39, il molo dei divertimenti del porto di San Francisco. Sul pontile di legno affollato di turisti, giostre e vetrine, Mara, vestita da zingara, legge la mano ad un vecchio prete pelato ma è distratta dalle venti facce di Walter che ammiccano dai teleschermi. - Non siamo grandi perché siamo potenti, ma saremo potenti finché saremo grandi.- L’eco del lungo applauso fa sbuffare Mara a cui sembra incredibile che quel Walter lì sia lo stesso che stava con lei, pieno di sogni assurdi e incapace di un gesto pratico. Il prete fa ondeggiare la mano che Mara tiene fra le sue, con impazienza:
Mara dà un’occhiata alle righe di quella vecchia mano senza calli, la mano di uno che come massima fatica nella vita ha sollevato una pisside con le ostie e gli dice: - Padre, non si infili più nel letto della perpetua. Il suo cuore è andato. Dovrebbe già essere all'inferno da tre giorni.- Il prete ritira la mano di scatto e si volge verso una donna di mezza età, dietro a lui, devastata dalla sorpresa. Si drizza sulla persona e si gonfia come un grosso pene turgido, tutta la testa gli diventa color rosso vivo e crolla a terra. La perpetua urla
Il gingle della Tv che annuncia la fine dello show di Walter spinge Mara ad andarsene mentre una folla di curiosi attornia il prete e la sua perpetua che si inginocchia accanto a lui facendosi un pio segno della croce. Giornalisti e fotoreporter seguono Walter fin sulla Broadway con un codazzo di ragazze scatenate che scandiscono
Dall'altra parte della strada, Eileen, fasciata e incerottata, spia Walter da dietro i vetri scuri di una berlina. Mentre alcuni agenti tengono indietro la folla, Walter entra nella sua nuova Rolls mentre i giornalisti lo assediano con le loro domande tendendogli i microfoni
Walter sorride e annuisce:
Walter perde il suo tono paternalistico : - Chi ha fatto questa domanda? – strilla indispettito. Nessuno risponde e allora grida alle guardie del servizio d’ordine - Identificatelo! Identificatelo... - Per un attimo cala il silenzio sulla folla, scattano i flash dei reporter, poi le ragazze esagitate riprendono il sopravvento sonoro urlando - Ma-gnum! Ma-gnum! La Rolls si avvia guidata da Mortimer che mostra un inconsueta cinghia sul retro della nuca, visibile sotto il berretto da autista.
Walter sbuffa e si lascia andare sulla pelle dello schienale mentre l’auto di Eileen si mette sulla scia della Rolls. Mortimer ne controlla movimenti attraverso lo specchietto retrovisore. Walter socchiude gli occhi vinto dalla stanchezza. Sa bene che l’idea che abbia ucciso Goldfish è nella testa di molti e l’ha pensato anche lui più volte, il destino non aveva altre strade per portarlo a passare una settimana da solo con Marilyn su un’isola deserta se non far affondare lo yacht di Goldfish. Quante persone saranno morte affinché lui realizzasse quello stupido sogno di un’adolescenza mai completamente superata? Tasta la chiave stocastica che ha sempre al collo: davvero sarà colpa di quella? Meglio lasciar perdere e godersi la Rolls.
Mortimer guida l’auto giù per la Van Ness. Allunga la mano e preme un pulsante: un lieve sibilo, un’emissione di gas invade la parte posteriore dell’auto. Walter annusa l’aria - Jeeves, non senti un odore di... di mandorle? Mortimer annuisce senza voltarsi. Walter cerca di far scendere il vetro del finestrino ma il comando elettrico non funziona. Boccheggia e la vista gli si appanna. Mortimer si volta a guardarlo e Walter ha l’impressione di vedere la testa di un mostro perché il maggiordomo ha una maschera antigas sul volto e lo fissa impassibile attraverso tondi oblò di vetro. Walter sviene e Mortimer svolta sulla Express Way diretto a Point Lobos, oltre Presidio. Eileen, i capelli schiaffeggiati dal vento dell’ovest, è ferma, accanto alla sua auto, sul ciglio del burrone della Cliff House, davanti all’isola delle foche. Si avvicina alla Rolls che parcheggia proprio sull’orlo del ripido pendio roccioso. Mortimer scende, tira fuori dall’auto Walter e lo mette al volante. Sposta il cambio in folle e richiude la portiera levandosi la maschera antigas. - Tutto okay? – chiede Eileen. Mortimer respira a fondo e annuisce: - Per ora sì. Dorme come un angelo. Si dovrebbe svegliare all’inferno.- si guarda intorno. Non c’è nessuno. - Gli do io la spinta...- sogghigna Eileen. Corre alla sua auto, avvia e manovra portandosi dietro alla Rolls, poi la spinge verso il baratro. L’imponente vettura supera l’orlo precipitando balzelloni giù per il burrone. Una gomma esplode, la Rolls devia dal percorso prevedibile, infila uno sperone di roccia che gli fa da pedana e vola verso il mare. Eileen e Mortimer ne seguono la traiettoria a bocca aperta. La Rolls atterra su una chiatta che trasporta sabbia, urta contro un braccio della draga che sfonda il finestrino posteriore e la blocca. Eileen esplode in una bestemmia turpe che fa sussultare Mortimer. - Non startene lì impalato, accidenti! Vieni!- Mortimer ha un gesto di rassegnazione e si siede al suo fianco. La donna fa scattare la macchina in una rabbiosa marcia indietro. Dà un’occhiata al maggiordomo:
Dentro la Rolls, incastrata nella sabbia sulla chiatta, Walter è svenuto, ma l’aria pulita che entra dal finestrino rotto gli fa arricciare il naso. La chiatta si dirige verso il Golden Gate Bridge. L’uomo che la guida, sbracato e pieno di birra, non si è accorto del nuovo carico. Eileen corre con l’auto lungo la strada costiera per vedere la direzione che prende la chiatta, ma la strada si allontana dalla scogliera e l’imbarcazione va fuori di vista. - Arriviamo prima passando dietro a Presidio.- dice al rassegnato Mortimer e accelera. La grande chiatta è piccola nel maestoso panorama della baia e sembra una barchetta quando passa sotto il maestoso ponte. Walter rinviene per un momento e vede la grande arcata in metallo rosso scorrergli sulla testa, ancora confuso balbetta: - Ehi Jeeves... ma che strada stiamo facendo...- e perde di nuovi i sensi. Eileen arriva a Pacific Heights e lancia l’auto giù per le ripide discese che portano a Marina. Mortimer si deve aggrappare per i sobbalzi.
Eileen stringe le mascelle e sibila:
L’urto dell’auto di Eileen contro la fiancata del camion è distruttivo.
CAPITOLO 16
Nel cimitero di San Francisco viene tumulata la bara di Eileen alla presenza di una piccola folla di conoscenti e di fotografi. Walter, vestito di scuro, spinge la sedia a rotelle di Mortimer che ha le gambe e le braccia ingessate e la faccia coperta di cerotti. La voce del pastore è cantilenante, col birignao dell’abitudine:
Mortimer solleva appena il sopracciglio dell’unico occhio funzionante e sussurra:
Walter si china su Jeeves.
Jeeves lo fissa con l’occhio libero dalle bende, pieno di genuino stupore: - Lei, signore?- Un’ora dopo l’anticamera dell’ufficio del fu Goldfish è piena di gente. C'è anche Alb. Walter entra scortato da due muscolose guardie del corpo e tutti si alzano, andandogli incontro in un coro di false condoglianze. Una donna lo abbraccia e lo bacia sulle guance prima che Walter riesca a sottrarsi:
La donna viene strappata via da una delle guardie del corpo. Alb prende Walter per la giacca
Alb si gonfia di rabbia ma non può reagire, viene spintonato dalle guardie e cade a sedere sul pavimento mentre tutti i questuanti si stringono intorno a Walter - Sono Bill Glazer, abbiamo fatto il college insieme, ricordi? Ho bisogno di centomila dollari, che sono per te centomila dollari? - Una donna porge verso Walter un bambino frignante. Walter fa un salto indietro e viene afferrato per un braccio da un vecchio
La signora si alza la gonna ma viene respinta dalle guardie del corpo. Walter scompare oltre la porta imbottita del suo ufficio e i due gorilla ne restano a guardia. Attraversando la stanza della segreteria dove una stupenda rossa e una stupenda bionda si inchinano al suo passaggio fino a mostrare la seta dello slip, Walter accede al suo ufficio. Oltre la vetrata, dietro l'imponente scrivania, si vede la baia di San Francisco e l’isola di Alcatraz. Walter si siede sulla sua poltrona: il sole gli disegna un'aureola intorno alla testa. Tutto l’arredo è stato strategicamente sistemato per mettere a disagio gli ospiti e sottolineare la preminenza del padrone. Walter si insedia. Volge uno sguardo intorno, come un re sul proprio regno, poi schiaccia uno del pulsanti dell’interfono e ordina:
La voce sexy della segretaria rossa subito risponde con cadenze profonde e vellutate.
Un’altra voce suona nella stanza e fa trasalire Walter: dalla parete di fianco occhieggiano le spie di un computer mentre si accende un grande schermo al plasma che tiene mezza parete. - Buon giorno, Walter il Grande. Queste sono le contrattazioni Wall Street.- Sullo schermo stanno passando le cifre della Borsa mentre la voce continua con una lievissima nota metallica
Entrano da una porta laterale le due segretarie, tutte sorrisi, moine e offerte
- Sa fare tutto quello che può fare una segretaria... quasi.- e si china, volutamente sexy, a raccogliere una matita sulla moquette. Walter fa cenno alle due ragazze di avvicinarsi e accarezza le loro gambe inguainate in calze a rete
Trilla di un cicalino.
CAPITOLO 17
San Francisco vista dall’altra parte della baia mostra la sua skyline, con l’unico grattacielo a forma di piramide che sembra un tentativo di Cheope bambino. Mara è irritata. Siede di fronte ad Alb in uno dei ristorantino lungo il porto turistico, pieno di yacht, e guarda con disgusto quell’uomo volgare con cui va a letto: non sa se prendersela più con sé stessa o con Walter. Per questo è irritata. Quando ha creduto che Walter fosse morto ha sentito un dolore che non credeva di riuscire a sopportare, significa che lei ama quel buono a nulla che all’improvviso ha scalato la vetta del potere e della ricchezza? Anche questo pensiero la irrita perché alimenta una vocina interiore che le suggerisce un dubbio: è se la buona a nulla fosse lei? Mara è certa che la vocina mente, ma è fastidiosa. Alb, ignaro che un essere umano possa porsi certe domande, spezza il carapace di un granchio con la forza delle dita. Mara si sente quel granchio e trasalisce. Alb la guarda interrogativo, mezzo granchio in una mano unta, mezzo granchio nell’altra mano unta.
Alb succhia rumorosamente il carapace dell’animaletto e poi si lecca la punta delle dita. Annuisce.
Alb si concentra e spezza un altro carapace, punta una delle chele verso Mara e mostra gli incisivi impastati di polpa di granchio:
Mara guarda quella chela e le sembra il dito accusatore di uno scheletro levatosi da chissà quale tomba.
Alb sgranocchia il granchio con aria felice succhiando la polpa della chela con un suono da basso tuba. Un turbine di pensieri sgradevoli e una rabbia montante gonfiano Mara che si alza di scatto e scaraventa sulla faccia di Alb il suo piatto di granchi in salsa rossa. Se ne va furibonda e Alb la fissa sbalordito, leccandosi il sugo che gli cola intorno alla bocca. L’altra donna di Walter, la morbida e fascinosa Marilyn Due fissa, irritata anche lei, le due guardie del corpo che sbarrano la porta dell’ufficio di Walter. Gran bei ragazzoni, però.
- E lo credo. Certo. – ridacchiano i due ma non si spostano anche se si mangiano la biondona con gli occhi. Nell’ufficio un impiegato dell’amministrazione passa a Walter dei documenti da firmare e Walter firma senza leggere. Davanti a lui siede il generale Culverton che per ingannare il tempo si è infilato un’unghia tra i due incisivi da topo tentando di infrangere la linea nemica del tartaro. Aspetta che Walter abbia apposto l’ultima firma, che l’impiegato abbia raccolto le carte e si sia allontanato, poi riprende il suo discorso:
- Senta Generale, di quel che consiglia il Consiglio me ne sbatto – Walter sbircia l’effetto delle sue parole ma il generale continua a sorridere tranquillo e allora termina:
Suona uno dei telefoni sulla scrivania. Walter risponde - Ho detto di comprare! I nostri analisti non capiscono un tubo! Voglio quella stazione televisiva e basta!- butta giù il telefono e il generale riprende con lo stesso tono di prima, con una sfumatura di condiscendenza
- Io prendo solo decisioni giuste. Sempre. Non posso far a meno di prendere decisioni giuste…- porta una mano sulla chiave che ha al collo ma il generale non collega quel gesto al senso della frase. E’ abituato all’arroganza dei ricchi e non ci fa caso.
Trilla un altro telefono, una delle segretarie risponde e poi passa il telefono a Walter
Suona un cicalino. Walter schiaccia il pulsante dell'interfono
Il generale mostra il primo segno di incertezza. Non ha capito lo strano discorso di Walter ma ha capito che è un no, e sembra un no difficile da cambiare proprio perché basato su un nonsenso. Tenta di prendere tempo, per capire, per lasciarsi aperto uno spiraglio. Si alza e sorride:
Il generale decide in un secondo che ora è giusto mostrare un minimo di indignazione. Quel tipo di indignazione che ha il sapore di una minaccia e che spesso funziona. Si acciglia, fa la faccia da generale, quella che fa scattare sull’attenti tanti ominicchi in divisa e fissa Walter negli occhi con uno sguardo pieno di fuoco:
Culverton si accorge subito che con Walter non funziona perché quello sciagurato fa sforzi per non ridergli in faccia. - Io ho già le vertigini. – cachinna Walter facendogli con la mano cenno di uscire. Questa è veramente un’offesa. Un affronto. Il generale guarda Walter con tutto il disprezzo che riesce ancora a trovare dentro la sua vecchia carcassa di uomo corroso da tutte le corruzioni e sentenzia con accettabile alterigia:
CAPITOLO 18
Il vassoio con una dozzina di tazze di Sèvres colme di caffè fumante è pronto per essere servito. In una di esse Wilhelm Mary Euge Reeboldeener, ex-direttore della Splash, in marsina da cameriere, fa cadere una bustina di polvere bianca e poi mescola con un cucchiaino d’argento. Con la faccia storta da un sogghigno di sadica pregustazione prende il vassoio e attraversa il salone gremito di invitati, andando verso il divano su cui Walter è seduto accanto a Marilyn Due. Intorno c’è la corte di adulatori e leccaculo che chi ha fatto fortuna non sa evitare. Walter racconta una vecchia storiella, risaputa da tutti, che però ridono per compiacerlo . Uno degli adulatori lappoleggia come una vecchia puttana e sussurra:
Tutti si sganasciano dalle risate per questa modesta osservazione di Walter mentre Wilhelm posa con cautela il vassoio accanto a lui:
Walter alza gli occhi sul cameriere e riconosce l’ex-direttore. Ghigna sardonico:
- Devo dire che la marsina ti slancia…- osserva Walter e prende la tazza che l’uomo gli porge. La chiave che porta al collo ha un riflesso azzurrino. Una signora urla. Un topolino bianco attraversa correndo il tappeto persiano in mezzo al salone. Walter riappoggia la tazza sul vassoio e schiocca le dita. Il topolino bianco si ferma e poi corre verso Walter che riprende la tazza di caffè, ma non quella di prima bensì quella accanto. L’ex- direttore della Splash non s'è accorto del cambio. Walter offre la mano libera al topolino che ci salta su. Tutti applaudono. Uno dei presenti prende l'animaletto e lo accarezza - Dev'essere scappato dal laboratorio. Vieni, piccolo, vieni... Walter beve un sorso sotto lo sguardo intenso di Wilhelm. Anche gli altri prendono le tazzine: ne resta una sola, che è proprio quella avvelenata. Walter la indica a Wilhelm:
Wilhelm annuisce e prende la tazza. Tutti bevono e l’ex direttore beve guardando Walter che termina il caffè. Wilhelm Mary Euge Reeboldeener si porta la mano al petto. La tazza gli cade di mano. Barcolla, strabuzza gli occhi, crolla sulle ginocchia e si abbatte con la faccia sul pavimento come un pupazzo da fiera tra lo stupore generale. Una luna tonda sembra impigliata sulla guglia a punta dell’Empire State Building, a New York. Negli uffici della Fraser Finanziaria, al novantesimo piano, è in corso una riunione presieduta dal CEO Neil Liedhon. La riunione si sta concludendo e Neil è soddisfatto. Guarda tutti i presenti e conferma:
I consiglieri applaudono. Neil dà un’occhiata all’orologio che segna quasi l’una e conclude
La luna sta ancora salendo nel cielo di San Francisco e la sua luce fredda gioca con le strutture del Golden Gate Bridge e illumina il grande letto su cui Walter e Marilyn Due si stanno scambiando bacetti.
Walter le accarezza le belle cosce tornite di Marilyn, godendo del contatto della sua pelle bianchissima e setosa. Scherza, salendo con le dita verso il pube:
Marilyn gli ferma le mani e sospira con una tristezza inusuale :
Walter si erge per guardarla meglio in viso. Non riesce a capire se stia prendendolo in giro o dica sul serio:
Marilyn accarezza Walter lasciando scivolare le sue mani lungo il corpo di lui:
Walter ride, l’acchiappa e la trascina sul letto. Marilyn Due si torce e finge grandi mugolii di piacere ma guarda, oltre la testa di Walter, il grosso diamante che porta all’anulare sinistro. La pendola batte le undici. L’orologio nella sala delle riunioni a New York segna le due e i partecipanti all’assemblea stanno rimettendo i loro documenti zeppi di cifre dentro le rispettive cartelle di cuoio. Guardano l’orologio e poi Neil ,che indica un cellulare posto sul tavolo.
Walter e Marilyn Due fanno all’amore ma nell’oscurità schiarita dai riflessi della luce lunare si muove l’ombra di un uomo. Si ferma ai piedi del letto e guarda quei due corpi sussultanti nell’amplesso. Ha in pugno una grossa pistola munita di silenziatore, ma aspetta che la coppia superi l’acme dell’orgasmo. Gli sembra brutto ammazzarli prima. La voce di Walter si fa breve e il fiato corto, è quasi all’apice del piacere, ma Marilyn Due ,che finge di partecipare all’amplesso lanciando gridolini fasulli, realizza l’ombra umana ai piedi del letto e urla. Il sicario, scoperto, alza la pistola per sparare. . Marilyn Due cerca di scaricare il corpo sussultante di Walter incastrato nel suo e Walter ne equivoca il senso - Godi, amore, godi… -... Marilyn riesce con un calcio a ribaltare Walter giù dal letto sul lato sinistro e a rotolare via sul lato destro: il colpo di pistola, silenziato, si pianta nel materasso là dove un attimo prima c'erano i due amanti. Walter ripara sotto il letto, gridando al sicario: - Un milione se non spari! Il sicario fa un passo avanti, sempre con la pistola spianata, ed entra nel raggio lunare: ha la testa infilata in un cappuccio nero con una fessura per gli occhi - Poche storie, Fraser! Vieni fuori o ammazzo la donna!- Marilyn è un facile bersaglio, rannicchiata contro il comodino, gelata dal terrore. Strilla: - E io che c'entro? Cazzo, ammazza lui, se devi ammazzarlo!- Walter si alza e nel movimento la chiave che porta al collo brilla sul suo torace alla luce della luna. E’ completamente nudo e anche il suo sesso, svuotato dalla paura, ciondola in sincronia con la chiave.
Il sicario sbuffa nel cappuccio ma non abbassa la pistola. Mastica qualche bestemmia che non arriva chiara alle orecchie di Walter e poi dice:
Walter adesso è calmo e muove un passo verso il killer che ha il dito sul grilletto. - Se tiri quel grilletto mi sa che sarai ancora più iellato. Il sicario non l’ascolta più e spara ma la pistola gli esplode in mano e l'uomo, rintronato, barcolla. Lascia cadere l’arma e fugge. Walter lo insegue, pisello a ciondoloni. Il killer scavalca il cancello oltre il quale c'è un auto ferma. Walter lo insegue a grandi balzi, buffo nella luce argentata: una grossa scimmia nuda. Dall'auto esce un uomo armato di mitra. Walter si blocca, ansante, davanti al cancello chiuso. Leva una mano come se volesse comunicare con degli alieni:
Ma l'uomo col mitra spara una raffica mirando al torace: le pallottole impattano tutte contro le sbarre del cancello, miagolando sul metallo, traendone scintille. Walter resta incolume. L'uomo col mitra lo fissa sbalordito. Spara una seconda raffica: nuovamente nessuna pallottola passa attraverso le sbarre del cancello, tutte colpiscono i ferri e una schizza indietro ferendo il mancato assassino.
Walter lo rincuora. Vede che perde sangue e lo incita a correre in ospedale, poi passa una mano tra le sbarre del cancello e gli dà una pacchetta su una spalla concludendo:
L'uomo ferito e furibondo infila la canna del mitra tra le sbarre e tira il grilletto. Il mitra gli esplode fra le mani devastandogli l'inguine. Crolla a terra in un lago di sangue. L’altro sicario lo tira a bordo e fa partire l’auto a tutta velocità. Walter alza gli occhi al cielo e sospira:
Walter sente freddo e torna verso la villa: si sono accese le luci e Mortimer segue dalla soglia, impassibile ma col sopracciglio critico, il rientro del suo padrone nudo. Walter si copre il sesso con una mano e gli dice:
Mortimer annuisce convinto. Negli uffici al novantesimo piano dell’Empire sono ormai quasi le tre del mattino e la luna sta tramontando ma il cellulare posto al centro del grande tavolo non ha suonato. Neil e i suoi partner lo fissano con rancore, poi Neil lo schianta con un formidabile pugno. Il cellulare guaisce e si spegne per sempre.
CAPITOLO 19
Walter entra nel suo ufficio di cattivo umore. Quella benedetta-maledetta chiave (non sa più) gli salva la vita e lo riempie di soldi ma ammazza gli altri e intorno a lui avverte che c’è solo malevolenza. Marilyn Due, con quell’urlo al killer " ammazza lui, se devi ammazzarlo", ha messo una bella parola fine, in grassetto, al suo sciocco sogno d’amore infantile cresciuto guardando e riguardando i film della Monroe e gli ha rimesso nella pancia un gran desiderio di Mara, della sua schiettezza, della sua sincerità. Se quella che sembra una stupida chiave può cambiare il corso degli eventi, allora gli eventi devono essere in gran parte illusori e la vita sembra a Walter una presa in giro. Rimuginando, va verso la sua poltrona dall’alto schienale ma questa ruota e gli porta davanti uno sconosciuto seduto al suo posto, un uomo dal volto seminascosto da occhiali scuri. Walter si blocca sorpreso:
Totò Dellutri si leva gli occhiali con gesto lento e ficca lo sguardo dei suoi occhietti porcini, emergente tra le due fessure che ha al posto delle palpebre, dritto negli occhi di Walter. Parla con marcato accento siciliano:
Walter è a disagio. Tutto l’ufficio è studiato per dare una posizione preminente a chi sta seduto su quella poltrona.
Suona il telefono. Walter alza la cornetta e una voce maschile, con tono neutro chiede se sta parlando col signor Fraser. Avuta la conferma, continua:
C’è un attimo di silenzio e poi la voce riprende con una intonazione ironica:
Walter interrompe la comunicazione ma tiene in mano la cornetta
Totò leva dalla mano di Walter la cornetta e la rimette a posto
Walter torna allungare la mano verso il telefono.
Totò si alza e se ne va senza neppure voltarsi. Walter schiaccia un tasto dell’interfono. La voce gli esce rabbiosa
Gli risponde la voce di una delle guardie del corpo
Walter ravvisa una sfumatura di sarcasmo nella risposta ma capisce che indagare oltre non servirebbe. Entra la segretaria bionda e le si rivolge irritato:
Walter spazza la scrivania con una manata e strilla:
- Ma io non so, signor Walter, io non l’ho visto, giuro…- frigna la segretaria, sul punto di mettersi a piangere:
La voce appena un po’ metallica di Frankie ha una lieve cadenza sarcastica oppure è la mente di Walter che si annebbia di paranoia?
Walter si obbliga ad un respiro profondo. Fa un cenno alla segretaria di andare poi si leva la catenina con la chiave stocastica che tiene sempre al collo e la palleggia. Un pensiero gli gira per la testa, insistente, fastidioso: che succederebbe se la buttasse dalla finestra?
CAPITOLO 20
L’uomo che più sta antipatico alla signora Brooks è suo marito. Dopo venticinque anni di matrimonio questo disprezzo cronico che ha sostituito l’odio-amore della passione è comune in ogni epoca ma oggi a San Francisco venticinque anni non sono cinque lustri, sono un’era geologica. Quando la signora Brooks si è sposata non c’erano i cellulari, non c’era la TV via cavo, non c’erano i computer e non si potevano vedere film porno in rete né chattare con sconosciuti affascinanti proprio perché sconosciuti. Così la signora è rimasta indietro e lo avverte con un acuto senso di frustrazione costretta com'è a mettere le corna al marito coi garzoni dei fornitori, come usavano fare sua mamma, sua nonna e la bisnonna. Questa arretratezza culturale le pesa molto e anche di questo dà colpa a mister Brooks che non ha mai voluto insegnarle a usare il computer. Per la verità Mr. Brooks ci ha provato un paio di volte ma ha perso la pazienza quando dopo un’ora la signora moglie non era ancora riuscita a mantenere fermo il mouse quando doveva cliccare sul pulsante di sinistra. Brontolando, la signora Brooks, infila la chiave nella porta dello scantinato in cui vivevano Walter e Mara. Ha un pacco di mais in mano, apre l’uscio e arriccia il naso per il disgusto - Pure le galline adesso... senti che puzza, cornutaccio di merda! - Mc Nugget starnazza nella stia ma è un altro suono che blocca la signora Brooks: un singhiozzo che proviene dal bagno. C’è qualcuno e sta piangendo. Si avvicina cauta e poi spalanca la porta. Mara urla di paura. Ha il volto rigato di lacrime e in mano una borsa in cui sta mettendo vasetti e profumi del suo make-up. La signora Brooks posa il pacco del mais e le si avvicina con aria dispiaciuta
Mara sorride e si pulisce una lacrima con la punta delle dita, vergognosa:
- Così glielo pianto nelle palle.- sogghigna Mara cercando un risvolto umoristico alla conversazione, ma senza riuscirci.
La signora Brooks è deliziata. Il marito è l’uomo che odia di più al mondo ma subito dopo ci sono tutti gli altri ad eccezione il divino Costner ma questo non lo sa nessuno. E’ un segreto tutto suo e ogni volta che qualcuno la fotte lei chiude gli occhi e immagina di essere fra le sue braccia. La signora Brooks leva la borsa coi barattoli di crema dalle mani di Mara e la accarezza, un po’ materna un po’ mezzana.
Se Mara sapesse quando Walter ha nostalgia di lei, non avrebbe alcun timore dell’incontro. Se ne sta sbracato sulla sua poltrona e lascia vagare i pensieri per le loro private strade senza interferire. Quel tipo di rêverie caotica e priva di senso in cui un pensiero scivola nell’altro senza logica e senza lasciare traccia che permetta alla volontà di ripercorrere il cammino a ritroso, lo mette in uno stato di relax. Gli piace sentirsi pensato, passivo, non pensante. A lato della porta imbottita c'è un nuovo grande armadio di metallo. Il computer, sta snocciolando dati con la sua voce flautata in cui affiorano dalle risonanze metalliche, ma per Walter è un rumore di fondo.
Una mosca si posa sulla mano di Walter. L’incursione dell’insetto rompe la magia del non-pensiero e Walter torna alla realtà irritato. Zittisce il computer:
Il computer tace per una frazione di secondo che per la velocità dei suoi chip corrisponde a qualche anno umano e poi riprende in tono sbagliato, meccanico.
Walter ha un tuffo al cuore. Tutto il nero dell’irritazione scompare e l’ufficio sembra inondarsi di sole. In realtà il sole entra da ore dall’ampia vetrata alle sue spalle ma per Walter è apparso adesso.
Walter si alza puntando le mani sul piano della scrivania e fissa con occhi da matto la povera segretaria sillabando
Walter va verso la porta, poi si ferma e torna a sedersi. Prende la cornetta di uno dei telefoni e la porta all'orecchio, ne prende un'altra che appoggia all'altro orecchio, poi li rimette giù. Mette i piedi sulla scrivania e subito li toglie cercando un atteggiamento di maggiore naturalezza. Mara si ferma sulla soglia e gira gli occhi sulla magnificenza dell'ufficio. Fa due passi. Sopra l'armadio di metallo si accende un lampeggiante rosso e una sirena strazia l'aria. La donna si blocca . L’armadio metallico si spalanca: balza fuori una delle guardie del corpo grosso come Schwarzenegger e spiana la pistola a due dita dalla punta del naso di Mara
L’atletica guardia del corpo strappa la borsa dalle mani di Mara e la vuota su un tavolo: oltre le solite cose da donna, piovono alcuni sacchetti di amuleti e un grosso ferro di cavallo.
Il colosso, vera massa di muscoli, annuisce con un sorriso che tenta di essere furbo e commenta: - Capo, se io mi sbaglio una sola volta, tu crepi ma io perdo il lavoro. - l'uomo torna dentro l'armadio le cui porte si richiudono automaticamente. Walter guarda Mara, stizzita, che ributta tutta la sua roba dentro la borsa, quei gesti così suoi, quella rabbia così sua, il suo profumo, le sue mani, i suoi capelli, insomma lei, riempiono Walter di allegria e scoppia a ridere. Mara malinterpreta e fa il muso:
Walter fatica a dominarsi e spalanca le braccia per abbracciarla:
Mara evita l’abbraccio e si siede davanti alla scrivania. Cerca di mascherarlo ma è a disagio, quello che ha davanti non sembra più quel Walter dolcemente fannullone, sognatore e romantico che ha amato. Risponde con voce secca, dura, scostante: - Sto… che? Lascia perdere va... l'hai affogato tu quel poveraccio che era padrone di tutto questo? – si morde la lingua ma quel che è detto è detto e decide di fissare Walter con uno sguardo maccartista. Walter sente il peso dell’accusa che fa parte dei suoi rimorsi. Si difende senza troppa convinzione.
Mara sente di avere acquisito un vantaggio e insiste nella linea dura:
Walter la fissa in silenzio e Mara si muove sulla sedia. Occhi negli occhi, per Walter è una delizia. Sorride:
Mara si sente spiazzata. Si accende una sigaretta, poi la schiaccia in un posacenere sul bracciolo della poltrona. Si stringe nelle spalle, fingendo noncuranza:
Mara scuota la criniera biondorossa e sospira, mentre Walter sente l’inizio di un’erezione. Vorrebbe saltarle addosso e baciarla, ma avverte che non deve.
Walter avverte dell’astio nella voce di Mara e anche il senso di delusione per le sue qualità divinatorie. Cerca di minimizzare, di non far pesare l’errore: - Chiamami solo stronzo, come hai sempre fatto. Dai, Maretta, vieni qui... adesso che sono ricco non ti piaccio più?- dice "vieni qui" ma è lui che s’alza per andare da lei. Mara lo respinge con un gesto della mano:
Walter si illumina di un sorriso e tenta un altro avvicinamento a Mara che si tira indietro, ancora ostile.
Mara si leva di scatto e fa ruotare la poltrona, evita Walter e gli volge le spalle per andarsene. Dentro ha voglia di piangere ma non vuole mostrarlo a quell’imbecille. La donna dei suoi sogni…. Bastardo! Ma le mani d Walter la afferrano per le spalle e la costringono a girarsi: - Dei miei sogni infantili, Mara. Infantili. Quella è finta come un cartoon! Non ti ricordi? Vincita di denaro, una settimana con Marilyn Monroe su un'isola deserta e probabile presidenza degli Stati Uniti... Denaro, sesso, potere, quello che dovevi dire ai tuoi clienti!- Come sembra sincero quel bastardo. Mara è tentato di baciarlo, ha desiderio delle sue mani suo corpo, ma si impone di continuare ad essere ostile. Lo respinge con una smorfia di disprezzo che non le riesce tanto bene e che sembra più il prodromo di un singhiozzo.
Mara sente che gli occhi le si stanno inumidendo, tra poco piangerà, lotta e inghiotte il groppo che le serra la gola e che la fa irritare con se stessa.
Walter resta a bocca aperta, come se l’avesse colpito con un diretto alla bocca dello stomaco.
- Gli avevo salvato la vita. E poi c’è questa… – le mostra la piccola chiave stocastica che porta sempre al collo. Mara continua il suo gioco a sfottere ma avverte che non è un gioco vincente. Prima o poi dovrà dirgli la verità.
Walter evita la politica da sempre, anche di parlarne, come per il baseball, gli sembra cretino tifare per qualcosa in cui non puoi interferire. Cambia argomento:
Mara solleva un sopracciglio: allora ha visto giusto. Ma non ha più la fede assoluta di un tempo nelle proprie qualità di veggente: ha convissuto per anni con un uomo destinato a diventare miliardario e non l’ha mai sospettato. Scrolla le spalle: - Chi ha da perdere si protegge. Anche il Papa ha le guardie, svizzere. La voce del computer fa sobbalzare la donna
- Come vuoi, padrone. - il terminale si spegne e Mara ha un sorrisetto:
- Si chiama Frankie, il diminutivo di Frankestein. E’ una macchina e non credo proprio che sappia cos’è l’ironia. Ma vieni qui...- abbraccia la donna e sta per baciarla ma Mara mette due dita fra le loro bocche prima che possano toccarsi
Walter è molto eccitato e accarezza i fianchi di Mara fermandosi sulle sue natiche rotonde. Le sussurra:
La bacia sulla bocca e Mara risponde senza entusiasmo.
Mara non riesce a ritrovare la sintonia con Walter. C’è fra loro una barriera, qualcosa che va oltre i soldi.
Anche Walter avverte quel muro, ma il suo ego maschile è portato a forzarlo, sicuro che col possesso del corpo avverrà anche il possesso dell’anima. Mara si allontana da lui e mette la poltrona fra i loro due corpi. Bisogna scendere sul terreno del dialogo, il terreno in cui Mara ha sempre avuto la meglio. Walter deve accettare e replica mentendo e arroccandosi dietro la sua nuova posizione:
Mara scosta la poltrona e bacia Walter sulle labbra. Walter non ricambia.. Mara si imbroncia e Walter sogghigna:
Walter fa il cinico per scoprire il gioco di Mara, perché è evidente che Mara ha un gioco e uno scopo.
Walter scruta la reazione di Mara che spera indignata, invece la donna sembra accettare, condividere: - Già, penso di sì.- Walter lascia che le braccia gli caschino lungo i fianchi e torna dietro la sua scrivania. Guarda la donna con aria triste e la congeda:
Mara non si muove. Walter sfoglia qualche carta e leva gli occhi su di lei.
Walter si mordicchia un labbro e poi spiega con rassegnata calma:
mi avrebbe sputato in faccia.- Mara gli sputa in faccia con rabbia. Walter fa un salto indietro e si asciuga con una mano. - Ma che caz...? era un modo di dire, matta!- prende un fazzoletto ma poi scoppia a ridere. Abbraccia la donna e la solleva, la posa sul divano e le slaccia i bottoni della camicetta. Mara gli blocca le mani
- Non è un uomo. E' un gorilla. Non ci pensare.- le solleva la gonna salendo con le mani lungo le cosce ma Mara lo ferma.
- ...montiamo noi!- termina Walter seccato, mettendosi a sedere. Conta sulle dita delle mani, a pochi centimetri dalla faccia di Mara
Walter riprende a baciare e a spogliare Mara che lascia fare.
Walter sente crescere il magone e svanire il desiderio. Sbotta in un’affermazione peregrina ma che segue una sua logica interiore:
- E' un cappone. Al mercato costavano meno e non ho mai creduto alle tue cretinate.- si ritrae, aspettandosi un ceffone che non viene. La mano di Mara gli accarezza il collo:
Mara si complimenta con se stessa: riesce ad essere dolce mentre Walter la insulta, così doveva comportarsi fin dall’inizio dell’incontro. Serena e tranquilla. Walter rincara la dose nel tentativo di bucare quel velo d’olio che lui spera nasconda la tempesta.
Mara gli infila le dita sotto la camicia sbottonata e lo accarezza
Mara gli dà un'occhiata di odio ma è un lampo, torna ad accarezzarlo e a fare la gattina - Ma non stupida stupida perché appena ti ho visto ho capito che avevi qualcosa di eccezionale, vero?...- La mano di Mara si infila nei pantaloni di Walter che deve stringere i denti per continuare a ragionare.
Il velo d’olio che frena le ondate tempestose si sta dissolvendo sotto le bordate di insulti e Mara sente un’oppressione sotto lo sterno. La sua voce diventa tagliente, non riesce più a dominarsi :
Mara inghiotte. Chiude gli occhi e aspetta che l’oppressione allenti la sua morsa. Walter la spia, vuole provocare una reazione sincera, per ritrovare la Mara che ama, ma la donna supera la crisi e riprende ad accarezzare Walter
Walter è colto da un’improvvisa stanchezza. Si stacca dalla donna che ama ma che sta diventando estranea. - Sono stanco. Sai, devo soddisfare tante di quelle donne...- Walter è pronto a parare il ceffone che ora forse Mara gli darà. E invece niente. Mara sembra una madre affettuosa, fa la boccuccia a cuore e usa il tono che si adopera con gli infanti.
Walter fa un gesto sconcio e Mara sorride. Sembra diventata un punching-ball di gomma piuma contro cui Walter può sferrare tutti i cazzotti che vuole senza farsi male, senza fare male, senza effetto alcuno. Dolce e mansueta come una Maddalena che abbia asciugato i capelli al Salvatore, la donna sorride:
Mara annuisce, lappoleggiando. Walter guarda quegli occhioni da gazzella e si allontana di un passo. La stanchezza diventa rabbia.
Mara è un babà e porge le labbra in una tumida offerta. Walter vorrebbe afferrarla, vorrebbe… i desideri si azzuffano nella sua mente e il cuore aumenta i battiti. Leva una mano per dare a lei quel ceffone che avrebbe tanto desiderato ricevere lui, ma si ferma. Ha gli occhi pieni di pianto e dice con voce spezzata :
Mara guarda quella mano alzata e si drizza sulla persona. Il gioco è finito, checché ne dirà la signor Brooks. Walter abbassa la mano e lascia che le spalle gli spiovano ai lati, simbolo della sconfitta. Sussurra svuotato:
Mara riprende la sua borsetta per andarsene ma dice:
Walter non recepisce. E’ immerso nel nero della depressione che lo sta spegnendo. Continua il suo lamento:
Walter non ha voglia di spiegare, di raccontare. Fa segno a Mara di uscire.
La depressione sparisce come la nebbia sul Golden Gate Bridge a mezzogiorno. Un campanello di allarme trilla nel cervello di Walter.
Colpo basso ma Walter non vuole accusarlo e fa la più marcata smorfia di filosofico cinismo che gli riesce.
Porca miseria, come faceva Socrate con la cicuta? Il tentativo di fare il filosofo non blocca l’apprensione. Walter crede nelle previsioni di Mara, ne ha vedute avverarsi tantissime. Combatte ancora: - Non mi spaventano le tue stronzate!- ma chiude con un mezzo singhiozzo. La donna lo guarda con un’aria da funerale:
Walter sente una fitta al petto e si piega in avanti. Mara passa davanti ai controlli del metal detector e fa suonare l'allarme. L'armadio si spalanca, il gorilla balza in fuori con la pistola in pugno e si becca una borsettata sul naso che lo ributta dietro le porte di ferro che si richiudono da sole. Walter alza una mano per richiamare la donna ma gli manca il fiato e sente le ginocchia piegarsi. Si aggrappa alla scrivania e mormora fra sé per rincuorarsi: - Stronzate, stronzate… - ma una nuova fitta al cuore gli fa sgranare gli occhi dal terrore. Il dolore sbiadisce e respira, ma ha la fronte imperlata di sudore.
CAPITOLO 21
Walter è nudo, sdraiato sul ventre, e un medico barbuto in camice bianco sta controllando una cartella clinica.
Il dottore controlla il livello di un siero dentro una siringa e pianta l’ago nelle parti molli di Walter che lancia un urlo. Il medico inietta ed estrae. Walter si volta e si infila le mutande.
Walter prende la camicia scuotendo la testa preoccupato:
Walter tocca la chiave che porta al collo e il dottore gli dà un'occhiata di commiserazione
Il medico inghiotte e si costringe al sorriso, ammonendolo con un dito teso
Il dottore si drizza sulla persona. Palleggia la cartella delle analisi con una gran voglia di sbatterla in faccia a Walter, poi la posa sulla scrivania e si costringe al sorriso
Il medico ride e irride:
Walter si abbottona la camicia e si infila le scarpe.
Il medico lo guarda con benevola aria interrogativa e gli indica i pantaloni ancora sulla sedia, ma Walter scuote la testa e saltella come un giocatore di calcio che debba battere un rigore.
Walter saltella per il riscaldamento: in mutande, con la sola camicia e le scarpe sembra quasi un vero giocatore di calcio.
Il medico ha la prima incertezza, poi trova la via giusta per salvare soldi e decenza:
Il luminare si piega in avanti porgendo il fondo schiena e Walter si appresta a calciarlo, ma di colpo sente svanire la voglia di farlo, prende i pantaloni e se li infila. Il nero della depressione sta di nuovo dilagando nel suo cervello. Il medico barbuto gli dà un’occhiata di traverso e si raddrizza, deluso. - Era uno scherzo, vero? Non un bello scherzo però.- Walter si allaccia la cintura, di nuovo lascia spiovere le spalle, simbolo dell’avvilimento. - Non c'è gusto. Se posso far tutto non mi va di fare niente. Si consideri calciato…- e se ne va senza chiudere la porta. Walter cerca aria fresca e cammina per le strade di San Francisco. E’ bella quella città, con i suoi cento colli, le sue villette pastellate in stile vittoriano coi tetti a triangolo dai movimenti architettonici infiniti, eppure oggi gli appare grigia, uniforme. Scende, spinto dalla gravità lungo le cinque ripide anse della Lombard Street accelerando per colpa di Newton sul cotto rosso, nel tripudio di fiori che riempiono l’aria di profumi ma a gli pare di scendere agli inferi, lungo i meandri disperati dell’Acheronte. Cammina in modo automatico, immerso in una nebbia di pensieri informi, in cui si fa strada la certezza di essere stato giocato da quel maledetto cappone. Ha sete e si compra una bottiglia di whisky. Butta la busta in cui l’ha nascosta il venditore e tracanna continuando a camminare. Walter si trova sulla Market, già brillo, davanti alle finestre del basement dove ha vissuto per tanto tempo giorni burrascosi, disperati e felici. Forse il cappone che l’ha messo nei guai ora può tirarlo fuori. Mc Nugget apre una palpebra per dargli un'occhiata. Walter si è seduto sul pavimento con la faccia contro le sbarre e la bottiglia di whisky mezza vuota in mano. Fissa il cappone e la bestia piega la testa per ricambiare l'attenzione. Suona il cellulare nel taschino di Walter che lo ignora
Il cappone lo guarda perplesso e poi ruspa nello strame dei propri escrementi. Il cellulare trilla di nuovo e Walter lo scaraventa contro il muro facendolo tacere.
Mc Nugget si disinteressa e si becca le penne per scovare un pidocchio pollino fastidioso. Walter infila la mano nella stia e lo afferra per il collo. Il cappone starnazza spaventato.
Walter tira fuori la mano dalla stia e se la pulisce sui pantaloni. Riafferra la bottiglia e beve. Si alza e va a guardare fuori dalla finestra, mentre due lacrimoni gli rigano le guance. Chiede al mondo: - Ma perché mi sentivo tanto infelice quand'ero felice?- Irrompono nel seminterrato le sue guardie del corpo, preoccupate per la sua sparizione. Vedono che è ubriaco e lo prendono per le braccia accompagnandolo nonostante le sue proteste. Starnazza Walter, starnazza spaventato, nella stia Mc Nugget. Mezz’ora dopo Walter scende dall'ascensore con la sua scorta e mette in mano a un impiegato, che si inchina rispettoso, la sua bottiglia di whisky vuota. - Il Senatore Morris la attende da trentasei minuti. Mi sono permesso di chiamarla col cellulare ma non ho avuto risposta.- gli dice l’impiegato. Walter si porta un dito sulle labbra e risponde:
Entra nel suo ufficio e va dritto alla sua poltrona ignorando il senatore dai bei capelli bianchi impomatati che si alza per salutarlo. Walter gli fa un cenno vago e quando è seduto alza lo sguardo sull’uomo.
Interviene la suadente voce metallica del computer:
Walter solleva un telefono e ordina:
Walter riattacca il telefono. Il senatore esita:
Il senatore si gonfia di indignazione come un rospo, poi inghiotte, gira sui tacchi e se ne va sbattendo la porta. Walter giocherella con la catenina d'oro e fa emergere la chiave da sotto la camicia - Magari sei la chiave di un lucchetto qualunque... e io ti porto al collo come un selvaggio superstizioso... e convinto della mia fortuna, ho fortuna... finché dura…-
CAPITOLO 22
Mara è di nuovo sul Pier 39, il lungo molo di legno che si stende verso l’isola di Alcatraz, scintillante di luci e risuonante di musiche allegre. Il grande carcere è ora una meta per turisti amanti dell’orrido e di Al Capone. Seduta sul suo sgabello, Mara fa le carte ad un uomo barbuto e puzzolente, cliente degli androni di Union Square. La donna recita:
Il barbone ride nella sua barba sporca:
Il vagabondo soffoca un rutto, portandosi una mano fra i peli arruffati della barba, si liscia quelli intorno alla bocca, sbiaditi dalle bevute di birra. Sembra compiaciuto e Mara azzarda:
Il vagabondo se ne va ridendo e Mara mischia le carte. Scuote la testa e mormora fra sé - Idiota di un Walter... adesso vediamo il tuo gioco. Quello vero…- mette giù due carte, la seconda è la donna di picche. Mara la fissa angosciata e balbetta:
Si alza, ripiega lo sgabello e si guarda intorno, quasi sperasse di vedere Walter e avvertirlo.
Mara si affretta verso la radice del molo dove stazionano i taxi. Si fruga nella borsetta ma trova solo tre banconote da un dollaro, allora allunga il passo verso la fermata dei bus. Una fretta del tutto inutile perché Walter non è a San Francisco. E’ volato a Washington, ospite dell’ambasciata inglese che dà un grande ricevimento in onore della regina Elisabetta II, in visita negli USA. Da quando Mara gli ha predetto l’imminenza della morte Walter non riesce più a ritrovare serenità. Combattuto tra il credere e il non credere alle parole della donna, ha cominciato a bere e a lasciarsi andare, sfidando la sorte. Marilyn Due non nasconde la sua irritazione e ha ripreso a sgranellare parolacce nella speranza di riattirare su di sé l’attenzione di Walter. Ma ormai il sogno realizzato ha portato alla delusione della realtà e Walter ha scoperto che far l’amore con il simulacro delle sue masturbazioni adolescenziali dà un gusto che dura il tempo di una sega. Ora Walter sa che l’amore con Mara era ben altra cosa e che con le liti e i battibecchi si alimentava di una passione misteriosa e segreta che legava i loro corpi ma anche le loro menti. Adesso quel legame sembra consunto, finito, e Mara predice la sua morte pensando non a lui ma al suo denaro. C’è di che farsi un altro drink anche se sta per entrare nel salone la regina d’Inghilterra! Il senatore Morris appare alle spalle di Walter, inamidato tra inamidati, e gli riempie il bicchiere anticipando una delle sue guardie del corpo. Walter prende il bicchiere al terzo tentativo e realizza che quell’uomo è il senatore impomatato solo quando apre bocca:
Walter ha difficoltà di messa a fuoco e alza le spalle. Beve.
- Sua Maestà la Regina di Inghilterra e Irlanda! – l’annuncio del cerimoniere fa zittire tutti mentre l’orchestra attacca "Save the Queen". Walter, per nulla interessato, pesca un altro drink dal vassoio di un cameriere che si inchina per l'avvicinarsi della regina. Ingoia il liquore con un sorso solo e dice a Morris, impettito a capo chino, con tono di voce troppo alto:
Elisabetta indossa un abito lungo con lo strascico. Le donne fanno l'inchino e gli uomini piegano la testa in segno di riverenza. Tutti meno Walter, che per sfregio al mondo dà una gomitata al senatore e dichiara in tono solenne, tipico degli ubriachi: - E chi se ne frega della regina! Tiè! – e allunga una gamba pestando lo strascico di Sua Maestà. Il tulle si strappa e con la "coda" viene via un pezzo di gonna: la regina resta in mutande. Nel coro di indignazione, l'urlo di orrore di una damigella che indica in mezzo al tulle un gigantesco scorpione che si muove inarcando la venefica coda. Una delle guardie schiaccia lo scorpione sotto il suo stivale, un’altra ha già avvolto le chiappe di Sua Maestà nel proprio mantello. L’indignazione si tramuta in ammirazione: tutti guardano Walter con aria adorante mentre l’immonda bestia torce ancora la coda velenosa negli ultimi spasimi dell’agonia. La regina muove due passi verso Walter e lo fissa negli occhi.
Walter si stringe nelle spalle, poi spalanca le braccia innaffiando col resto del suo drink lo sparato del senatore Morris. Colto da un’idea buffa si illumina di un largo sorriso, punta il bicchiere vuoto verso la regina e risponde:
Cento persone trattengono il fiato ma Elisabetta ride e allora tutti fanno eco. - Come faceva mister Walter Primo a sapere dello scorpione? – chiede Elisabetta. Di nuovo Walter si stringe nelle spalle:
Questa battuta, nell’ufficio di Walter a San Francisco, è salutata dalle risate e dagli applausi degli impiegati di Walter. Anche Mara è lì, davanti al grande schermo TV e ha assistito in diretta al salvataggio della regina d’Inghilterra per opera di "un coraggioso cittadino americano", come dice ora lo speaker. Mara crede che Walter abbia detto la verità: semplice fortuna di merda. Pensierosa, scrive poche parole su un biglietto e lo lascia sulla scrivania di Walter e se ne va senza che nessuno badi a lei. Il giorno dopo sul tavolo di Walter c'è un pacco di giornali inneggianti al suo salvataggio della regina inglese. Le due segretarie gli mostrano i titoli uno per volta, piegandosi verso di lui in modo che possa scegliere se interessarsi alla stampa o alle scollature. Walter sembra poco interessato ad entrambe le cose. I titoli: ATTENTATO ALL'AMBASCIATA INGLESE. UNO SCORPIONE MESSO DA BIN LADEN? UN TYCOON AMERICANO SALVA LA REGINA! WALTER FRASER INNALZATO ALL'ORDINE DELLA GIARRETTIERA Walter giocherella con la famosa onorificenza e poi la butta sui giornali e l’occhio gli cade sul biglietto lasciatogli da Mara il giorno precedente: ADESSO ESCE NELLE PRIME DUE CARTE. ATTENTO. MARA Walter resta legge quelle poche parole, mentre le segretarie, deluse, se ne vanno. Allunga un dito e ruota il biglietto in modo da poterlo leggere meglio. Dice proprio così: ADESSO ESCE NELLE PRIME DUE CARTE. ATTENTO. MARA Walter si alza dalla poltrona e fugge. Sbatte contro Marilyn che entra e non le chiede neppure scusa. La biondona va a sbattere contro l’armadio blindato che nasconde la guardia del corpo. L’armadio si spalanca e balza fuori il giovanottone pistola in pugno. - Metti via, mandrillo… - lo apostrofa la donna e poi apre i tiretti della scrivania. Fruga in modo sommario, come chi già sa che non troverà quello che cerca. Sbatte i cassetti e si lascia andare sulla poltrona di Walter. Scuote la criniera guardando il giovanotto che tiene la pistola in pugno.. - Se la porta sempre al collo quel bastardo... Mi sa che dovrai torcerglielo tu.- Segretarie e impiegati si inchinano al passaggio di Walter, sia quando entra che quando esce. E’ una ginnastica, perché Walter torna dentro l’ufficio, esagitato, e non risponde al coretto dei saluti ripetuti: - Buon giorno, Sir Walter Magnum!- Walter vede la guardia del corpo fuori dall’armadio e Marilyn seduta al posto suo. Contrariato si blocca e poi, con scortesia ordina a entrambi di uscire. Va dritto al computer. Marilyn spazza la scrivania con una manata di rabbia facendo volare l’onorificenza della regina.
Walter la gela con un’occhiata e scandisce:
C’è qualcosa di paranoico in Walter che convince Marilyn a non insistere. La donna passa davanti alla guardia del corpo che dà un’occhiata al padrone e poi la segue. Rimasto solo, Walter ordina al computer:
Obbediente Frankie risponde con la consueta voce carezzevole ma metallica in certe risonanze che non sono né maschili né femminili: - Ore 7 AM breakfast, jogging. Jacuzzi, massaggio e barbiere. Ore 8,30 AM conferenza per la stampa estera. Ore 9,40 AM volo personale per New York Ore 17 PM tempo locale, tè con i dirigenti della Rifle Corporation. Ore 18 PM tempo locale audizione alla City Hall. Ore 19,15 PM tempo locale dinner con il Segretario della NIAF. Ore 21 PM tempo locale spettacolo in suo onore al Radio City Hall con libera scelta tra le soubrette per una tre ore di relax mentre vola di nuovo a San Francisco.- Walter ha seguito con attenzione e ordina:
Walter scaraventa un fermacarte contro il video del computer che esplode. - ..ato nes...un... pegno...
CAPITOLO 23
Se Walter sapesse che Mara gli ha rifatto le carte e che donna di picche gli è uscita come prima carta, urlerebbe. Invece si limita a stare profondato in una poltrona, nella villa del fu Goldfish, in vestaglia, ubriaco, a bere birra. Marilyn Due ha provato di tutto per smuoverlo, ma ha perso il suo fascino. Fa le fusa cercando di sfilargli la chiave della fortuna dal collo e Walter la blocca.
Entra il maggiordomo Mortimer, discreto ed inappuntabile come sempre e annuncia
Walter scoppia a ridere, ma è una brutta risata che termina in un singhiozzo. Fa saltellare la chiave sulle punta delle dita - Non perdi un colpo, eh? Vincita di denaro, una settimana con Marilyn su un'isola deserta e probabile presidenza degli Stati Uniti.- Marilyn Due gli vola festosa fra le braccia - Tesoro, tesoro! Non vedo l'ora di fare la First Lady! Però le cosette te le fai fare da me, non voglio Moniche tra le palle eh?- lo bacia in bocca e Walter la respinge e rutta per la troppa birra bevuta.
Marilyn diventa verde ma si controlla e sogghigna: - Ma come sei spiritoso, amore….- Walter attraversa a passi incerti il salone ed entra nello studio dove lo sta aspettando il senatore Morris, sempre ben vestito, sempre ossequioso. Si alza e simula cordialità:
Morris accusa il colpo ma decide di prenderla a ridere:
Walter non risponde subito. Si passa una mano sul volto e poi fissa il senatore che gongola con la sensazione di aver fatto centro: Walter sembra interessato!
Il senatore si gonfia di orgoglio e ammicca a Walter:
- Perfetto. A domani, mister Fraser! Vedrà che la faremo diventare davvero Walter Primo! – ride e se ne va. Walter gli fa eco, guarda il senatore accompagnato fuori dal maggiordomo. La sbronza gli è passata di colpo. Ora deve decidere: o lasciarsi prendere dal vortice o uscirne affrontando l’incognito. Quale sarà la strada che lo porterà a morire, secondo la previsione delle carte? Marilyn Due vorrebbe fare sesso con il candidato alla presidenza degli Stati Uniti, ma Walter non ne ha voglia e va a letto da solo ma non riesce a dormire. Si gira e si rigira nel letto: deve prendere una decisione capitale. Dire di sì o liberarsi di tutto? Una smania lo prende alle gambe ed è costretto ad alzarsi. Si veste ed esce senza avvertire nessuno. Si incammina verso il Golden Gate Bridge: una lunga camminata è quel che gli serve. Se ci fosse Mara potrebbe consigliarsi con lei… Si ferma colpito da un pensiero:
No, non lo ha mai fatto. A Mara ha chiesto appoggio, comprensione, sesso ma mai consiglio. Una luna tonda illumina la grande arcata del ponte. Walter si incammina lungo l’interminabile passatoia pedonale che fiancheggia le corsie autostradali e si affaccia balaustra protetta dalle reti antisuicidio. Si leva la catenella a cui è infilata la chiave stocastica e la fa roteare intorno ad un dito. La piccola chiave manda bagliori riflettendo la luce fredda della luna.
- Che faccio McNugget? La butto o non la butto?- si domanda Walter impigliato come Amleto in una biforcazione logica senza soluzione - O appena la butto crepo? – Walter guarda l’oceano in basso, sul fondo dell’abisso e vede due scie, due strade di luce: una con la chiave e l’altra senza. Deve scegliere. Più che Amleto, Walter si sente l’asino di Buridano.
CAPITOLO 24
Seduti intorno al grande tavolo ovale , nel salone del CdA, siedono uomini dall’aria importante. C’è Alan Kahn della CIA, il generale Culverton, Eduard Albson della Guardia Nazionale, Tip McWrite della Rifle Association, McCormack della Enron Petroleum e altri che hanno alle spalle segretari con voluminose borse di cuoio. Ci sono anche il senatore Morris e Totò Dellutri, il capo di Cosa Nostra americana. Walter li guarda tutti, uno per uno, in silenzio. Parla il generale Culverton che apre davanti a sé un grosso fascicolo e inizia con brutalità militare
Un moto di sorpresa percorre l’assemblea e molti sguardi terminano in faccia al senatore Morris che risponde
Un mormorio di sconcerto e un ritmato insieme di sbuffi di impazienza viene troncato da Totò, che si leva gli occhiali scuri e si tende verso Walter scoprendo tutti i suoi denti in un ghigno minaccioso.
Ne approfitta Morris per incalzare Walter:
Interviene Kahn, quello della CIA:
Walter si leva la chiave che porta ancora al collo e ci giocherella
Riprende la parola Totò, che si alza e si avvicina a Walter, girando intorno al grande tavolo. Quando passa dietro la schiena degli altri, tutti si girano preferendo non dargli le spalle.
Anche Walter si alza:
Una delle guardie del corpo obbedisce e spalanca la finestra dietro a Walter che fa vorticare intorno a un dito la catenella con la chiave stocastica. Totò avvicina il suo volto a quello di Walter, molto vicino. Tanto da costringerlo a fermare la giostra della chiave.
Walter spinge indietro Totò con un gesto violento, e butta la chiave fuori dalla finestra. La chiave rimbalza sulla strada, in mezzo al traffico. Un cane spelacchiato guizza tra le auto e la inghiotte. A trenta metri dal cane due macchine della Polizia fanno una manovra ad U. Una vecchietta attraversa col rosso. Un camion frigorifero di trasporto carni frena facendo gemere le gomme per evitare di metterla sotto e va a sbattere contro un bus: per il contraccolpo le porte posteriori del furgone si spalancano e un quarto di bue cade davanti al muso del cane che lo addenta incredulo e felice. Le auto della Polizia scaricano agenti davanti al palazzo in cui ci sono gli uffici di Walter, che li guarda dalla finestra e dice a Totò: - Temo che non potrai più fare proposte per una ventina d'anni.- Prima che l’assemblea realizzi quello che sta accadendo, si sentono le voci degli agenti che irrompono con le armi spianate e giubbotti antiproiettile.
Walter va verso l'agente senza alzare le mani
L'agente non bada alle sue parole e lo colpisce col calcio della pistola sulla tempia. Walter sviene. L’agente gli allunga una pedata e lo avvisa:
E' evidente che Walter non dirà più niente per un bel po' e viene portato via di peso. Il cane, nuovo possessore della chiave stocastica, si mangia in santa pace il suo quarto di bue e tutti gli eventi che la chiave aveva allineato in modo favorevole a Walter si disgregano tornando nel caos delle probabilità non epistemiche insite nell’essenza dell’universo.
CAPITOLO 25
Il disgregarsi della catena delle improbabilità che hanno favorito Walter è molto rapido. Tre ore dopo l’irruzione degli agenti Walter viene rilasciato e torna nel suo ufficio, scarmigliato e con una crosta di sangue raggrumato sulla fronte. Intorno a lui i segni della perdita di potere. Carte sparse ovunque, una porta che sbatte, il computer sfondato che nessuno si è preoccupato di portar via, i telefoni che squillano e a cui nessuno risponde. La segretaria bionda si affaccia col soprabito sulle spalle e una grossa borsa in mano. - Io mi licenzio, signore. Se accende la Tv, stanno parlando di lei...- Walter pigia un tasto della console che ha sul tavolo ma sbaglia perché non si accende la TV, si spalanca l'armadio della guardia del corpo. L'atletico gorilla ha i pantaloni calati e le mani strette sulle natiche di Marilyn Due. Non si accorge neppure dell'apertura e continua a fornicare. La donna, bloccata dalla foia del gorilla che non ha aperto gli occhi, gira uno sguardo terrorizzato e incontra quello incredulo di Walter. Entra la segretaria rossa, anch’essa col soprabito e due impiegati fanno capolino, tutti con grossi scatoloni fra le braccia pieni delle loro cose personali. Marilyn Due cerca di sottrarsi all'amplesso ma la forza della guardia del corpo glielo impedisce. Ancora costretta alla fornicazione, dice a Walter:
Walter ammette con un gesto vago e se la prende con la guardia del corpo:
Il gorilla spalanca gli occhi e molla Marilyn Due. La donna sguscia fuori dall'abbraccio sistemandosi la gonna imbarazzata. Walter ghigna:
Gli impiegati ridono e Marilyn esce a testa alta con un orgoglioso movimento di fianchi. La guardia del corpo si tira su le brache e si avvicina minaccioso a Walter che ripara dietro la scrivania:
La segretaria bionda, mossa a compassione, chiude la porta in faccia agli impiegati sghignazzanti che si mettono sulla scia di Marilyn Due. Accende il televisore e alza uno dei telefoni che squillano. Ascolta e poi riattacca. - Era dall'Africa: il governo locale ha espropriato tutti i nostri terreni. - Solleva un’altra cornetta:
Riattacca e dice a Walter che è rimasto in piedi, la faccia gelata da un sorriso un po’ ebete: - E' da Wall Street. La vendita delle azioni Sintex è stata revocata. Falso in bilancio e bancarotta. Lei sta fallendo, signore. Cos’è successo tutto d’un colpo? – senza attendere risposta solleva una terza cornetta, ascolta e la butta giù:
Intanto la Tv sta dicendo che Walter Fraser è indagato per bancarotta e che la sua ascesa dall’ago al milione sta tornando velocemente all’ago, su cui rischia di restare infilzato come una farfalla da collezione. - E’ carino però. Poteva dire scarafaggio… - commenta Walter, scuotendosi dallo stato di stupore. La segretaria si arrende davanti ai continui trilli dei telefoni: - Walter, mi dispiace che sia finita così. Sarà per un’altra volta.- sorride di convenienza e se ne va.
La segretaria gli dà uno sguardo dispiaciuto e poi esce scuotendo i bei capelli biondi. Fa capolino Mortimer con aria compunta:
Mortimer si ritira e Walter saltella tra i telefoni rispondendo a tutti in preda a un’euforia isterica: - Pronto! La fabbrica sta bruciando? Portate i bambini a vedere l'incendio! Come? Trentasei milioni di multa? Vendiamo il grattacielo... ah l'han già sequestrato quelli di Parigi? Vendiamo i pozzi del Mare del Nord! Son saltati? Bene! Hallo? Siamo crollati in Borsa? Perfetto! Come? Che fare delle azioni? Pulitevi il …- Qualcuno bussa alla porta spalancata dell’ufficio. Un sbuffo sonoro, equino, e una voce che Walter conosce, chiede
Walter si volta e butta il mazzo di cornette telefoniche che andava collezionando: sulla soglia dell'ufficio è apparso l'ufficiale giudiziario, quello dagli occhialini scuri, ha una cicatrice che gli attraversa il viso in ricordo della musata battuta sull'inferriata dello scantinato. Rivedere l’uomo innesca in Walter uno moto di allegria:
Walter lo abbraccia e lo bacia sulle guance, sente scivolargli via di dosso ricordi, rimorsi, paure. Forse il tempo ha chiuso un cappio e quell’uomo è il punto di sutura. - Io sto uscendo adesso dalla galera! Pignora tutto, io sono liberooo! Corre via volando con le braccia a tempo di walzer. L'ufficiale giudiziario sbuffa come un cavallo
CAPITOLO 26
Sudato, trafelato, Walter arriva nella hall del casamento di Market Street e sbatte contro Brooks che sta uscendo. Il padrone di casa è tornato torvo e cattivo come un tempo e anche questo dà gioia a Walter che si inchina come un Arlecchino davanti a lui.
Gli tira in faccia una pugnata di granturco che pesca nella tasca della giacca. Walter accetta tutto ilare e giulivo. Grida festoso: - Mara è tornata!? Che meraviglia!- e corre giù per gli scalini che portano nel basement. Walter apre l’uscio senza far rumore per fare una sorpresa a Mara, ma la donna non c'è. Sul tavolo ci sono due mazzi di carte, una confezione di patate prefritte, del pane, della frutta e un pacchetto di gomme da masticare. Si sente lo scrosciare della doccia. Walter si avvicina al bagno a passi di lupo. Mara, nuda e bellissima, è Venere che esce dall’acqua. Sentendosi guardata la donna si volta e vede la faccia di Walter nello spiraglio della tenda. - Ah sei tu? Avrei giurato che tornavi qui dopo quello che ha detto la radio...- Si avvolge in un asciugamano e si siede sul vecchio fustino di Splash iniziando a darsi lo smalto alle unghie delle mani
- Mai con lo smalto fresco… - lo deride Mara agitandogli le mani davanti alla faccia.
Mara si alza, mette un piede sul vecchio fustino di Splash e si pennella l’alluce con cura.
Walter azzarda un abbraccio ma Mara lo respinge .
Mara butta il pennello dello smalto e corre verso la pentola che bolle sul gas. - ... dio, la gallina!- strilla sollevando il coperchio: una nuvola di vapore sale verso il soffitto. Walter fissa con orrore il cadavere del cappone che sta bruciacchiandosi sul fondo della pentola quasi asciutta. Mara scansa Walter e mette la pentola sotto il rubinetto facendo scrosciare l'acqua. Una colonna di vapore la investe. Walter indica il cappone, spalanca la bocca due volte senza riuscire ad emettere suoni, poi ce la fa e accusa: - Hai ucciso Mc Nugget...- Mara lo scansa con un colpo di fianchi e riporta la pentola sul gas: - Non è mica un omicidio... almeno spero... anche se... ahi! - si succhia le dita scottate dai manici -... tu non ci crederai, ma stamattina la gallina mi ha parlato! Un’allucinazione credo, però… Mi ha chiesto di ucciderla e in cambio mi ha fatto un uovo... e sai che c'era dentro?- Walter sente la stanza girare, come dopo l’implosione del gas, tempo prima. Quanto tempo prima? Mesi, anni, o era in un altro universo? Lascia che le spalle gli spiovano ai lati del corpo. China la testa sconfitto e sospira: - Una chiave.- Dà un’occhiata da sotto in su e la vede, la maledetta piccola chiave stocastica che manda di tanto in tanto quegli strani riflessi, al collo di Mara. Lo donna la tocca e sorride incuriosita:
Walter si avvicina a Mara che arretra. Qualcosa nei suoi occhi la spaventa. L’uomo ordina con voce rauca:
Suona il campanello d'ingresso e Mara corre ad infilarsi un accappatoio: - Apri tu! - Walter si lascia cadere sul letto. Ha la certezza di una prossima catastrofe. Il campanello suona con insistenza e Mara, allacciandosi la cinta dell'accappatoio va ad aprire - Non ti va di far niente, come ai vecchi tempi eh?- Walter non risponde e si volta sul letto a pancia sotto, la testa affondata nel cuscino.
Sulla soglia, davanti a Mara, c'è un bel giovanotto bruno con brillanti occhi neri pieni di ammirazione per la donna. La sua calda voce sensuale gioca le note della seduzione
Walter si rivolta e si mette a sedere sul letto. Esclama
Ma il bel giovanotto neppure gli bada e continua a fissare Mara dentro gli occhi facendola sentire piacevolmente a disagio.
Mara si scuote cercando di sottrarsi al fascino animale di quello stupendo esemplare maschile.
Mara strabilia e si volta eccitata verso Walter che la guarda, cupo come vampiro dissanguato. Mara trilla e saltella:
L’entusiasmo di Mara svanisce di colpo. Sbuffa:
Mara ha un gesto di disperazione, ma non lo termina. Si accende di nuovo come una lampadina e strilletta:
Mara cerca sul tavolo, fra le buste della spesa, ma la confezione di gomme da masticare non c’è più. Si dispera: rovescia le borse, guarda sotto il tavolo, sotto il letto.
Walter cerca di abbracciarla ma Mara lo respinge con rabbia.
Walter si stiracchia, tenendo i pugni serrati e ha l’aria di un micione che abbia appena acchiappato un topo grasso.
Mara si ferma e lo guarda severa:
Walter alza un lembo del tappeto usando i due pollici delle mani, senza aprirle. Questo gesto innaturale manda in bestia Mara che lo aggredisce: - L'hai presa tu! – Walter, con la miglior faccia da schiaffi che può trovare, bofonchia:
Si precipita su di lui cercando di aprirgli i pugni. Walter la abbraccia e mentre lei è impegnata ad aprirgli il pugno destro ne approfitta per ficcarsi in bocca, con tutta la carta, la confezione di gomme che tiene nel sinistro. Mara riesce ad fargli aprire le mani conficcandogli le unghie nella carne. Walter geme e le spalanca, entrambe vuote, davanti alla faccia paonazza della donna.
- Hai diritto ad una confezione gigante della Gomma Venti, la gomma che non s'attacca ai denti...- con gesto e tono burocratico, il giovanotto le mette in mano una grossa confezione di gomme da masticare e se ne va. Mara scoppia a piangere e gli tira dietro il pacco delle gomme.
Walter serafico si ficca due dita in bocca e tira fuori un disgustoso malloppo di gomme semimasticate e carta argentata. Articolando a stento, commenta
Mara guarda Walter incredula mentre lui continua a lottare con i fili di chewing-gum che gli si sono appiccicati ai molari, poi corre ad impugnare un coltello da cucina - T’ammazzo! Farabutto, disgraziato, mascalzone!- Walter spalanca le braccia e le offre il petto: - Colpisci, amore, ma io l'ho fatto per il nostro bene perché ci sono già passato.- Mara è davanti a lui col coltello alzato ma invece di piantarglielo nel petto colpisce Walter con una ginocchiata all’inguine. Walter si piega per di dolore e la donna gli scaraventa addosso il coltello e tutto ciò che le capita sotto mano. - Centomila dollari! Mi hai fatto perdere centomila dollari!- Mara afferra la pentola bollente e la getta contro Walter con il cadavere semibollito del povero Mc Nugget. Walter si ripara dietro la porta del bagno, urlando:
La pentola rotola sul pavimento e Walter coglie al volo il cappone spennato. Lo afferra per il collo e la alza sventolandolo come una macabra bandiera - In nome della gallina che era un cappone, ascolta!- Mara si butta sul letto, singhiozzando. Senza mollare la gallina bruciacchiata, Walter le si avvicina e la accarezza sui capelli
Mara si porta la mano al seno a difesa della chiave e con l’altra si asciuga le lacrime, pentendosi della propria debolezza. Dice dura:
Walter posa il cappone sul letto e accarezza il corpo della donna , baciandola sugli occhi chiusi. Le sussurra
Il cappone mezzo cotto è percorso da un brivido di resurrezione: apre un occhio e guarda qualcosa posto a distanze adimensionali. I due amanti non se ne accorgono, presi ormai dalla passione del loro amplesso. Trilli acuti e stridenti sembrano provenire da un punto imprecisato, forse da fuori la finestra. Una voce appena udibile, da lontananze cosmiche sta gracchiando qualcosa: - Controllori! Questi plimflano alla grande! Localizzazione dinamica! Un altro sbaglio e rompo i ruki! Occhio alle dimensioni compattificate! Nonlocalità! Nonlocalità!! Vai così, entangled, vai così… vengo... vengo... vengoooo!- La sua voce chioccia si confonde con quella dei due amanti che al culmine dell'orgasmo urlano le stesse parole. Mentre Walter si accascia su Mara e la donna distende le braccia soddisfatta, anche il cappone crolla definitivamente morto sul letto accanto a loro. E’ venuto buio su San Francisco e la notte è stellata. La piccola chiave al collo di Mara sembra adesso la chiave di un lucchetto qualsiasi.
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