A come Assassino
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A come Assassino

tratto dalla commedia di Ernesto Gastaldi

Premio IDI 1957

Due gambe femminili calzate con eleganza camminano rapide sul vialetto fangoso che porta alla villa dei conti Prescott.

E’ notte, di tanto in tanto un lampo illumina le pozzanghere e lontano brontola un tuono.

La donna si ferma davanti al cancello d’ingresso. Un grosso cane alla catena abbaia. La donna lo zittisce. Si accende una luce nella casa Peter il guardiano, uomo sulla sessantina, esce illuminando con una torcia il viso della donna

-  Signorina Angela, buonanotte! – si affretta ad aprire il cancello.

Angela Prescott, nipote del padrone della villa, è una donna di ventitré anni dai lunghi capelli rossi sciolti sulle spalle grandi occhi neri pieni di una luce morbida e sensuale. Perfetta nella figura, si muove come una femmina sicura del suo fascino pur avendo di tanto in tanto degli atteggiamenti sbarazzini e infantili.

Angela scambia qualche parola col guardiano: Armando ha avuto una panne con la macchina e ha dovuto andare in paese cerca di un meccanico, così lei ha preferito raggiungere la villa a piedi. Peter risponde che lascerà il cancello aperto e intanto dà uno sguardo all’orologio che porta nel taschino del gilet.

-  Che ore sono?- chiede Angela.

-  Mezzanotte passata, signorina-

Angela attraversa il parco sparendo nel buio del vestibolo della villa.

Senza accendere le luci, muovendosi con la perfetta padronanza di chi conosce bene un luogo, Angela attraversa il salone e sale la grande scala di marmo.

Si inoltra nel corridoio su cui si affacciano molte porte dai pannelli istoriati.

Una delle maniglie gira e un uscio si socchiude: qualcuno spia Angela ma non si vede chi.

Angela si volge di scatto e riesce a vedere la porta che si chiude senza rumore.

Un lampo illumina di blu il dando rilievo agli scuri mobili di noce, una panoplia appesa al muro e due antiche armature che paiono antichi soldati di guardia.

Angela riprende a camminare. Sorpassa due porte chiuse. Sente un cigolio.Si ferma ancora ma non si volta, accelera i passi in preda a un’ansia crescente.

Un tuono forte fa tremare le vetrate della villa e subito dopo scroscia la pioggia.

Il rumore dei passi di Angela si perde nel rumore del temporale.

La donna gira in fondo al corridoio e apre la porta della sua camera quando qualcosa attira la sua attenzione verso la grande porta dello studio di John Prescott : l’uscio è accostato e lascia passare uno spiraglio di luce.

Angela incuriosita si avvicina. Bussa leggermente chiamando lo zio per nome ma non riceve risposta, allora apre un poco l’uscio: la gola di John Prescott ha un profondo squarcio e un lago di sangue si va raggrumando sul tappeto. Dietro a lui, una grande cassaforte con lo sportello spalancato.

Angela lancia un urlo acutissimo e sul volto del morto sgozzato scorrono

I TITOLI DI TESTA

fino a chiudersi con un lungo fondu.

Da un grande quadro ad olio di John Prescott a grandezza naturale, panoramica sul grande salone del piano terreno, mentre una voce irridente, dai toni acuti, proviene da un computer. La voce è quella di John Prescott e il sul CD che gira c’è il suo testamento.

Nel salone ci sono dieci persone:

il notaio,

Lucio Camilleri, commissario di polizia,

Marta la sorella del morto,

Julian, l’unico figlio di Prescott,

Angela e George, suoi nipoti,

Adriana, moglie di George,

Armando, un lontano parente e fidanzato di Angela,

Giacomo il maggiordomo

e Peter, il guardiano-giardiniere.

La voce di John Prescott ha delle intonazioni maligne e parla come se avesse saputo la fine che lo attendeva. Tratta tutti gli aspiranti eredi della sua enorme fortuna come avvoltoi in attesa del pasto.

Ma il pasto avverrà secondo le regole che, ancora una volta, detterà lui, John Prescott!

Egli lascia tutto il suo patrimonio in parti uguali a quei tre fra George, Adriana, Julian, Angela, Marta, Armando e Giacomo che saranno ancora in grado di presentarsi a reclamare l’eredità un mese dopo la lettura del testamento.

Ma se gli eredi che si presenteranno dovessero essere più di tre non avrà niente nessuno. Se saranno due erediteranno metà per ciascuno e se sarà uno solo potrà prendersi tutto.

La voce diabolica continua dicendo che ha incluso Giacomo a bella posta, un po’ ricordando la sua antica amicizia di quando erano entrambi senza un soldo, un po’ perché lo ritiene perfettamente all’altezza di misurarsi con gli altri della famiglia.

Invece a Peter lascia il cane che in fondo è l’unico essere vivente che lui, John Prescott, abbia mai amato.

Il commissario Lucio Camilleri, che sperava di avere dal testamento qualche lume per la scoperta dell’assassino del conte Prescott, ha un gesto di irritazione.

L’unico ad avere una reazione di rabbia è George, nipote del morto e marito della bella Adriana.

George è un uomo sulla trentina dai lineamenti delicati, nevrastenico, facilmente preda delle sue emozioni. Protesta contro il testamento minacciando di impugnarne la validità ma il notaio gli risponde che nonostante la stranezza delle ultime volontà del defunto in esse non c’e' nulla che contrasti con le leggi.

Mentre il notato leva il CD dal lettore e raccoglie le sue carte per andarsene, il commissario esamina ancora una volta i membri di quella strana famiglia. Uno di loro ha ucciso. Ma chi?

Marta è una donna di cinquant’anni sempre vestita a lutto col medaglione del marito morto appuntato sul petto.

Angela è appena donna, anche se tratta gli uomini con estrema sicurezza

George non sembra il tipo capace di uccidere per denaro, troppo debole per farlo, ma forse in un momento d’ira, chissà.

C’è sua moglie Adriana, di qualche anno più grande di Angela, con un viso da bambola e le palpebre orlate da lunga ciglia finte con cui lappoleggia quando parla, dicendo spesso cose paradossali o prive di senso comune, si muove come una pin-up mettendo continuamente in mostra le sue belle gambe come un biglietto da visita atto ad aprire tutte le porte.

Adriana sembra incapace di pensare ad altro che non sia se stessa.

Julian è fuori questione: ha venticinque anni ma il suo sviluppo mentale è quello di un bambino di dieci. Ritardato fin dalla nascita, resta sempre attaccato alle gonne di sua zia Marta. Di tanto in tanto ride senza motivo con una risata che mette i brividi. In famiglia nessuno lo può soffrire e solo Marta lo sopporta.

Restano Armando e Giacomo. Armando è un ragazzone non ancora trentenne, estroverso, sportivo pieno di una cordialità fisica che allontana da lui ogni sospetto. Giacomo, al contrario, è un uomo di cinquant’anni, ancora giovanile d’aspetto, con un volto scavato illuminato da due occhi neri e profondi. C’è qualcosa in lui che sfugge, qualcosa di sornione, di cattivo che egli nasconde sotto la maschera dell'impassibilità professionale.

Più tardi Lucio sale nello studio e ricostruisce il delitto: John Prescott giaceva a terra dove ora è disegnato il suo contorno col gesso. Venne scoperto dopo mezzanotte da Angela e accanto al cadavere con la gola squarciata c’era uno strano coltello dalla lama ricurva. Sul manico di legno del coltello era incisa una grande "A".

La cassaforte era spalancata, è un dettaglio importante perché la cassaforte è di quelle a tempo e il congegno a orologeria ne permette l’apertura solo dalle ore 22 alle ore 22,15. Sapere la combinazione non basta: bisogna azionare i meccanismi entro quei quindici minuti.

A confermare l’ora presunta del delitto c'è anche l’orologio che il cadavere portava al polso. Si ruppe nella caduta e rimase fermo a indicare esattamente le ore 22.

Il commissario inizia gli interrogatori.

John Prescott non era certo una figura simpatica, tiranneggiava tutti e anche in paese era malvisto per la sua crudeltà e per la sua attività di strozzino. Sono molti quelli che avrebbero avuto un buon motivo per volerlo morto.

Camilleri cerca di ricostruire i movimenti della notte del delitto ma non viene a capo di nulla.

Angela e il suo fidanzato Armando erano a teatro fin quasi a mezzanotte Angela tornando parlò con Peter e Armando, a causa di un guasto alla sua macchina, tornò addirittura un’ora dopo.

Marta quella notte si trattenne nel salone con Julian per insegnargli un solitario con le carte.

Alle 22,30 entrò Giacomo per chiedere a Marta se poteva ritirarsi e Marta è sicura dell’ora perché la chiese a Giacomo, il maggiordomo, dopo di che accompagnò Julian a letto e si ritirò nella sua stanza.

Giacomo conferma la deposizione di Marta poco prima delle dieci andò a bussare alla porta dello studio del padrone che gli disse che, non aveva più bisogno di lui, passò dalla cucina dove si preparò un tè e poi alle 22,30 si presentò nel salone dove Marta e Julian stavano giocando a carte. George e Adriana dichiarano di essere andati a letto verso le nove e di non essere più usciti dalla loro stanza fino a che non sentirono le urla di Angela che aveva scoperto il cadavere.

Peter dal canto suo giura di non aver mai abbandonato la sua casa in fondo al parco ed esclude che qualcuno abbia potuto entrare a sua insaputa poiché il cane avrebbe dato l’allarme se qualche estraneo si fosse anche soltanto avvicinato alla cinta del parco.

Camilleri annuisce: è convinto che l’assassino sia uno dei sette nominati nel testamento: ma come scoprirlo?

Il movente dell’eredità regge fino a un certo punto: se qualcuno avesse conosciuto il testamento non avrebbe rischiato, uccidendo il vecchio, di fare il gioco degli altri.

E allora?

La famiglia di Prescott appare divisa in gruppi: da una parte Marta e Julian, poi George e Adriana, Angela e Armando e infine Giacomo.

All'interno di ogni coppia si appoggiano a vicenda ma un abisso di odio separa le varie coppie.

Si respira un’aria di continua tensione, di diffidenza e di paura.

I sette possibili eredi hanno un mese di tempo per combattersi e distruggersi a vicenda e Lucio Camilleri ha la sensazione che sarà una lotta senza esclusione di colpi: uno di questi manderà probabilmente l’assassino di John Prescott sulla sedia elettrica. Il commissario, suo malgrado, non può che attendere lo sviluppo degli eventi.

La prima riunione di famiglia avviene nel salone.

Il più spaventato è George. Egli offre agli altri un patto di alleanza. Nessuno di loro amava lo zio John e a nessuno interessa che il suo assassino venga consegnato alle autorità, ma tutti vogliono almeno una parte delle sostanze

del vecchio.

George propone che tutti restino quieti per un mese vivendo nella villa come vuole il testamento, poi tre di loro, tirati a sorte, si presenteranno dal notaio. Erediteranno il patrimonio che in un secondo tempo divideranno in sette parti uguali.

La proposta di George trova sorrisi di commiserazione.

Angela dice quello che tutti pensano: non si può avere nessuna garanzia che i tre sorteggiati avranno ancora voglia di dividere dopo essere entrati legalmente in possesso della loro parte di eredità, non solo ma che senso può avere un accordo nella situazione in cui sono? Uno di loro ha già ucciso e potrebbe farlo ancora.

John Prescott sapeva quello che faceva quando stilò il suo testamento! Lui li conosceva tutti molto bene e sapeva che nessun accordo era possibile tra loro, poiché per accordarsi bisogna avere un minimo di fiducia l'uno nell’altro.

George ha una crisi di rabbia. Adriana interviene a sproposito come sempre Marta la fulmina con un’occhiata: l'unica soluzione sensata sarebbe quella di andarsene ognuno per la sua strada e lasciare che il denaro di John vada in beneficenza.. Naturalmente nessuno accoglie questa proposta.

Intanto nei laboratori della Scientifica si lavora sugli indizi trovati sul luogo del delitto, soprattutto sullo strano coltello che è stato adoperato per uccidere. Il colpo è stato vibrato con grande forza, più probabilmente da un uomo che non da una donna. Le impronte digitali trovate sul manico sono un problema: non perché manchino ma perché ci sono quelle di tutti e sette gli abitanti della villa, ma nessuna delle impronte è disposta in modo da fare immaginare il coltello impugnato per colpire.

Il commissario ha sempre i suoi sette sospetti alla pari.

E notte. La grande villa si erge cupa contro il cielo gravato da nuvoloni gonfi di pioggia. Nessuna finestra è illuminata, ma nessuno dorme.

Julian, lo scemo, esce tremando dalla sua camera per rifugiarsi in quella di Marta che se lo trova davanti all'improvviso e per poco non urla di spavento.

Armando e Angela sono insieme nel parco e l’uomo tenta di convincere la donna a sposarlo e ad abbandonare quell’assurda partita. Ma Angela non vuole: dice che é una questione di principio oltre che di milioni di dollari. Angela bacia Amando per farlo tacere e l’uomo ricambia con passione:

- Ti amo tanto – sussurra. Le alza la gonna ma Angela scappa via. Armando non la insegue. Resta solo a respirare l’aria fredda della notte.

George e Adriana sono a letto, in camera loro.

George è inquieto: lui sa una cosa che non ha detto al commissario. Una cosa che potrebbe un giorno ritorcersi contro di lui. Adriana lo ascolta mentre con la punta delle dita si passa il maquillage per la notte sul suo bel volto. Il suo consiglio è semplice:

- Non immischiarti caro. Se qualcuno comincia a parlare ci cadrà la casa in testa. Sai, io nella mia carriera artistica ho sempre scelto di tacere…-

George sbuffa. Adriana da una parola in su tira fuori la sua carriera artistica che era fatta di spogliarelli in night di second’ordine.

Giacomo è in vestaglia nella sua stanza all’ultimo piano, più soffitta che attico. Tende l’orecchio, le assi del corridoio scricchiolano sotto il passo di qualcuno. Giacomo estrae una pistola dalla tasca della vestaglia e resta in attesa. I passi si fermano davanti alla porta della sua stanza. La maniglia comincia a girare e la porta si schiude un poco ma poi si ferma. Giacomo chiede in un bisbiglio:

-  Sei tu?-

La porta si apre. Non vediamo chi è, ma Giacomo sorride e mette via la pistola.

Il mattino dopo, all’alba, nella brughiera che circonda la villa rintrona lo sparo di un fucile. Poi l'abbaiare di un cane. Da alcuni cespugli sbuca George. Ha ancora sul braccio una doppietta fumante. Tiene lo sguardo fisso sulla boscaglia che inizia a una trentina di passi da lui e dove è scomparso il cane, lo stesso che la notte fa la guardia nel parco di casa Prescott.

George è talmente intento a guardare che non si accorge di un movimento che avviene alle sue spalle. All’improvviso una mano maschile si posa con forza sulla sua spalle e George sobbalza spaventato. E’ Mark Sedwich che lo fissa con un sottile sorriso. Il commissario parla con voluta indifferenza:

-  Io al tuo posto non andrei tanto in giro da solo per questi luoghi solitari.-

-  Perché?-

-  Se avessi voluto avrei potuto ucciderti in tutta tranquillità. Avremmo trovato il tuo corpo pieno di formiche fra qualche ora o forse domani...-

George non sa come reagire. Mark prende le cose alla larga ma il senso del suo discorso fila: nei prossimi giorni tutto può succedere finché l’assassino di John Prescott potrà agire indisturbato.

Camilleri vede che George è terrorizzato, insiste, su quest’argomento finché i nervi di George cedono e confessa quello che sa: la notte del delitto egli si ritirò con sua moglie verso le nove3, ma un’ora dopo Adriana lo pregò di andare in cucina a prenderle un bicchier d’acqua. Cosa che fece e in cucina non c’era nessuno. Giacomo quindi ha mentito quando ha detto di esserci stato per farsi un tè. Tornando col bicchier d’acqua ha incontrato il maggiordomo che stava arrivando correndo lungo il corridoio e per poco non gli fece volar via il bicchiere dalle mani.

Lucio annuisce soddisfatto: finalmente una traccia!

Il commissario prende George sottobraccio e lo guida verso la villa dove vuole sentire le versioni degli altri senza che lui possa avvertire qualcuno di quanto gli ha confessato.

Camilleri fa chiamare Adriana e la interroga in presenza George. Dapprima la donna insiste sulla versione che nessuno dei due era più uscito dalla stanza dopo le nove e, solo quando George le dice di aver parlato, si decide ad ammettere di aver mandato il marito a prenderle un po’ di tè.

- Tè? - il commissario corruga la fronte. George sorride alla moglie:

-  Era acqua cara. –

Adriana lo guarda con aria interrogativa e poi annuisce: già, acqua. Una tazza di… un bicchiere d’acqua. Giusto?

La donna contraddice il racconto di George in altri punti: ad esempio sull’orario. Dice che saran state le nove e mezzas quando il marito uscì per andare in cucina. George comincia a innervosirsi, corregge di nuovo la moglie che di nuovo si affretta a dargli ragione, ma ormai il guaio è fatto e il commissario fissa i due con uno sguardo perplesso: sono loro i colpevoli?

Per quanto possa sembrare poco credibile che quei due abbiano complottato un delitto e poi si contraddicano su tutto, non può essere certo del contrario.

Senza dire una parola, Camilleri tira il cordone della campanella per chiamare Giacomo. Poco dopo il maggiordomo appare, inappuntabile come sempre.

Il commissario lo mette alle strette con una fila di domande. Dapprima Giacomo nega completamente l’episodio suscitando l’ira di George che lo accusa di essere stato lui a uccidere il vecchio. Giacomo fa una faccia addolorata ma non si scompone. Lascia sfogare George e poi ammette controvoglia che qualcosa di vero nella versione di George c’è ma evidentemente il signor George ricorda male, perché era lui, Giacomo che veniva dalla cucina quando George gli piombò addosso in piena corsa provenendo dal corridoio.

Camilleri deve intervenire con tutta la sua autorità per fermare il torrente di insulti che George riversa sull’impassibile Giacomo.

La parola di George, contro quella di Giacomo: niente che possa interessare un tribunale.

Il commissario fissa Giacomo: non c’è qualcosa, qualche piccolo elemento che possa avvalorare il suo racconto? Giacomo ci pensa un po’ e poi annuisce:

-  Quando il signor George mi urtò, io mi attaccai a lui e mi rimase in mano un bottone dalla sua giacca da camera. –

Camilleri fa una balzo sulla sedia: questa sì che è una cosa concreta!

Il commissario ingiunge a George di accompagnarlo in camera sua per prendere la giacca in questione. I due uomini escono e Giacomo e Adriana restano soli. Per un po’ evitano anche di guardarsi poi Giacomo si avvicina alla porta e la schiude un poco per accertarsi che nessuno stia spiandoli. Torna accanto ad Adriana e le sussurra

-  Ci sta cascando come un somaro!-

Adriana sorride. Per un attimo sembra una persona diversa da quella che conosciamo, senza pose da bambola. Soffia a Giacomo

-  Non ce la facevo più con quel cretino di George e quel maiale di suo zio! Meno male che è finita!-

Intanto, George spalanca l’armadio della sua stanza e porge la sua giacca da camera al commissario.

-  Guardi pure. Guardi! Non ce l’avevo neanche addosso quella sera! Ero in pigiama!-

Lucio controlla in fretta la giacca: non manca alcun bottone. George gongola: è una prova lampante che Giacomo mente. Il commissario sembra quasi deluso. Prende la giacca e torna di sotto.

Quando entrano Camilleri e George, Giacomo riprende il suo atteggiamento professionale e Adriana torna a recitare la parte dell’oca.

Il commissario va a sedersi. I bottoni ci sono tutti. Giacomo finge stupore: è sicuro di non averlo riattaccato. Se n’era completamente dimenticato, nel trambusto degli ultimi giorni…

Lucio esamina meglio i bottoni, uno per uno, e di colpo si illumina di soddisfazione: uno dei bottoni è attaccato senza perizia e per di più con un filo diverso dagli altri.

George casca dalle nuvole mentre Adriana si affretta a giurare di essere stata lei ad attaccare quel bottone molto tempo prima, dopo averlo accidentalmente staccato col ferro da stiro. Il commissario sogghigna: Adriana non sembra tipo da ferro da stiro.

George non ha più reazioni: annichilito fissa quel filo grigio, così diverso da quello con cui sono attaccati gli altri bottoni e non riesce più a spiccicar parola.

Camilleri  non si decide tuttavia ancora per l’incriminazione. C’è qualcosa in tutta la faccenda che non quadra e vuole pensarci.

Più tardi nel salone sono rimasti soltanto George e Adriana.

George fissa ancora il bottone che lo ha incriminato e Adriana fa muso. Sembra sul punto di piangere e poi scatta:

-  George! Se guardi ancora quel maledetto bottone mi metto a urlare! Lo sapevi che non sposavi una donna di casa! Io i bottoni non li ho mai attaccati, quello e' il primo e l’ultimo, stai sicuro! –

Si avvicina al marito e lo accarezza sul collo.

-  Tu lo sai che io i bottoni sono brava solo a sbottonarli ....-

George respinge la moglie con rabbia ed è sul punto di dire qualcosa di cattivo, ma si trattiene e si prende la testa fra le mani. Adriana lo guarda, sbatte due o tre volte le palpebre come se non capisse, poi si stringe nelle spalle e se ne va .

Intanto Giacomo è tornato in camera sua. Sul letto, c’è un biglietto con poche parole "Alle undici in camera di Adriana".

Giacomo lo legge e poi brucia il foglietto con un fiammifero. Va in bagno a pettinarsi e profumarsi. Fischietta.

Sono le undici meno qualche minuto alla grande pendola del. salone. Dal suo quadro ad olio, John Prescott sembra divertirsi malignamente.

Nel salone ci sono George, Angela, Marta e Julian.

George è nervoso cammina su e giù come una belva in gabbia.

Angela si passa con suprema indifferenza lo smalto sulle unghie dei piedi.

Julian gioca con alcuni trucioli di legno. Marta alza gli occhi al ritratto del fratello e gli parla:

-  Dovunque tu sia adesso, se puoi vederci sarai contento!-

Julian scoppia a ridere con la sua risata agghiacciante. George allunga una pedata allo scemo per farlo smettere e Julian corre a ripararsi vicino a Marta.

George non ce la fa più a contenersi, ha bisogno di sfogarsi, di prendersela con qualcuno. Lui è 1a prima vittima dell’orribile partita scatenata dal testamento di John, lui sarà in galera invece che dal notaio fra un mese!

Angela sbuffa seccata e con crudele durezza svela al fratello i limiti della sua dabbenaggine: egli ama Adriana ed è convinto di esserne riamato. Non ha mai voluto crederle quando gli diceva che quella donna lo aveva sposato solo in vista della futura eredità. E ora eccolo lì a frignare e a lamentarsi. Prima che arrivasse Adriana loro due andavano molto d'accordo, erano molto uniti, poi lui sposò Adriana, la donna dello strip-tease.

Che cosa si aspettava da una come quella? Fedeltà e amore? Non erano tre giorni che era entrata nella villa che già se la intendeva col vecchio. Le era sembrata la strada più diretta per mettere le mani sull'eredità ma il vecchio capiva a volo queste cose e si divertiva a scombinane i piani della gente.

George grida che non è vero, che sono tutte menzogne dettate dalla sordida gelosia di Angela verso la cognata. Ma la ragazza non disarma, anzi il suo tono diventa più pressante, più angoscioso: Adriana e Giacomo sono amanti e si sono accordati per far ricadere su George la colpa dell'assassinio del vecchio.

George è fuori di sé, stacca dalla panoplia una pistola con l’intenzione di scaricarla su Angela per farla tacere. Marta urla e si intromette. Angela non sembra aver paura, scansa la zia e porge il suo corpo al fratello.

-  Avanti. Spara! Spara se hai coraggio! Ma questo non cambierà le cose. Forse anche in questo momento la tua fedele moglie è fra le braccia di Giacomo, le mani di Giacomo sono secche e dure ma danno un brivido sottile sulla pelle nuda…-

George esita e poi corre fuori con la pistola in pugno.

Nella stanza di George e Adriana, Giacomo prende fra le braccia Adriana La donna lo respinge:

-  Potrebbe arrivare George…-

Giacomo passa le sue mani sulla schiena della donna sbottonandole il vestito, poi con furia improvvisa glielo strappa di dosso e si china a baciarla il seno. Adriana si abbandona.

Ma Giacomo tiene d’occhio la porta dalla stanza. Manovra in modo da tenere sempre il corpo della donna contro il suo, frapponendolo fra lui e la porta.

La porta si spalanca ed entra George con la pistola in pugno, sconvolto. Vede la moglie seminuda fra le braccia di Giacomo e il sangue gli va alla testa. Urlando, scarica tutto il caricatore sulla coppia. Giacomo non si muove ma si fa scudo col corpo di Adriana che riceve tre pallottole nella schiena. La donna spalanca la bocca senza gridare e muore fra le braccia di Giacomo che continua a sostenerla finché è ben certo che George non ha più colpi nel revolver.

Come un pazzo George continua a far scattare a vuoto il grilletto dell’arma. Giacomo lascia scivolare a terra il corpo senza vita di Adriana.

Poche ore dopo, con le manette ai polsi, George viene introdotto nell’ufficio del commissario Camilleri: il commissario è turbato, si sente colpevole di quello che è accaduto. Se avesse arrestato subito George…ma non lo credeva capace di uccidere e non poteva decidersi ad accusarlo dell’omicidio di suo zio. Ora non ci possono più essere dubbi sulla capacità di uccidere di George Prescott.

George non tenta né una difesa né una spiegazione. Balbetta sempre le stesse parole:

-  Mi tradiva… mi tradiva.-

Camilleri fa portare via George, da lui non si può più cavare nulla.

Il commissario salta sulla sua Mercedes nera e corre alla villa. Un caos di pensieri gli gira nel cervello: l’uccisione di Adriana è casuale? La prova del bottone era falsa? Che significa la "A" incisa sul manico dell’arma del delitto?

A come Angela? A come Armando? A come Adriana?

Il commissario sente che in quella A sta la chiave del delitto. Ma perché l'assassino avrebbe lasciato un’arma con la propria iniziale, accanto al cadavere? Forse quella A significa solo A come Assassino!

Lucio è deciso a giocare tutte le sue carte per venirne a capo quel giorno stesso. Appena giunto alla villa ordina che i cinque superstiti si riuniscano tutti nel salone. Ha portato con sé il famoso coltello su cui ci sono le impronte di tutti.

Il primo che affronta a muso duro è Giacomo. Ma non trova alcuna resistenza. Giacomo confessa immediatamente di avere mentito sul conto di George.

Era lui che arrivava di corsa dal corridoio, ma non perché avesse appena ucciso il suo padrone a cui era legato da antica amicizia. ma perché era l’amante di Adriana, la moglie di George. La donna aveva allontanato il marito con la scusa dell'acqua per potergli parlare.

Dopo, solo dopo, Giacomo e Adriana avevano pensato che George avrebbe potuto erroneamente collegare il fatto con la morte di John e mettere il maggiordomo nei pasticci, così avevano architettato il trucco del bottone con l’intesa di adoperarlo per difendersi da un’eventuale accusa.

Giacomo giura al commissario che non avrebbe mai lasciato che George salisse sulla sedia elettrica per colpa sua: in caso estremo avrebbe confessato la sua tresca con Adriana. Sperava però che il vero assassino sarebbe stato scoperto prima e così la confessione del tradimento di Adriana non sarebbe più stata necessaria.

Il commissario ascolta tutto questo in silenzio. Poi fa una sola domanda:

-  Che cosa aveva da dirvi di tanto urgente quella sera la signora Adriana?-

Giacomo per la prima volta sembra colto alla sprovvista, poi dice:

-  Mi disse… voleva avvisarmi che... molto probabilmente quella notte qualcuno avrebbe assassinato John Prescott! –

 Lucio si munge un labbro: dunque Adriana sapeva! E’ possibile che nei pochi attimi in cui rimase sola abbia potuto andare nello studio di John Prescott, ucciderlo e tornare prima dell'arrivo di George?

Non sembra una cosa probabile. Il commissario decide di seguire un’altra traccia: il coltello.

E’ un’arma strana, gli esperti han detto che è di fabbricazione sudafricana. Mark tenta di risalire alle origini e interroga Marta, la sorella di John.

Marta racconta che molti anni addietro John Prescott, che non era né ricco né conte, partì con lei per il Sudafrica in cerca di fortuna. E la trovò: una miniera di diamanti. Coltelli come quello con cui è stato ucciso John ce ne devono essere altri in casa. Lucio annuisce: ne sono stati trovati altri due ma quel coltello è particolare, che significa quella A incisa sul manico? Marta lo sa? Si ricorda di aver toccato quell’arma? Marta risponde evasivamente: era un uso comune in Sudafrica fra i cercatori incidere qualcosa sul proprio coltello per differenziarlo dagli altri però non ricorda di averne visto uno con la A.

Il commissario fissa Marta, sbuffa e poi si rivolge agli altri: sul coltello ci sono delle impronte… Camilleri lascia volutamente in sospeso la frase e fissa gli astanti. Angela sostiene il suo sguardo sorridendo. Giacomo conserva la sua fredda impassibilità, Marta si china ad accarezzare la testa di Julian che si è accoccolato ai suoi piedi e sta giocando con un coltello e dei trucioli di legno. Armando rompe il silenzio:

-  Se ci sono le impronte, allora lei sa chi è stato a uccidere il vecchio.-

Camilleri scuote la testa e dice:

- Ci sono le impronte di Adriana.-

Armando si avvicina al commissario con slancio come se intravedesse la fine dell’incubo: ma allora è Adriana la colpevole!

Camilleri lo fissa negli occhi e scandisce:

-  Qui ci sono anche le sue, giovanotto –

-  Cosa?-

Armando urla con tutta l’incredulità che gli viene dalla certezza della sua innocenza. Camilleri continua: ci sono anche quelle di Angela.

Angela spiega: un giorno mentre stava rovistando nel solaio trovò quel coltello. Forse lo mostrò ad Armando, ora non ricorda. Adriana glielo vide in mano e lo volle per sé ad ogni costo. Questo è tutto.

-  Ad ogni modo- conclude Angela - io e Armando quella notte eravamo a teatro e c’è mezzo mondo che può testimoniarlo. –

Camilleri assale Angela con violenza verbale: il suo alibi è basato sull'ora in cui era possibile aprire la cassaforte e su quella ipotizzata dal medico legale, perché altrimenti avrebbe potuto essere lei a uccidere lo zio per poi fingere di averlo trovato morto! Angela arretra e scoppia a piangere: lei amava lo zio John!

Armando afferra il commissario per il bavero della giacca: non sopporta che qualcuno maltratti Angela.

Il commissario reagisce liberandosi: per lui sono tutti sospetti di assassinio e l’alibi basato sull’ora è solo quello della perizia del medico legale che fa risalire l’ora della morte fra le 22 e le 24, infatti la cassaforte poteva essere aperta solo dalle 22 alle 22,15 ma poteva essere lasciata aperta per ore intere. L’assassino, dopo aver compiuto il delitto, ha pensato di procurarsi un alibi spostando l’orologio del morto sulle ore 22 e poi di sfasciare l’orologio. Ma ha messo le sfere dell'orologio esattamente sulle 22. Ma se la cassaforte poteva essere aperta soltanto dalle 22 alle 22,15 e la sua combinazione è piuttosto complicata e richiede quasi un minuto per essere messa in opera come era possibile, che fosse già aperta alle 22 esatte?

Armando tace: il ragionamento del commissario è sottile ma esatto. Se il delitto può essere stato commesso in qualunque momento fra le 22 e le 24 crollano tutti gli alibi e chiunque di loro può essere stato l'assassino.

-  Si vede che l’orologio di Prescott andava un minuto indietro… - sibila.

Le indagini sembrano a un punto morto ma il commissario ha ancora un asso nella manica. Continua a rigirare fra le mani il coltello con la A e lo guarda di tanto in tanto pensoso, come se sperasse di leggervi sopra il nome del colpevole. Torna a rivolgersi a Marta.

-  E’ strano, signora, che lei non si ricordi di questo coltello dal momento che qui in casa sembra non facessero altro che passarselo da uno all'altro. Tanto più che qui ci sono anche le sue impronte.-

Marta si stringe nelle spalle senza rispondere. Lucio si piega verso Julian che lo fissa coi suoi occhi acquosi, lo interroga col tono di chi si rivolge a un bambino. Vuol sapere anche da lui se si ricorda di avere visto quel coltello con la A.

Julian ridacchia e poi annuisce: certo che lo ha visto. E’ stato lui trovarlo in solaio, ma appena Angela lo vide glielo strappò di mano perché Angela è molto cattiva, conclude.

Lucio sorride soddisfatto e Angela si affretta a confermare le parole di Julian.

-  Sì, è vero. A trovarlo è stato lui... ma non vedo la differenza...-

Il commissario si limita a sorridere.

-  La differenza me la dirà lei, signorina Prescott. –

Per la prima volta Angela tradisce una certa tensione. Armando le si avvicina e le prende le mani.

-  Se sai qualcosa devi dirlo, Angela, è tuo dovere.-

Lucio vuole sapere dalla ragazza il motivo per cui trovò quel coltello tanto interessante da strapparlo a Julian. Deve essere lo stesso motivo per cui Adriana, a sua volta l’ho prese ad Angela.

Angela lancia un’occhiata alla zia Marta che giocherella col medaglione del marito. Sembra sul punto di dire qualcosa ma si ferma. Angela risponde seccamente.

-  Ho preso quel coltello a Julian perché poteva farsi del male e farne a qualcuno…-

Il commissario guarda Julian che sta giocando con un temperino. Il fatto che nessuno intervenga a toglierli il coltello che ora ha in mano è una smentita alle parole di Angela.

Julian, sentendosi guardato smette di giocare coi trucioli e si mette a frignare con la zia perché vuole fare il solitario con le carte.

Marta apre un cassetto, prende un mazzo di carte e inizia un solitario. Il commissario le chiede senza preavviso:

Signora Marta, perché ha ucciso suo fratello?-

Marta non ha alcuna reazione e continua a buttare le carte una dopo l'altra. Dopo un attimo chiede calmissima

-  Devo considerarmi in arresto?-

Camilleri fa un gesto vago: prima deve rispondere alla sua domanda. Ma Marta si rifiuta: non ha niente da dire.

Il commissario non ha alcuna prova per sostenere la sua accusa, si tratta solo di una sua intuizione. Senza aggiungere altro, lascia la casa.

Camilleri attraversa il parco e si ferma da Peter che sta dando da mangiare al cane.

Il commissario intavola un discorso generico e senza parere interroga Peter sul passato di casa Prescott, ma Peter fu assunto dopo l’improvvisa ricchezza di John Prescott fatta in Sudafrica.

-  Quando morì il marito della signora Marta?- chiede a un certo punto il commissario.

Peter fa un gesto vago: non lo sa di preciso, morì in Sudafrica era un amico di John, ma la signora Marta ne soffrì moltissimo e da allora non smise mai il lutto e condusse sempre una vita ritiratissima. Ancora oggi ogni mese fa dire una Messa per il suo povero Arturo.

Arturo. Camilleri sobbalza: Arturo! A come Arturo! Peter non capisce l’eccitazione del commissario che si allontana di corsa verso la sua Mercedes, poi torna indietro e gli chiede:

- Come morì questo Arturo?-

- Fu ucciso. Ma non si è mai saputo da chi. -

Peter pensa che il commissario sia diventato matto perché lo vede sorridere e lo sente mormorare fra sé :

-  Io credo di saperlo adesso…-

Il commissario si precipita alla sua auto e parte a tutto gas.

Nel grande salone sono rimasti soltanto Marta, Julian e Armando.

Armando si avvicina a Marta che continua a buttare le carte sul tavolo con gesti automatici ma il suo pensiero è altrove. Sta piangendo, le lacrime le rigano le guance ma le non se ne cura.

Armando le si avvicina e le parla in tono dolce e affettuoso. Lui non sa quale indizio abbia portato il commissario a sospettare di lei ma se ha visto giusto, se per qualche motivo che lui, Armando, non riesce neppure a immaginare, Marta ha ucciso il fratello, è giunto il momento per la donna di confessare. Ormai il commissario sospetta e quell’uomo non si darà pace fino a che non riuscirà a venire a capo del delitto.

Marta alza gli occhi su Armando e gli sorride: lui è un bravo ragazzo e non può capire. Anche se fosse lei la colpevole non si arrenderebbe mai e non per se stessa ma per Julian. Nessuno vuol bene a Julian.

Senza di lei, egli verrebbe rinchiuso in qualche ospizio o peggio. Colpevole o non colpevole, ella resta in quella casa perché vuol far valere i diritti di Julian, non i suoi. Lei ha perso interesse nella vita dal giorno in cui morì suo marito.

Armando è commosso. Si offre di curarsi per sempre di Julian nel caso Marta non dovesse poter pensare a lui.

Marta sembra sul punto di rivelare qualcosa di definitivo ma si trattiene:

-  Non ti fidi di me, zia?- chiede Armando in tono accorato, Marta risponde a voce bassissima:

-  Di te sì. Sei un bravo ragazzo. Se tu fossi libero...- lascia in sospeso la frase sospirando. Armando ribatte.

-  Ma io sono libero.-

-  No - dice Marta con un sorriso triste - No. Tu non sei libero Tu sei nelle mani di Angela più di quanto lo siamo noi tutti. –

Al nome di Angela, Armando si irrigidisce.

-  Perché dici questo zia? Angela non è cattiva. Può sembrare strana ma chiunque lo sarebbe vivendo in questa casa. –

-  No, non è solo questo. Tu non lo puoi capire perché l’ami.-

Armando si scalda. Difende la donna che ama con tutta la sincerità dei suoi sentimenti. Marta ne è toccata, ma non può che concludere con queste parole.

-  Peggio per te, Armando. Peggio per te! Potresti ancora salvarti andando via, dimenticando perfino il nome di quella ragazza. Ma so che non lo farai. Peggio per te, Armando.-

-  Zia... se non sei stata tu, se… -

Marta si alza e risponde in tono definitivo:

-  Non sono stata io.-

Armando non sa ribattere.

E' notte.

Il commissario, nel suo ufficio, sta attendendo che gli giunga il fonogramma dalla questura centrale di Londra a cui ha richiesto i dettagli del delitto consumato anni fa contro Arturo Pfennig, sposato con Marta Prescott, nel dipartimento di Pretoria dell’allora Unione Sudafricana.

Lucio è sulle spine: sa di essere sul punto di sciogliere l’enigma eppure ha paura che sia tardi, che stia per succedere qualcosa di irreparabile che renderà inutili le sue fatiche: è una sensazione estremamente spiacevole e precisa.

La villa è buia. Solo una finestra della casa di Peter è illuminata. Il cane alla catena ulula alla luna piena che rischiara la notte

Armando sta fumando sdraiato vestito sul letto. Da qualche parte nella villa si sente la risata assurda di Julian e Armando rabbrividisce.

L'abat-jour si spegne come se fosse venuta a mancare la corrente. Armando balza a sedere e ode il rumore di qualcuno che corre. I passi si avvicinano alla sua porta. Il giovane si alza pronto a tutto: la porta si spalanca e si trova Angela fra le braccia. La ragazza è sconvolta. Trema di paura e nella destra stringe una pistola. Con frasi mozze dice di aver visto Giacomo staccare gli interruttori centrali della luce: era armato ed ora sta cercandoli per ucciderli.

Armando si impone la calma e tenta di calmare anche Angela: e' ora di finirla con quell'incubo! Andrà lui a parlare con Giacomo per dirgli che può tenersi tutta l'eredità perché lui e Angela se ne andranno quella notte stessa. La ragazza stavolta non si oppone alla decisione di Armando che continua:

-  Tu chiuditi a chiave e non aprire a nessuno. Vedrai che riuscirò a convincerlo...-

Angela annuisce. Armando la bacia e poi si avvicina alla porta, la apre e spia nel corridoio buio. Un brivido di paura gli corre lungo la schiena. Angela se ne accorge e gli tende la pistola.

-  Prendila tu. Giacomo è armato e potrebbe cercare di ucciderti prima ancora che tu possa parlare...-

Armando esita poi prende l’arma e, con la rivoltella in pugno, esce nel buio della casa allontanandosi lungo il corridoio con passi incerti. Angela finge di chiudere la porta in realtà resta a spiare Armando finché non lo sente salire gli scalini che portano al piano superiore dove c’è la stanza di Giacomo. Allora Angela si leva le scarpe, esce silenziosamente dalla stanza e corre verso il salone: nel buio due mani si tendono e ghermiscono la ragazza in piena corsa. Angela si dibatte e supplica:

- Lasciami, Armando ... lasciami... il tuo progetto è assurdo... Giacomo ti ammazzerà...- si interrompe perché l'uomo che la tiene stretta ha avvicinato il suo volto a quello di lei: è Giacomo!

Angela scoppia a piangere e si stringe al maggiordomo spiegandogli tra i singulti che Armando ha gettato la maschera del bravo ragazzo ed è salito in camera di Giacomo per ucciderlo a tradimento.

Il maggiordomo scuote rudemente la ragazza:

-  Eravamo d'accordo che arrivati a questo punto ci saremmo fermati. Ormai non ci siamo che io, tu e Marta. Armando è innamorato di te e ne potrai fare quello che vorrai. Marta è nelle nostre mani avendo ucciso il vecchio…-

Angela piange ancora e scuote il capo: Armando non è quello che pensavano loro, cioè uno stupido innamorato di lei. Ora è lui che ha preso le redini della partita ...

Giacomo esita, poi tira fuori di tasca una pistola: andrà a controllare se è vero, ma se ha tentato di giocarlo ... Non termina la frase ma i suoi occhi hanno un bagliore omicida.

Fuori sta piovendo. Di tanto in tanto un lampo illumina la notte e il cupo rombo del tuono scuote la villa.

Armando, sudato per la tensione, è giunto al piano superiore. Ha la pistola in pugno e si muove con grande cautela cercando di non fare rumore: da ogni angolo buio dietro ogni mobile, ogni porta potrebbe esserci Giacomo in agguato.

Arriva all'imbocco del corridoio che porta alla stanza del maggiordomo e si ferma per ascoltare trattenendo il fiato: solo i rumori del temporale riempiono la notte. Pronto a tutto si incammina lungo il corridoio: è giunto a metà quando il pavimento di legno gli scricchiola sotto i piedi. Armando si ferma sudando freddo, fissa la porta della stanza di Giacomo che intravede alla luce dei lampi frequenti: è chiusa. Riprende coraggio e si avvicina. Si ferma davanti all'uscio e bussa due colpi bisbigliando:

-  Giacomo! Giacomo...-

Sotto i colpi lievi la porta si socchiude e Armando punta il revolver pronto a sparare. Sussurra:

-  Se sei lì non fare sciocchezze .... io e Angela abbiamo deciso di andarcene.-

Dall'interno non viene nessuna risposta. Armando si bagna le labbra secche, indeciso. Poi tocca un poco l'uscio che si apre sulla stanza buia.

Dal fondo del corridoio, alle spalle di Armando, appare Giacomo con la pistola in pugno: alla luce di un lampo scorge Armando davanti alla porta della sua camera, armato e in atteggiamento che pare confermargli quello che Angela gli ha detto. Con estrema freddezza, Giacomo scivola verso Armando cercando di non far rumore con l’intenzione di assalirlo e di disarmarlo. Ma giunto a metà corridoio il pavimento gli scricchiola sotto i piedi: è un attimo. Troppa è la tensione in Armando perché possa frenarsi. Il giovane si volge di scatto e intravede il maggiordomo quasi addosso a lui con la pistola puntata. Spara.

Altri spari fanno eco ai suoi ma il loro fragore è coperto dallo scoppio di un tuono.

L’eco dei colpi giunge fino al salone del piano terreno dove Angela sta in piedi al buio accanto al telefono. Il suo volto è teso. Il rumore degli spari sembra darle animo. Accende una torcia elettrica e la punta sul telefono. Forma un numero e dice:

- Polizia? Il commissario Lucio Camilleri... chiamo da villa Prescott.-

Mentre attende Angela volge intorno uno sguardo angosciato. Finalmente si sente la voce del commissario

-  Chi parla? Che è successo?-

-  Sono Angela Prescott. Venga subito. Ci deve essere un altro morto… e un altro assassino.-

-  Marta?- chiede Camilleri

-  No: o Armando o Giacomo, il maggiordomo. Ho cercato di dissuaderli ma si stavano cercando per ammazzarsi e poco fa ho sentito degli spari-

Angela si interrompe. I suoi occhi fissano qualcosa nell’oscurità e si dilatano per la paura. Arretra di scatto abbandonando il ricevitore che penzola nel vuoto facendo cadere la torcia.

Dal ricevitore che dondola attaccato al filo si sente la voce ansiosa del commissario:

-  Pronto. pronto… che succede porca puttana… Prontoooo!-

Il raggio di luce disegnato dalla torcia caduta sul pavimento illumina due gambe d’uomo poi alcune gocce di sangue piovono

Angela è paralizzata dalla paura. Davanti a lei col volto sfigurato dal colpo sparato da Armando c’è Giacomo. La pallottola lo ha colpito alla fronte spappolandogli un occhio. Il sangue gli cola sul volto rendendolo una maschera ripugnante. Giacomo fissa Angela con 1’unico occhio sano e avanza di un altro passo verso di lei che non ha la forza di fuggire. Giacomo dice con voce rauca:

-  Tocca a te adesso. Ti avevo detto che se era un trucco sarebbe toccato a te…-

Angela arretra e balbetta:

-  Giacomo... Armando voleva ucciderti…- Giacomo continua ad avvicinarsi:

-  Davvero? E a lui cos'hai detto? Che ero io che volevo ucciderlo? Sei brava in queste cose, ma con me ti sei sbagliata. Io sono tornato.-

Angela tenta di fuggire ma ormai Giacomo le è addosso. La afferra per la gola e comincia a stringere. Angela strabuzza gli occhi, tenta una disperata resistenza, sta per svenire quando Giacomo molla la presa, annaspa e crolla a terra con un tonfo sordo.

Angela barcolla, riprende fiato: sulla sua gola sono rimasti i segni lividi delle dita di Giacomo.

Il telefono tuba un ossessivo segnale di occupato e Angela lo riattacca. Una voce, quella di Marta, la fa voltare. La donna avanza con un candeliere acceso in mano. Vede Giacomo morto a terra e alza gli occhi su Angela che la fissa con un sorriso di vittoria. Dietro a Marta, spaventato, fa capolino Julian.

Marta investe Angela con parole di fuoco accusandola di essere l’istigatrice di tutti i delitti che hanno distrutto la loro famiglia e Angela ride: sono loro che le hanno insegnato a odiare, a essere una Prescott.

Ora ha vinto la sua battaglia: Adriana, Giacomo e Armando sono morti. George è in prigione. Restano soltanto loro tre: Angela, Marta e Julian. Ma Angela non ha alcuna intenzione, di dividere e ricatta Marta: Angela sa bene che cosa significhi quel coltello con la A e quando lo vide fra le mani di Julian, su, nel solaio, capì che poteva diventare il mezzo per affrettare i tempi dell’eredità. John Prescott che era vecchio ma sano e robusto e avrebbe potuto campare altri vent’anni.

Angela non voleva attendere tanto, lo zio era un vero tiranno, insopportabile. Sapeva che tutti gli ubbidivano perché volevano i suoi soldi e si divertiva ad umiliarli, a costringerli alle sue bassezze. Contro un uomo simile solo un carattere come quello di Angela poteva spuntarla e l’unico modo era di superare la sua cattiveria, il suo sadismo, con una malvagità maggiore.

Questa fu la scuola di Angela per tutta la sua adolescenza. Così fu lei a spingere il fratello George a uccidere Adriana dopo essersi accordata con Giacomo in modo che George trovasse la moglie nuda fra le braccia del maggiordomo e fu sempre lei a dare ad Adriana il coltello con la A sicura che lo avrebbe dato a Marta perché uccidesse suo fratello John, infatti quel coltello era la prova che da tanti anni Marta attendeva per avere la certezza che suo marito Arturo, a cui apparteneva quell’arma, era stato assassinato proprio da John.

In Sudafrica quando fu scoperto il cadavere di Arturo, sgozzato nello stesso modo in cui Marta ha sgozzato il fratello, il suo coltello con la A incisa sul manico non venne ritrovato. La polizia disse che era l’arma del delitto, quindi il possesso di quell’arma da parte di John valeva per Marta una piena confessione.

Dalla morte di Arturo iniziò la fortuna di John che dopo qualche giorno tornò a Pretoria dicendo di avere trovato la miniera di diamanti e Marta è vissuta da allora col sospetto che avesse ucciso Arturo per restare l’unico padrone della miniera.

La proposta di Angela è di quelle che non si possono rifiutare: lei non denuncerà Marta per l’omicidio del fratello a patto che se ne vada immediatamente portando con sé Julian e non torni mai più.

Lo scemo si è accosciato per terra e gioca coi suoi trucioli e col temperino disinteressandosi di quanto sta avvenendo intorno a lui.

Marta accetta il ricatto di Angela per il bene di Julian che non vivrebbe a lungo sotto la tutela della ragazza.

Angela ha vinto.

La partita voluta da John Prescott ha trovato in lei la malvagità e l’intelligenza necessarie per destreggiarsi in modo da battere tutti gli altri concorrenti spingendoli a eliminarsi tra di loro.

Angela si stiracchia, stanca e soddisfatta. Si reca nel vestibolo, reinserisce gli interruttori centrali e il salone torna a illuminarsi, poi sale in camera sua e si gotta sul letto in attesa dell’arrivo della Polizia: non ha nulla da temere, ella pur essendo la vera colpevole di ben quattro delitti non ha in alcun modo infranto la legge e non ha ucciso nessuno.

Marta si guarda intorno per un’ultima volta: ha vissuto fra quelle mura per quattordici anni, sempre attendendo dal fratello una parola o un gesto che confermassero o la liberassero dal suo orribile sospetto. Poi finalmente, il coltello...e la forza di uccidere l’assassino del suo Arturo.

Ma ora è tutto finito e deve andarsene senza prendere nulla, abbandonare tutto e andare dove? Lei e Julian. Una vecchia e uno scemo, senza un soldo, senza una casa.

Marta si china su Julian per prenderlo per mano:

-  Vieni Julian. Dobbiamo andare. Questa non è più la nostra casa.-

Lo sguardo di Marta cade sui trucioli che Julian sta incidendo col temperino e i suoi occhi si dilatano par la sorpresa, mentre un orribile sospetto si affaccia alla sua mente: Julian su tutti i trucioli ha inciso delle "A" uguali a quella che è incisa sul manico del coltello. Con voce tremante Marta gli chiede:

-  Che fai?-

-  Incido…- risponde con un sorriso serafico Julian.

-  Ma… mio dio, perché tutte A ? –

Julian si mette a frignare come fa sempre quando lo sgridano o lo insultano:

-  Perché mi vengono bene… mi vengono bene… Anche Angela ha voluto che gliene facessi una su un coltello che abbiamo trovato in solaio…-

Marta resta folgorata. Ha ucciso suo fratello in base a quell’unica prova ed ora scopre che era falsa, che fu appositamente falsificata da Angela con l’aiuto incosciente di Julian proprio per spingerla a un delitto e ora quella diabolica ragazza sta per raccogliere i frutti di tanta malvagità.

In preda a un’ira fredda e terribile, Marta strappa dalle mani di Julian il coltello e sale le scale verso la camera di Angela.

Intanto il commissario Camilleri è giunto in macchina davanti al cancello chiuso della villa. Suona il clacson. Peter si affaccia dalla casetta in fondo al parco, il cane abbaia. Lucio scende dall’auto e ordina al guardiano di aprire. Peter apre il cancello e il commissario, senza dire una parola, corre verso la villa.

Marta è giunta nel corridoio e senza far rumore si avvicina alla porta della stanza di Angela col coltello in pugno. Tenta la maniglia e porta cede subito.

Buttata sul letto con gli occhi chiusi, Angela pare dormire. Marta si avvicina e alza il coltello per colpire.

Camilleri entra nel vestibolo e chiama.

- Signorina Angela? –

Una risatina agghiacciante proviene dal salone. Mark corre da quella parte. Sul pavimento giace il cadavere di Giacomo. Camilleri si china a guardarlo e subito si rialza: nascosto dietro un grosso mobile c’è Julian che lo fissa con i suoi occhi da folle. Il commissario si avvicina e Julian balbetta frasi senza senso:

-  Come un castello di carte….basta levarne una sola e casca tutto –

Nella notte echeggia alto un urlo di donna. Il grido termina in un rantolo . Il commissario corre di sopra.

Marta guarda Angela nel convulso dell’agonia, non c’è pietà nei suoi occhi.

Il sangue intride il cuscino e Angela muore.

Dalla porta irrompe Lucio che si blocca davanti a questa nuova scena di morte. Marta si volta: sembra invecchiata di colpo. Parla con infinita stanchezza:

-  Ora posso confessare anche il mio primo delitto: sono stata io a uccidere mio fratello, in base a una falsa prova che mi aveva dato questa donna - indica Angela e conclude - Solo ora ho scoperto che era falsa. John è morto e forse era innocente dell’assassinio del mio Arturo. Per questo l’ho uccisa.-

Nascosto dietro al mobile nella grande sala a pianterreno, Julian vede passare Marta e il commissario. I due escono senza ricordarsi di lui.

Lo scemo si aggira per le stanze vuote riempiendole con le sue risate da folle. Si ferma davanti al grande quadro ad olio di John Prescott e lo fissa: padre e figlio sembrano guardarsi attraverso gli abissi della morte.

Julian si porta una mano sulle labbra e rotea gli occhi come se temesse che qualcuno possa sentirlo:

-  Ssst! Non deve saperlo nessuno, papà... Quella A sul coltello l’ho incisa io ma Angela non l’ha mai saputo... Hai capito papà? Non l’ha mai saputo. Eh eh non l’ha mai saputo! Non l’ha mai saputo1 Non l’ha mai saputo! –

Julian corre per le stanze e i corridoi della villa gridando la sua ultima spaventosa verità, che echeggia, rimbomba e si riverbera, spezzandosi nei mille toni della sua follia.

fine

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